Talent Up Sardegna, costruire startup innovative… ma come?

Un mese di formazione in Sardegna e tre all’estero per costruire startup innovative e vincenti” o anche “un progetto all’avanguardia che offre ai giovani sardi l’opportunità di studiare nelle migliori business school del mondo e di tornare in Sardegna ricchi di conoscenze e energie per realizzare le loro start up”. Sono solo alcune delle frasi celebrative più memorabili contenute nell’ultimo comunicato istituzionale dell’Aspal sul programma Talent Up: un’iniziativa, va evidenziato, capace di rappresentare una buona pratica nel desolante panorama isolano legato alla formazione d’impresa ma, come spesso capita nell’ambito delle azioni estemporanee prodotte dalle Giunte regionali in Sardegna, non attentamente calibrata per quanto concerne il sostegno agli ‘aspiranti imprenditori dell’innovazione’ nella cosiddetta fase del ‘back’.

Un momento, quest’ultimo, particolarmente cruciale per facilitare la costituzione di nuove startup nel territorio sardo, sul quale la risposta della Regione Sardegna non è stata particolarmente brillante. Al termine della prima edizione del programma, infatti – tralasciando per un attimo i servizi di orientamento di Sardegna Ricerche – fu proposta ai 25 giovani partecipanti un mini-voucher dell’importo di 5mila euro (ovviamente lordi). Un po’ poco per sostenere la ‘nuova leva’ degli imprenditori dell’innovazione in Sardegna.

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Soluzione, ragionando sull’elevato costo da sostenere per un’accettabile validazione dell’idea d’impresa, tale da rappresentare un incentivo di piccolo cabotaggio dopo una formazione di 4 mesi ‘nell’Olimpo dell’innovazione statunitense’ e, ancora, al ‘cospetto dei guru della Sylicon Valley’.

Non dovrebbe sorprendere, vista l’assenza di un supporto finanziario accessibile, l’assenza di dati confortanti in merito all’apertura di aziende innovative da parte dei partecipanti alla prima edizione del programma. Anzi, a onor del vero, mancherebbero gli stessi dati sui ‘casi di successo’, come sembrerebbe indicare la risposta data alla nostra redazione dall’ufficio comunicazione della Direzione Generale dell’Aspal, la cui replica può tranquillamente sintetizzarsi in un “le faremo sapere il prima possibile”.

E’ d’obbligo, quindi, chiedersi come il programma continuerà ad offrire la possibilità “di far emergere le capacità imprenditoriali presenti in Sardegna attraverso l’attivazione di percorsi di formazione all’imprenditorialità per giovani che hanno voglia di mettersi in gioco“.

Opportunità, dato l’attuale paradigma regionale, che resterà accessibile solo per i partecipanti dotati di mezzi propri, senza i quali, al termine del percorso, sarà difficile accedere ai famigerati ‘contributi a fondo perduto’ messi a disposizione per la fase del back.

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Nulla di strano, d’altronde l’avvio di un’iniziativa imprenditoriale richiede una dotazione economica importante ma, nella comunicazione autocelebrativa del programma, tale aspetto andrebbe indicato a caratteri cubitali, onde evitare di continuare a coinvolgere partecipanti talentuosi ma, contestualmente, impossibilitati ad avviare un’impresa per evidenti carenze di risorse proprie.

Un bando per giovani facoltosi“, probabilmente, sarebbe una migliore e più coerente ‘headline’ per il programma, rispetto all’attuale “Cogli l’opportunità, crea la tua startup“…

Una considerazione dovuta alla luce dell’esborso significativo previsto per le 3 annualità del programma – oltre 7 milioni di euro – e delle ricadute economiche e occupazionali che dovrebbe portare tale investimento nell’Isola.

Ancora, riflettendo sulla base di quanto rilevato attraverso ricerche sul web – data la non pervenuta condivisione dei dati da parte dell’Aspal di cui si parlava precedentemente -, solo una piccola percentuale dei partecipanti al primo ciclo di Talent Up avrebbe avviato una nuova attività ‘innovativa’. Un dato tutt’altro che entusiasmante nonostante la partecipazione ad una delle più prestigiose business school americane (la Georgetown University di Washington) e un mese in uno dei luoghi di formazione imprenditoriale più significativi di San Francisco. Elementi, questi, difficilmente ravvisabili all’interno della narrazione dell’Aspal e dell’attuale campagna di comunicazione sul programma.

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Continuerebbe a mancare, quindi, una seppur minima autocritica da parte dei promotori del programma. Condotta che sembrerebbe confermarsi anche per la seconda edizione , nella quale i contenuti principali risultano essere sostanzialmente inalterati.

Considerazione d’obbligo, ancora, alla luce dei diversi incontri sul web che hanno registrato, in epoca pandemica, la partecipazione di alcuni rappresentanti della stessa Aspal e del Centro Regionale di Programmazione, per i quali la mancata apertura delle imprese da parte dei partecipanti alla prima edizione rappresenterebbe, in sintesi, un dato in linea con analoghi progetti di formazione.

In fin dei conti, quindi, l’idea alla base del programma per “sostenere i giovani talenti affinché possano portare in Sardegna i semi di una nuova e moderna cultura imprenditoriale”, come riportato nella ‘velina’ dell’Aspal, sembrerebbe più suonare come l’ennesima frase autocelebrativa a corredo di un’iniziativa tutt’altro che ‘disruptive‘ per la creazione di nuove imprese innovative nell’Isola.