Un Paese in via di estinzione. Dal 2014 la natalità è calata nel 72% dei comuni italiani

In poco più di un decennio in Italia si è passati dai quasi 10 nati ogni 1000 abitanti della fine degli anni 2000 ai meno di 7 attuali. Un calo drastico, ricordano da Fondazione Openpolis, che ha riguardato circa il 72% dei comuni italiani.

Il calo della natalità è una questione che da diversi anni accompagna il dibattito pubblico del paese. Per molte ragioni: la crisi demografica è infatti connessa a una serie di conseguenze negative, sul medio e lungo periodo. Oltre al tema più generale del ricambio generazionale, una perdita di popolazione e speranza per il futuro capace di mettere a dura prova la coesione sociale del Paese, specialmente con riferimento alla tenuta del sistema sociale, sanitario e previdenziale.

Dettagli per la classe dirigente del Paese, come dimostra lo scarso impatto delle politiche per i giovani e le famiglie adottate in Italia, in particolare negli ultimi 5 lustri.

Nel 2011, il tasso di natalità italiano era di 9,2 nascite ogni 1.000 residenti, circa un punto in meno della media Ue (10,1). Una quota inferiore alla Francia, ma allora superiore a quella tedesca (8,3). Undici anni dopo, nel 2022, la distanza dalla media Ue è raddoppiata. Sono infatti 2 i punti che separano il dato nazionale (6,7 nascite ogni mille abitanti) da quello europeo (8,7). L’Italia è scivolata all’ultimo posto, non solo tra i maggiori Paesi ma tra tutti e 27 gli stati membri, ricordano da Openpolis.

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Allargando lo sguardo della serie storica dai primi 2000 a oggi, emerge come vi sia stato un picco delle nascite culminato nel 2008. In quell’anno si erano registrati quasi 580mila nuovi nati, con un tasso di natalità pari a 9,7 nati ogni mille abitanti. Una crescita cui aveva contribuito anche il concorso delle famiglie di origine straniera.

Il progressivo calo delle nascite – meno di 400mila nel 2022 – ha ovviamente abbattuto il tasso di natalità. Questa tendenza calante ha alla base ragioni principalmente strutturali. Sono sempre meno le donne nell’età convenzionalmente considerata fertile, anche per la progressiva uscita dei baby boomers dall’età riproduttiva. Sul fenomeno incide anche il fatto che – rispetto agli anni passati – è progressivamente diminuito il contributo alle nascite dei cittadini di origine straniera.

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Le boomers straniere, che hanno fatto il loro ingresso regolarmente come immigrate o sono “emerse” o sono stare “ricongiunte” a seguito delle regolarizzazioni di inizio secolo, hanno realizzato nei dieci anni successivi buona parte dei loro progetti riproduttivi nel nostro Paese, contribuendo in modo importante all’aumento delle nascite e della fecondità di periodo. Ma le cittadine straniere residenti, che finora hanno parzialmente riempito i “vuoti” di popolazione femminile ravvisabili nella struttura per età delle donne italiane, stanno a loro volta invecchiando.

A conferma di questa tendenza, il tasso di fecondità, cioè il numero di figli per donna in età fertile, è calato tra le italiane (da 1,29 figli nel 2014 a 1,18 nel 2021) ma anche tra le donne di altra cittadinanza (da 2,06 a 1,87 nello stesso periodo).

A livello locale, la conseguenza di questa dinamica è stato un diffuso calo della natalità, in gran parte del territorio nazionale.

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Nel 72% dei comuni il tasso di natalità è sceso tra 2014 e 2020. Nell’1,5% si registra una sostanziale stabilità, mentre in poco più di un comune su 4 (26,7%) si rileva una variazione in aumento.

Il calo del tasso di natalità nel periodo in esame ha riguardato la totalità dei comuni della città metropolitana di Cagliari e della provincia di Ferrara. Nonché il 90% o più dei territori nelle province di Monza e Brianza (96%), Brindisi (95%), Pistoia (95%), Ravenna (94%), Taranto (93%), Ragusa (92%), Pesaro e Urbino, Milano e Barletta-Andria-Trani (queste ultime al 90%).

Tra i capoluoghi, l’unico a registrare un aumento è stato La Spezia: 6,97 nati ogni mille abitanti nel 2014, 7,28 nel 2020. Si tratta comunque di dati molto variabili nell’arco della serie storica. Nella stessa città, l’indicatore aveva raggiunto quota 7,75 nel 2016, per poi ridiscendere a 6,54 nel 2019 e risalire nell’anno successivo.

foto ErikaWittlieb da Pixabay.com