Tempo di domande: che impatto ha avuto l’Anno europeo della gioventù?

Nel suo discorso sullo Stato dell’Unione la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, desiderosa di evidenziare e mitigare l’impatto della pandemia sui giovani, lanciava nell’autunno del 2021, l’Anno europeo della gioventù.

Dopo 12 mesi, l’anno tematico per i giovani si è concluso con una conferenza lo scorso dicembre 2022. Da allora il Parlamento europeo ha dichiarato di voler garantire la sostenibilità dell’evento. In questo contesto, i deputati europei chiedereanno alla Commissione Ue di riferire nella plenaria di aprile.

L’impressione, però, è che non sia cambiato granché per i giovani in Europa, a partire dal mancato aggiornamento delle guide dei principali programmi UE nel settore della Gioventù, a partire dall’Erasmus+ e dal Corpo Europeo di Solidarietà – programmi decisamente non accessibili per i giovani più vulnerabili – fino ad arrivare alla lettura delle principali statistiche sul tasso di abbandono scolastico, inattività e disoccupazione giovanile nell’UE. Dati decisamente in linea con l’epoca pre-covid.

Un’analisi, tornando alla riflessione sull’eredità lasciata dall’Anno europeo per i giovani, decisamente distonante con le 4 priorità dell’anno tematico: dare ai giovani una prospettiva positiva e aiutarli a superare l’impatto della pandemia sulle loro vite (ad oggi sono in aumento i casi di disturbo psichiatrico tra i giovani, nonché le dipendenze da sostanze da abuso), aiutare e responsabilizzare le giovani generazioni a diventare cittadini attivi e impegnati (missione probabilmente fallita visti i dati sull’astensionismo giovanile alle utlime elezioni politiche del nostro Paese), fornire ai giovani una migliore informazione sulle opportunità offerte dalle politiche pubbliche (secondo alcune rilevazioni i/le giovani non sono per nulla informati sulle opportunità promosse dall’UE nel settore della giovnetù, complice una programmazione autoreferenziale delle istituzioni nazionali ed Eu) e integrare la politica giovanile in tutte le politiche pertinenti dell’UE (in Sardegna, giusto per restare sul tema, si pensa addirittura di togliere risorse per le politiche per i giovani pur di non toccare quelle per “Sa die de sa Sardigna”, la reiterata sagra paesana spacciata per festa del popolo sardo). Un fulgido esempio di come nelle varie regioni d’Europa dei giovani non può proprio fregare nulla.

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Vista l’inconsistenza in termini di risultati, l’UE, allora, si è affidata alle valutazioni quantitative. Secondo il sito web dedicato all’anno europeo dei giovani, si sono svolte oltre 12.000 attività, nell’UE e nei Paesi terzi. Bene, e allora? C’è forse traccia dei risultati raggiunti grazie alle 12mila iniziative? No, nessuno. Forse qualche comunicato stampa. Un po’ poco per quella che doveva essere una iniziativa disruptive per i giovani europei.

Valutazioni negative che, con molta probabilità, saranno confermate entro la fine del 2023, quando la Commissione consegnerà ai colegislatori una relazione sull’attuazione, i risultati e la valutazione complessiva dell’Anno europeo per i giovani, comprensivo di idee per il settore della gioventù.

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Si potrà mai massimizzarne l’impatto per una iniziativa che di non autoreferenziale ha solo il nome? Non sarà forse la mancanza di creibilità il trigger che ha spinto l’Esecutivo von der Leyen ha lanciare nel marzo 2023 un invito a presentare feedback sull’Anno europeo dei giovani?

Come detto sopra bisognerà attendere ancora qualche mese per togliersi anche questo dubbio.

Volendo restare nell’ambito delle valutazioni complessive, però, va ricordato che nell’autunno 2022, la Commissione Cultura e Istruzione (CULT) del Parlamento europeo, responsabile delle politiche giovanili, aveva tenuto un dibattito sui risultati dell’anno, sotto forma di dialogo strutturato con i giovani.

Nella risoluzione del novembre 2022 sull’eredità dell’anno, il Parlamento aveva invitato la Commissione ad adottare un vero e proprio “test sui giovani dell’UE”, con l’obiettivo di garantirne il coinvolgimento nella preparazione di tutte le politiche dell’UE e garantire coerenza tra esigenze dei giovani e legislazione dell’UE. A distanza di due anni si può dire, unitamente alle mediocri proposte dei giovani emerse nel corso della Conferenza sul futuro dell’Europa, che l’obiettivo non è stato per nulla centrato.

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La commissione CULT, però, ha continuato a sostenere la sostenibilità dell’Anno europeo dei giovani. Nel suo parere del gennaio 2023 sul discarico per il bilancio 2021 della Commissione, il Comitato ha chiesto alla Commissione di sostenere
l’impegno a garantire un’eredità duratura per l’anno europeo dei giovani, valutando accuratamente i risultati, integrando le politiche giovanili attraverso un test sui giovani e fornendo un finanziamento adeguato per le attività di follow-up. Ma sì, buttiamoli altri soldi al vento, eufemisticamente parlando!

Ma perseverare oltre che diabolico è umano. Nel suo parere del marzo 2023 sugli orientamenti per il bilancio 2024 della Commissione, la Commissione CULT ha succesivamente suggerito che l’eredità dell’Anno europeo dei giovani e quella dell’Anno europeo delle competenze 2023 potrebbero essere collegate nel 2024, con finanziamenti adeguati.

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