L’improbabile difesa del multilinguismo in Europa. Il caso del Fondo europeo della gioventù del CoE.

Unità nella diversità e difesa del multilinguismo all’interno dell’UE. Concetti non rilevanti nella lista delle priorità per le istituzioni dell’UE, come sembra suggerire una recente risposta della Commissaria europea alla Gioventù, Mariya Gabriel, all’interrogazione parlamentare dall’eurodeputato del gruppo ID Gianantonio Da Re, presentata per sottolineare la prassi linguistica discriminatoria per le organizzazioni giovanili prevista per l’invio delle domande per l’accesso al Fondo europeo della gioventù del Consiglio d’Europa: il fondo istituito nel 1972 per fornire sostegno finanziario ed educativo alle attività giovanili europee.

Un tema, il rispetto del multilinguismo nell’UE che si collega nell’Anno europeo della Gioventù, al diritto per tutti i giovani europei di vedere garantita una sostanziale parità di accesso alle opportunità offerte dalle istituzioni europee.

Ma, come riscontrato all’interno dell’azione istituzionale a supporto dell’inclusione dei giovani europei, ai buoni propositi e alle dichiarazioni autoreferenziali dei vertici UE, non sempre seguono misure coerenti e sostanziali. Prassi ricordata nitidamente nell’interrogazione presentata dall’esponente ID: “In base alla recente procedura di registrazione stabilita dal Fondo europeo della gioventù del Consiglio d’Europa e volta al conferimento di contributi per l’attività ordinaria delle organizzazioni giovanili, risulta venga richiesta una traduzione dello statuto dell’associazione in lingua inglese o francese, escludendo quindi il ricevimento di un documento ufficiale in altra lingua dell’UE, ad esempio un documento redatto dall’Agenzia delle entrate in lingua italiana”.

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Nonostante le lingue ufficiali del Consiglio d’Europa siano l’inglese e il francese, all’interno di una Unione europea composta da diverse comunità e gruppi linguistici, non può che risultare discriminatorio il processo di registrazione verso le organizzazioni giovanili non di lingua francese e inglese. Una questione di opportunità, come ricordato nel provvedimento del deputato italiano, resa più insostenibile alla luce della sottoscrizione di un memorandum d’intesa, nel 2007, e di una dichiarazione d’intenti nel 2014 nella quale il Consiglio d’Europa ha dichiarato di condividere valori fondamentali, quali i diritti umani, l’uguaglianza, il multilinguismo e la democrazia.

Dovrebbe, quindi, destare perplessità la risposta della Commissione europea (affidata all’intervento della commissaria Mariya Gabriel) che, piuttosto che stigmatizzare l’azione escludente e discriminatoria del Consiglio d’Europa verso le organizzazioni giovanili europee, conferma la “sindrome da compartimento stagno” tipica delle istituzioni UE: ” Il Fondo europeo per la gioventù – scrive l’esponente della Commissione von der Leyen – è un’emanazione del Consiglio d’Europa. Al Fondo si applicano di conseguenza le prescrizioni normative che disciplinano il Consiglio d’Europa, le cui lingue ufficiali sono l’inglese e il francese. L’Unione europea e il Consiglio d’Europa sono due organizzazioni distinte – prosegue -, ciascuna delle quali retta da un proprio ordinamento giuridico. La Commissione non è quindi nelle condizioni di intervenire per far sì che il Consiglio d’Europa traduca i testi in tutte le lingue ufficiali dell’Unione europea”.

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Insomma una vicenda che evidenzia l’assenza di una valida moral suasion nel merito dei diritti dei giovani europei all’interno della dialettica tra istituzioni UE. Non dovrebbe sorprendere, allora, il dominio della burocrazia sui diritti, sul rispetto del multilinguismo e sull’ascolto delle istanze delle organizzazioni giovanili europee.

Una dinamica, peraltro, capace di contrastare la partecipazione e l’emancipazione giovanile in Europa e, cosa più evidente, smascherare un’incoerenza di fondo circa l’azione di empowerment giovanile promossa dalle istituzioni europee.