Impero Romano: temperature marine da record.

Una ricerca condotta dall’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica, in collaborazione con l’Istituto di scienze marine e l’Università di Barcellona, ha addotto nuovi dati sulla fase di eccezionale riscaldamento della superficie del Mediterraneo durante il primo mezzo millennio dell’era cristiana. 

Uno studio, basato sulla ricostruzione della temperatura della superficie del mare degli ultimi 5000 anni, che ha permesso di quantificare l’entità del riscaldamento nella regione mediterranea durante il periodo romano (1-500 d.C.). La ricerca è stata pubblicata su Scientific Reports, del gruppo Nature.

Durante la campagna oceanografica, svolta dal Cnr a bordo della R/V Urania, sono stati acquisiti nuovi dati in diversi siti del Mare Adriatico e del Canale di Sicilia, relativi al clima del Mediterraneo negli ultimi millenni. In particolare, nel settore occidentale del Canale di Sicilia, ad una profondità di 475 metri, è stata recuperata un’importante successione di strati sotto il fondale marino, mediante un sistema di carotaggio a gravità che ha permesso di preservare l’interfaccia acqua-sedimento e quindi anche i sedimenti degli ultimi due secoli, consentendo di ricostruire le variazioni delle temperature superficiali del mare negli ultimi cinque millenni.

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“Questo nuovo dato è stato integrato da quelli provenienti da altre aree del Mediterraneo – mare di Alboran, bacino di Minorca e mar Egeo – per far emergere lo scenario complessivo e confermare che il periodo
romano è stato il periodo più caldo dell’intero bacino negli ultimi 2000 anni: le temperature superficiali del mare erano circa 2°C in più rispetto ai valori medi della fine del XX secolo d.C.”, spiega Giulia Margaritelli, ricercatrice Cnr-Irpi.

Cronologicamente, questa distinta fase di riscaldamento corrisponde con lo sviluppo, l’espansione e il conseguente declino dell’Impero Romano, mentre, successivamente a questa fase, lo studio mostra una graduale tendenza verso condizioni climatiche più fredde in tutta l’area, coincidenti con la caduta del Grande Impero.

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“Tra il Nord Africa e i climi europei – ha proseguito Margaritelli -, la zona di transizione strategica occupata dal Mare Nostrum fornisce informazioni chiave per svelare le tele-connessioni climatiche, ovvero delle variazioni di temperatura che si verificano in fase in punti del globo distanti tra loro”.

“Lo studio del clima del passato è un prezioso strumento di analisi delle dinamiche del sistema climatico terrestre in condizioni differenti da quelle attuali ed è dunque insostituibile per testare la validità dei modelli previsionali a medio e lungo termine. Il Mediterraneo è caratterizzato da una grande ricchezza archeologica e storica e da dati paleoclimatici registrati negli archivi fossili. Il bacino è quindi un ottimo laboratorio naturale per indagare la potenziale influenza del clima sulle civiltà che qui si sono susseguite”, ha concluso la ricercatrice del Cnr-Irpi.

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Foto di Claudia Peters da Pixabay 

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