Condizione giovanile, avviata l’indagine in Liguria. In Sardegna “tutto giace”.

Doveva avviarsi lo scorso anno sull’onda della pressione prodotta dal crescente disagio giovanile invece, a distanza di un anno, della commissione d’inchiesta sulla condizione giovanile in Sardegna non s’è ne fatto nulla. Il benessere dei giovani e la pianificazione partecipata nel settore della gioventù non deve rappresentare una priorità per l’attuale classe dirigente sarda…

Più virtuosi, volendo restare all’interno del paradigma geografico dei nostalgici del Regno di Sardegna, i “vicini” della Regione Liguria, dove la Giunta regionale, su proposta dell’assessore alle Politiche giovanili Simona Ferro, ha deliberato l’avvio di un’indagine di approfondimento “mirata a tracciare il punto di vista e le necessità dei giovani, con l’obiettivo di ricevere indicazioni e delineare linee guida per impostare i futuri bandi e, in senso più ampio, le politiche di sostegno dei ragazzi e delle ragazze della Regione”.

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Sensibilità decisamente discordante rispetto a quanto “miseramente” prodotto per le politiche giovanili dalla maggioranza sardo-leghista negli ultimi 3 anni di Governo. Un’azione legislativa ferma alla proposta di legge n. 182 che, come spesso accade in materia di gioventù (quando va bene), versa nel limbo della Commissione seconda dal 7 luglio 2020.

Eppure la gravità della questione giovanile nell’isola, tema mai risolto dai “grandi” (non diciamo cosa) della politica sarda, trova puntualmente riscontro nei dati riferiti alla disoccupazione giovanile (al 50% in Sardegna, contro il 28,9% del resto d’Italia), ai livelli di dispersione scolastica (che nella regione si attesta intorno al 23%, a fronte del 14,5% delle altre regioni) e ai cosiddetti ”neet”, che in Sardegna risultano essere ben il 27,7%, mentre la media dell’Unione Europea si attesta intorno al 12,9%. Percentuali sempre più preoccupanti per il futuro del Paese alle quali si somma il triste 22% dei minori residenti in Sardegna che vivono in condizioni di povertà relativa. Senza contare che nel territorio regionale sono presenti le due province più anziane d’Italia in riferimento alla popolazione 0-17 anni (Oristano e Sud Sardegna), anche in virtù del fatto che nell’Isola si registra un incremento di nascite inferiore rispetto alla media italiana.

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Percentuali insufficienti (chi lo avrebbe mai detto?) a smuovere l’inerzia dell’attuale Legislatore regionale che, tra mancanza di competenze nel settore della gioventù e scarso servizio pubblico, continua ad essere orfano di alcuna buona pratica in materia di politiche giovanili. Uno stato di fatto, incontrovertibilmente pietoso, dove le alzate di ingegno dei vertici regionali passano per i “bonus bebè” e il “contributo contro lo spopolamento”, dimenticandosi bellamente di servizi e di strategie per l’inclusione dei giovani dell’Isola.

In Sardegna, quindi, nonostante i messaggi autocelebrativi (per non dire pietre miliari di misinformazione) prodotti dalla Giunta e da alcune agenzie regionali sarde – prime fra tutte l’Aspal con le sue ‘mirabolanti’ azioni formative – “tutto giace” per i/le giovani sardi/e.

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