Giovani e politiche giovanili: il punto dei candidati sardi alle Politiche 2022.
In vista del prossimo election day del 25 settembre, volendo andare oltre le dichiarazioni “generalistiche” dei partiti in corsa per il rinnovo del Parlamento italiano, è sempre più pressante l’esigenza di testare la conoscenza dell’attuale quadro delle politiche giovanili in Sardegna da parte dei/delle candidati/e sardi/e al Senato e alla Camera dei Deputati, nella speranza di allontanarsi dalle paludi del noiosissimo “politichese” e spostare il focus della discussione politica sulle future (quanto concrete) iniziative legislative nel settore della gioventù nell’Isola.
Il ‘viaggio’ di Sardegnagol tra i candidati al Parlamento italiano inizia oggi con Michele Piras, candidato del Partito Democratico alla Camera nel collegio uninominale di Nuoro-Oristano.
Michele, secondo le ultime stime del Servizio Ricerca del Parlamento europeo in Europa le regioni con la quota più bassa di bambini e giovani si trovano nella Germania orientale, Spagna e Italia. Nel nostro Paese la Sardegna risulta essere in cima alla classifica con un pallido 25,2% di presenza giovanile. Fatta questa premessa quali interventi vorrebbe proporre in Parlamento per contrastare il declino demografico nell’isola?
Il declino demografico dell’Isola si può invertire restituendo ai sardi la fiducia nel futuro, un modello di sviluppo nuovo, fondato sulla qualità sociale e ambientale della vita, sulle ricchezze della Sardegna, sulle intelligenze e i saperi dei sardi e delle sarde, sul lavoro stabile e di qualità. Si tratta di superare i ritardi che frenano lo sviluppo: trasporti interni ed esterni, questione energetica, assenza di investimenti, una sanità pubblica al collasso. Serve un progetto che abbia la capacità di guardare al trentennio che abbiamo di fronte, che collochi pienamente la Sardegna in Europa e le restituisca il ruolo che merita nel Mediterraneo. Un lavoro lungo ma necessario.
Dispersione e abbandono scolastico. In Sardegna oltre 1 ragazzo/a su 10 lascia gli studi prima della fine del percorso scolastico e più di un/una giovane su 4, (circa il 26,1%), vive nella condizione di Neet, ovvero non studia, non lavora e non partecipa ad alcuna attività di formazione. Anche qui su quali proposte di legge punterebbe in caso di elezione al Parlamento?
“Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza”, scriveva Gramsci. Il sistema formativo pubblico va rimesso al centro. Dunque nuovi investimenti, una prospettiva di rispetto e stabilità per il corpo docente, un migliore orientamento e interventi integrativi sui ragazzi a partire dalla scuola primaria. Anche qui non si può pretendere risultati immediati dopo decenni di colpevole destrutturazione del sistema formativo.
Gli interventi Ministeriali, regionali e locali per i giovani, oltre ad essere sostenuti con budget eufemisticamente parlando irrisori, sono uniti dal minimo comune denominatore dell’assenza del più elementare principio di programmazione partecipata con i giovani. Nel caso fosse eletto porterebbe in Parlamento una proposta di legge con l’obiettivo di introdurre l’obbligo di coinvolgimento di giovani e organizzazioni giovanili nella pianificazione degli interventi pubblici nel settore della gioventù?
Assolutamente sì, ho sempre pensato che si debba mettere i giovani in condizione di decidere per loro stessi e per il loro futuro. Inserire elementi di democrazia partecipativa nel sistema è essenziale a ogni livello.
Si parla spesso di sostegno all’imprenditoria giovanile salvo poi rilevare la difficoltà di superare la scarsa accessibilità dei cosiddetti contributi “a fondo perduto” per i giovani talenti privi di risorse proprie. Una realtà, come confermato dalle poche domande finanziate dalle amministrazioni locali, che di fatto tarpa le ali alla creatività e all’allargamento della base imprenditoriale giovanile. Quale intervento legislativo si sentirebbe di proporre per sostenere l’avviamento di impresa per i/le giovani sardi/e privi di garanti o capitali?
Semplicemente si tratterebbe di snellire un processo burocratico troppo pesante e introdurre una garanzia di Stato su prestiti e finanziamenti delle idee imprenditoriali dei giovani. Oggi abbiamo un sistema bloccato e arrugginito, che chiede un eccesso di garanzie a chi non le ha e non può darle, favorendo di fatto chi le risorse le ha già.
Lo sviluppo delle politiche giovanili di un Paese passa anche per l’innovazione e il dialogo con le organizzazioni giovanili del territorio. In Sardegna, come ricordato dall’ultima legge quadro sulle politiche giovanili, la n.11 del 15 aprile 1999, si è creato di fatto un gap importante sia in termini di innovatività delle azioni che di confronto con le buone pratiche del settore. Quale intervento legislativo, fatte salve le prerogative regionali, si sentirebbe di proporre in Parlamento per sostenere l’innovazione e il dialogo nel settore?
Più che iniziativa legislativa serve sensibilità e reintrodurre la buona pratica del confronto e del coinvolgimento dei diretti interessati. E investire sulla ricerca e l’innovazione è banalmente l’unica speranza che abbiamo di stare utilmente nel Mondo. Basta vedere cosa fanno le nazioni più sviluppate e quelle in via di sviluppo.
Una piccola domanda per testare il suo grado di conoscenza sulle proposte di legge per i/le giovani sardi/e promosse nel corso dell’ultima legislatura regionale. Cosa è stato o non è stato fatto?
Se per ultima intende quella in corso mi sento di darle una piccola semplice risposta: nulla di lontanamente sufficiente. Ma non solo per i giovani.
La mobilità internazionale dei giovani, come dimostrato dai programmi europei più fortunati (in primis l’Erasmus+), rappresenta un’opportunità decisamente sostenibile per giovani e famiglie, essendo i costi totalmente a carico delle organizzazioni beneficiarie dei contributi UE. In Sardegna il grosso delle risorse per la mobilità internazionale ogni anno viene distribuito alle Università di Cagliari e Sassari, precludendo, di fatto, qualsiasi opportunità di mobilità per i giovani esclusi dal circuito universitario. Anche qui, fermo restando la competenza regionale, quale intervento di legge vorrebbe proporre per sostenere la mobilità internazionale dei giovani sardi/e, laddove risulti eletto in Parlamento?
Sono figlio della generazione Erasmus ed è chiarissimo che quel tipo di esperienza può essere decisiva per i ragazzi. Affacciarsi all’Europa, guardare il Mondo in maniera diversa, sentirsi parte di qualcosa di più grande e multiforme è decisivo. Aver depotenziato quei programmi è stato un errore gravissimo. Si tratta di studiare il modo per mettere a correre nuove risorse e nuove opportunità per tutti.
Nel settore della formazione regionale capita di assistere a interventi di scarso impatto per i/le giovani sardi/e nonostante i copiosi finanziamenti garantiti da Regione, Stato e Unione. Secondo lei sarebbe auspicabile un intervento di legge capace di introdurre un sistema di monitoraggio della spesa e dei risultati formativi maggiormente efficace?
Qui non serve un intervento di legge, ma un continuo controllo sugli esiti concreti degli interventi in essere. È una buona pratica poco diffusa ma fondamentale, anche per decidere cosa correggere e migliorare la qualità e l’efficacia della spesa pubblica.
Sugli interventi a contrasto della devianza giovanile i partiti, recentemente, hanno proposto diverse soluzioni. Conoscendo il contesto sardo da quale elemento deve partire una proposta di legge applicabile e di impatto?
Bisogna intenderci sul termine “devianza”, che è già abbastanza reazionario e soggettivo. L’espressività, il linguaggio, la cultura giovanile sono spesso stati etichettati come devianza solo perché diversi dal senso comune. E alcune “devianze” del passato sono diventate costume positivo del presente. Hanno cambiato in meglio la società. Per il resto tornare a investire sull’educazione civica è decisivo. Ma, per fare un esempio, se si continua a ragionare di legalizzazione delle droghe leggere con il paraocchi del pregiudizio ideologico, salvo poi lasciare che scorrano incontrollati fiumi di alcool, senza nemmeno spiegare i danno che si producono, sul corpo e sulla mente, vuol dire che esiste un problema molto serio di approccio.
Per 3 elettori over55 vi è un votante under35. Nonostante questi numeri nell’agenda politica degli ultimi Governi l’attenzione verso i giovani è stata incontrovertibilmente assente. Perché un/una giovane dovrebbe andare a votare e, nella fattispecie, esprimere la propria preferenza per lei?
Perché i nostri nonni hanno versato il sangue per la democrazia, perché chi non vota lascia che siano gli altri a decidere per loro, perché anche un solo voto può concorrere a migliorare o peggiorare le cose. I giovani dovrebbero informarsi, vedere i programmi, decidere chi può meglio rappresentare i loro sogni e bisogni. Personalmente ho lavorato per anni nei movimenti giovanili e con i giovani, anche nella cooperazione sociale e nelle consulte giovanili. Di anni ormai ne ho 50, ma so di poter guardare negli occhi i ragazzi e le ragazze senza dover abbassare lo sguardo.
Mancano 24 giorni all’election day e il sentiment attuale dice che un giovane su 4 nell’Isola non andrà a votare. In questa occasione cosa si sente di dire al 75% dei potenziali astenuti under35 in Sardegna per esortarli a recarsi alle urne?
Non rinunciate a lottare. Perché chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso. A tutti loro voglio fare gli auguri di buon voto. Scegliete, liberamente, ma scegliete.