Lo schwa e gli adulti bimbominkia.

Il mondo dell’informazione è percorso in queste ore dal brividino erotico cagionato dalla non notizia dello studente liceale che al tema della maturità ha utilizzato la schwa come “gesto di rivolta” in favore “dell’inclusione”. Manco a dirlo, nel breve volgere di pochi post, si è scatenata la prevedibile battaglia tra chi vede nel giovane l’esecutore di un disegno di distruzione della società e chi lo celebra come una novella Greta “de noantri”. Entrambi la fazioni, ça va sans dire, hanno torto.

Diceva Benedetto Croce che i giovani hanno un compito fondamentale per la società: crescere. Che degli adolescenti si impegnino per una causa che ritengono giusta, qualunque essa sia, è certamente encomiabile. Tale impegno, tuttavia, andrebbe considerato per quello che è: una palestra di vita nella quale i giovani si cimentano con l’entusiasmo e l’ingenuità dei loro anni. Al contrario, demandare loro il compito di formulare le risposte ai grandi interrogativi dell’umanità è il sintomo preoccupante di un cortocircuito educativo intragenerazionale. Esattamente ciò che, purtroppo, sta attualmente avvenendo.

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Dopo green washing, pink washing rainbow washing, assistiamo oggi a un fortissimo processo di youth washing per il quale, sempre più spesso, nei luoghi del dibattito pubblico, viene chiesto agli adolescenti di pontificare su questo o quell’argomento. Accanto a ciò, inoltre, vi è una warholizzazione spinta dei mass media per cui qualsiasi gesto estemporaneo, se meritevole dei proverbiali 15 minuti di notorietà, è automaticamente posto in cima ai titoli. A completare il quadro, infine, troviamo gli adulti boomer che, nel tentativo di salire sul monopattino elettrico dei giovani vincitori della sfida per la visibilità, li celebrano a suon di “a me questi giovani stanno simpatici”, “da loro può arrivare lo stimolo al cambiamento”, “ci impongono di confrontarci con le nostre contraddizioni”.  

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Scrive Claudia Pratelli, AssessorƏ alla pubblica istruzione della città metropolitana di Roma, in merito alla notizia dell’utilizzo della schwa nel tema di maturità: <<Usare la schwa nel tema di maturità. Lo ha fatto Gabriele Lodetti, maturando del Liceo Plinio Seniore che durante la prima prova di maturità ha usato il linguaggio inclusivo nella traccia di attualità. Nonostante il rischio che la sua prova potesse essere invalidata, Gabriele ha fatto una scelta coraggiosa, caricando su se stesso il rischio e la sfida. E la scuola lo ha premiato. Che in un momento decisivo e altamente strutturato come l’esame maturità trovino spazio innovazione e sperimentazione, che la scuola rappresenti un laboratorio culturale vivo e aperto è una bellissima notizia, mai scontata.  In un Paese in cui persino la prima Presidente del Consiglio donna decide di farsi appellare al maschile, l’iniziativa di un ragazzo, alla sua prova più importante, ci dice che c’è una generazione libera e sicura sui temi dell’inclusione. Una generazione pronta a suggerire risposte a quelle precedenti e abbattere steccati. Insomma, la scuola inclusiva è una sfida che ci piace.>>

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Ecco cosi che un gesto da adolescente di un adolescente, surrettiziamente pompato da politici, giornalisti, influencer diviene nell’attuale deserto culturale un argomento di capitale importanza. E lo rimane fino al prossimo gesto di qualche altro adolescente in un processo che, di fufata in fufata, svela il vuoto cosmico dell’attuale Italia.

Sia chiaro, il problema non sono gli adolescenti che spiegano a reti unificate come salvare il pianeta. Il problema è chi chiede loro di farlo.

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