Povertà assoluta. I minori sono i più colpiti in Italia.

I minori restano la fascia d’età più interessata dalla povertà assoluta, ovvero nella condizione di non poter disporre delle primarie risorse per il sostentamento umano, come l’acqua, il cibo, il vestiario e l’abitazione. Una realtà di fatto, rilevata dall’Istat e rimarcata oggi da Fondazione Openpolis, sulla quale il Legislatore italiano continua ad incidere poco, non adottando politiche e provvedimenti capaci di dimostrare alcun sostanziale interesse sul futuro demografico ed economico del Paese.

Poco più di 1 giovane under18 su 10, infatti, risulta essere in povertà assoluta nel “Bel Paese” (13,4%), con una maggiore incidenza nel Sud Italia (15,9%). Dati non di certo coerenti con uno Stato di diritto, ai quali si somma la conferma dell’ormai incontrovertibile spopolamento all’interno del Paese che, tra il 2012 e il 2022, ha perso oltre 900mila minori residenti in Italia (915.130).

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“Sono soprattutto alcune fasce d’età a risentirne particolarmente – spiegano da Fondazione Openpolis -. Tra 0 e 3 anni si raggiunge l’incidenza massima: il 14,7% dei bambini più piccoli vive in povertà assoluta. La quota supera il 14% anche tra i 4 e i 6 anni (14,3%), ed è poco inferiore in quella successiva (13,6% tra 7 e 13 anni). Sopra la media anche gli adolescenti tra i 14 e i 17 anni (11,7%)”.

Numeri impressionanti se, andando oltre le percentuali, si rileva che la popolazione minorile in Italia in povertà assoluta è di circa 1,27 milioni di persone, mentre quella totale arriva a 5,6 milioni, pari, volendo tornare alle percentuali, al 9,7% dei residenti italiani. Insomma, il ritratto degno di una nazione sempre meno giusta ed equa.

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Nonostante questo, tolte alcune iniziative spot e di scarso impatto quali le “pie call per organizzazioni di volontariato” promosse da dicasteri e amministrazioni periferiche, sul tema povertà educativa lo Stato ha deciso di abdicare, come confermato anche da un PNRR che sul tema si dimostra “salvifico” solo sulla carta.

L’investimento sui servizi, famiglie, politiche giovanili e istruzione potrebbe rompere il circolo vizioso della povertà e dare una boccata di ossigeno alle famiglie, sostenendole nell’educazione di qualità dei/delle propri/e figli/e ma, come richiamato sopra, da diversi lustri il Legislatore, e fino ad arrivare agli amministratori locali di questo Paese, ha confermato tutta la sua noncuranza, per usare un eufemismo.

Sul fronte dell’educazione, però, si continua a fare ben poco, nonostante l’ampia ricerca scientifica sulle figure a sostegno dei giovani e sull’importanza dello sviluppo delle competenze trasversali confermino l’efficacia degli strumenti a sostegno dei giovani e per il contrasto degli effetti prodotti dal circolo vizioso prodotto dal rapporto povertà economica-povertà educativa.

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Il lavoro giovanile, infatti, unitamente alla programmazione europea per i giovani ha dimostrato da decenni la capacità di sopperire al limitato accesso alle opportunità educative, culturali e sociali per giovani provenienti da famiglie svantaggiate e non ma, in assenza di visione, tali buone pratiche sono destinate a restare confinate all’interno di piccole isole felici in Italia, precludendo l’arrivo di una nuova ondata di rigenerazione e, in tal modo, le condizioni per la crescita economica e sociale del Paese per i prossimi anni.

Paese, non lo diciamo noi, ormai sempre meno competitivo e con una popolazione disillusa e avvilita.

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