Crisi geopolitiche, l’univoca risposta USA: no diplomazia, si al “piombo”.

Continua a confermarsi poco virtuosa, in termini di opzioni, la capacità diplomatica degli Stati Uniti d’America. A confermarlo, dopo 20 mesi ininterrotti di guerra in Ucraina e gli oltre 45 miliardi di dollari in armamenti inviati al Governo di Kiev (nonostante i crescenti malumori dell’opinione pubblica americana), la decisione di inviare armi e mezzi militari a Israele per difendersi “dagli attacchi di Hamas”.

“L’attacco di Hamas contro Israele da Gaza di sabato – ha dichiarato il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden – è a un livello diverso rispetto al passato. Centinaia di israeliani sono stati uccisi negli attacchi che hanno ucciso anche 11 americani. Ho ordinato alla mia squadra di lavorare con le loro controparti israeliane su ogni aspetto della crisi degli ostaggi, inclusa la condivisione di informazioni di intelligence e il dispiegamento di esperti da tutto il governo degli Stati Uniti per consultare e consigliare le controparti israeliane sugli sforzi per il recupero degli ostaggi”. 

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Inequivocabile, come dichiarato dal segretario alla Difesa Lloyd J. Austin III, il supporto alla difesa dello Stato di Israele: “Gli Stati Uniti stanno “aumentando” il sostegno a Israele, comprese le capacità di difesa aerea e le munizioni. Rimaniamo in contatto costante e continuo con le nostre controparti in Israele per determinare le loro esigenze più urgenti”. Tradotto, più munizioni e altre “attrezzature di fondamentale importanza”, si legge nella nota del Dipartimento della Difesa statunitense.

Meno diplomazia e più armi, allora, si conferma essere la soluzione mainstream americana ai complessi problemi geopolitici: “Funzionari del Dipartimento della Difesa – proseguono dal DoD – stanno anche lavorando con l’industria statunitense per accelerare la spedizione di attrezzature militari che gli israeliani avevano già ordinato. Stiamo anche valutando quali munizioni e attrezzature ci sono negli inventari statunitensi che possano essere messe rapidamente a disposizione di Israele”.

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Nel frattempo, gli Stati Uniti stanno rafforzando la presenza americana nella regione, come confermato dal gruppo d’attacco della USS Gerald R. Ford Carrier Strike Group diretto ora nel Mar Mediterraneo orientale. Unità formata da una portaerei, incrociatori e cacciatorpedinieri, i cui compiti prevedono la “direzione di operazioni marittime e aeree in tutta la regione”.

Contesutalmente, a conferma del sostegno all’escalation nell’area mediorientale, è di ieri la notizia dell’ordine da parte del segretario alla Difesa Austin, di nuovi aerei da caccia F-35, F-15, F-16 e A-10 per le forze armate impegnate nella regione.

Segnali, come dichiarato dall’alto esponente dell’amministrazione Biden che devono servire “come inequivocabile dimostrazione del sostegno degli Stati Uniti alla difesa di Israele e agire da deterrente per l’Iran e gli Hezbollah libanesi”. Coinvolgimento dell’Iran, però, che al momento non è sostenuto da alcuna prova.

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foto Navy Petty Officer 2nd Class Jacob Mattingly copyright 2023 DoD