Numero programmato medicina, FNOMCEO: “No al superamento”.

Va rimosso o mantenuto il numero chiuso per l’accesso alle Facoltà di Medicina e Chirurgia? Andando oltre le “sparate” dei sempre più discutibili policy makers nostrani che, sulla spinta emozionale del Covid-19, hanno cercato di buttare fumo negli occhi sull’opinione pubblica imputando la crisi della sanità alla mancanza di medici (dimenticando di citare decenni di scelte sbagliate), sul tema è arrivato il giudizio tranchant della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri.

In sostanza, un fermo no al superamento del numero programmato e apertura, invece, all’ampliamento dei posti in Medicina. Ma a due condizioni, spiegano dalla FNOMCEO, ovvero “che siano pianificati i posti nelle scuole di specializzazione e gli sbocchi lavorativi all’interno del Servizio sanitario nazionale, per non creare un nuovo “imbuto formativo”, né una nuova pletora medica senza occupazione”.

Una posizione decisamente contraria, quindi, alla proposta del Governo Meloni di rimuovere il numero chiuso, come rimarcato dal presidente della Federazione, Filippo Anelli: “Una corretta programmazione andrebbe fatta sui fabbisogni, da qui a undici anni, di specialisti e medici di medicina generale. I ragazzi che a settembre entreranno a Medicina, infatti, solo tra 9-11 anni saranno completamente formati e pronti per entrare a pieno titolo nel nostro Servizio sanitario nazionale. Le proiezioni, al contrario, mostrano che, per allora, la gobba pensionistica sarà superata, mentre saranno pronti i nuovi specialisti, creati grazie all’aumento delle borse”.

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Difficile, alla luce dei decenni di mancata programmazione da parte degli Esecutivi nazionali, risolvere la questione con la semplice rimozione del numero chiuso in medicina e odontoiatria, senza contare il ricorrente tema della retribuzione dei medici: “Quelli che ci sono abbandonano sempre di più l Servizio sanitario nazionale per il privato o l’estero, dove trovano condizioni lavorative e contrattuali più favorevoli. Sono di pochi giorni fa – ha aggiunto Anelli – i dati OCSE hanno rimarcato il divario tra le retribuzioni dei medici italiani e quelle, molto più elevate, dei colleghi dei Paesi europei ed extraeuropei”.

“Il progetto del Ministro Anna Maria Bernini e del Governo di un’apertura “sostenibile” della facoltà di Medicina – prosegue il presidente della FNOMCEO – con un aumento graduale dei posti, legato da una parte alla capacità formativa degli Atenei, dall’altra a un aumento delle borse nelle Scuole di specializzazione, può essere accolto, purché entrambe queste condizioni vengano effettivamente soddisfatte. E, soprattutto, purché si tenga conto anche del contesto lavorativo che attenderà i futuri colleghi e si crei, già da oggi, un modello organizzativo adeguato, parametrato alle esigenze assistenziali della popolazione e in grado di assorbire tutti i professionisti”.

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Un modello organizzativo che dovrebbe prevedere nelle strutture ospedaliere “un giusto numero di medici e altri professionisti per posto letto, e condizioni lavorative sostenibili e premianti”.

Per quanto riguarda la medicina territoriale dalla FNOMCEO, ancora, fanno sapere che “non sarà il passaggio dei medici di famiglia alla dipendenza a salvare il Servizio sanitario nazionale; così come l’abolizione dell’intramoenia, che rischia al contrario di spingere molti specialisti verso il privato”.

Sarebbe invece utile rendere disponibili, in maniera capillare sul territorio, team di professionisti, mettendo a disposizione del cittadino tutte le competenze richieste e, ancora, incentivare, in ospedale e sul territorio, il lavoro nei reparti e nei contesti più rischiosi, come l’emergenza-urgenza.

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“Far saltare il numero programmato – sottolinea inoltre Anelli – significa, in definitiva, consentire a tutti di poter accedere a Medicina, senza salvaguardare la qualità della formazione, che oggi il mondo ci invidia. Significa non poter garantire a tutti una borsa di specializzazione, ricreando l’imbuto formativo. Significa, alla fine della catena, trovarci con più medici di quanti il Servizio sanitario nazionale sia in grado di assorbire”.

“Già oggi, in Italia – conclude – sempre secondo l’Ocse, ci sono 4 medici ogni mille abitanti: una delle proporzioni più alte tra tutti i Paesi europei. Mentre i medici all’interno del Servizio sanitario nazionale, come evidenzia Agenas, sono circa 145mila. Ed è la stessa Agenas a ribadire l’importanza di una attenta pianificazione, che permetta di disporre di risorse sufficienti e di evitare ridondanze che comprometterebbero l’efficienza del sistema in condizioni ordinarie. Ed è ancora l’Agenas ad avvertire che la pianificazione dell’offerta formativa, per essere efficace, deve essere coordinata con l’adozione di un sistema di incentivi in grado di rendere più attrattivi i profili di impiego”.