Imprese e Mafia. Giovanni Panunzio, una storia italiana sempre attuale.
Giovanni Panunzio. Una storia italiana affascinante, capace di esprimere il coraggio e il senso civico di un uomo e di un imprenditore che, per difendere i propri principi e diritti, ha sacrificato la propria vita. Una storia che ha molto da insegnare sul valore del coraggio e dell’onestà, nonostante siano passati quasi 28 anni da quel fatidico 6 novembre 1992, notte dell’agguato dove perse la vita.
Un caso lontano, sembrerebbe, se non fosse che la storia di Giovanni Panunzio è tristemente attuale in un Paese dove le imprese subiscono nel silenzio e nella solitudine le vessazioni della criminalità organizzata, che, con la crisi di liquidità di questi ultimi mesi, trova nei problemi delle aziende italiane la possibilità di riciclare denaro e offrire prestiti con tassi usurai. Dinamica, forse, facilitata da una condotta di Stato spesso ‘imprenditoricida’ e che pecca di tempestività sul fronte dell’assistenza alle imprese italiane, specialmente per quanto riguarda l’annoso problema della liquidità delle imprese.
Una vicenda, quindi, attuale e che non rischierà mai di sfiorire per coloro che sentiranno l’esigenza di vivere in un Paese migliore. Un esempio, quello di Giovanni Panunzio, al centro delle attività dell’Associazione “Giovanni Panunzio – Eguaglianza Legalità Diritti”, attiva nel territorio di Foggia e provincia. Organizzazione che vede la partecipazione attiva dei famigliari dell’imprenditore pugliese, tra i quali Giovanna Belluna Panunzio.
Salve Giovanna, a distanza di quasi 28 anni dall’omicidio di Giovanni Panunzio è migliorata la sicurezza per gli imprenditori nel nostro Paese?
Sono trascorsi quasi trent’anni dall’omicidio di Giovanni Panunzio per mano della mafia foggiana, imprenditore che si era ribellato al racket delle estorsioni e che aveva denunciato e fatto arrestare molti mafiosi, ma, per quanto di mia conoscenza e di mio marito, il 99% degli imprenditori vittime di racket ,da allora ad oggi, ha avuto molti problemi dopo aver fatto denuncia.
Questi problemi, lo dobbiamo dire, arrivano innanzitutto dalle banche, che spesso non aiutano adeguatamente le vittime di racket utilizzando dei meri pretesti e, addirittura, abbiamo saputo che le stesse banche hanno sollecitato le vittime di racket, dopo le loro denunce, a rientrare da eventuali esposizioni debitorie. Questo nonostante si sappia bene che si cade nella spirale dell’estorsione e dell’usura proprio quando un imprenditore ha già difficoltà economiche ed è più debole, magari perché lo Stato non paga i debiti che ha con lui e, quindi, proprio in questa situazione di debolezza, inaccettabile soprattutto nei confronti di coloro che coraggiosamente hanno denunciato i propri aguzzini, bisognerebbe che anche le banche dimostrassero comprensione, magari prevedendo meccanismi concertati per la tutela delle vittime di racket.
Inoltre, gli stessi apparati dello Stato in passato hanno dimostrato notevoli mancanze nei confronti della tutela degli imprenditori e solo nell’ultimo decennio sono state attivate forme più efficaci di aiuto, non senza lacune, dovute spesso alla mancanza di adeguata preparazione da parte del personale degli Uffici pubblici preposti e, in qualche caso, per ragioni ben più gravi.
Da circa 24 giorni siamo entrati nella Fase due. Negli ultimi 90 giorni la sospensione delle attività ha creato un problema di liquidità per le imprese. In questo contesto, quanto è realistica la probabilità per gli imprenditori italiani di cadere nella morsa dell’usura e/o diventare delle ‘lavanderie’ di denaro della criminalità organizzata?
In questo periodo di blocco delle attività lavorative, dovuto per forza di cose all’emergenza sanitaria ancora in corso, di forte crisi di liquidità e di recessione, il rischio che numerosissime attività economiche possano cadere nella morsa dell’usura è una certezza, peraltro sottolineata dalle informative del Governo a tutte le Questure e alle Forze dell’Ordine di tutta Italia. Esposizioni debitorie e crisi economica scatenano gli ‘appetiti’ della criminalità organizzata, che dispone di ingenti somme liquide da riciclare e rende vulnerabili le imprese in crisi. Così il meccanismo è questo: il denaro prestato ad usura diviene un cappio che strangola gli imprenditori e li costringe a pagare debiti sempre più alti ai delinquenti, di modo che nella gran parte dei casi la criminalità organizzata, soprattutto di stampo mafioso, diviene di fatto proprietaria delle loro aziende, che vengono usate per immettere denaro ‘sporco’ nel circuito economico e ‘ripulirlo’.
Inoltre, così facendo le mafie rafforzano il loro controllo del nostro sistema economico, perché le imprese che rimangono ‘sane’ perdono competitività rispetto a quelle controllate dalle mafie, che dispongono di enorme liquidità.
Questa situazione può ora essere contrastata dallo Stato immettendo somme liquide a sostegno delle imprese, in modo rapido e con processi celeri, senza lungaggini, al fine di proteggere le imprese ‘pulite’, che sono la gran parte della nostra economia.
Come avrebbe commentato Giovanni Panunzio le disposizioni del Governo a tutela degli imprenditori italiani adottate dal Governo in questa delicata fase?
Mio suocero Giovanni era una persona molto pratica e precisa, voleva vedere sempre le cose alla prova dei fatti. In questa difficile fase, quindi, non avrebbe creduto alle parole del Governo fino a quando non fossero giunti aiuti concreti agli imprenditori e ai loro dipendenti (ai quali lui teneva moltissimo, avendo iniziato da semplice lavoratore nei cantieri). La frase “Voglio vedere i fatti”, da uomo che lavorava moltissimo per raggiungere i propri obiettivi, l’applicava non solo nel lavoro, ma anche con i politici, fino alla fine della sua vita.
Che cosa avrebbe detto sui ritardi nei pagamenti delle indennità degli autonomi e della cassa integrazione?
Per come era Giovanni Panunzio, di fronte alle difficoltà derivanti dal blocco delle attività di lavoro si sarebbe preoccupato subito per i suoi operai e le loro famiglie e, poi, per le sue imprese. Anche per via del suo passato di uomo che “si era fatto da sé” e sapeva cosa voleva dire mantenere la propria famiglia con un lavoro onesto, sarebbe certamente arrivato a pagare il salario ai suoi operai anche con i cantieri fermi.
Sul blocco delle attività delle imprese, come è avvenuto in queste ultime settimane, sarebbe stato sicuramente sereno e fiducioso per la ripartenza, sua e degli altri imprenditori, perché Panunzio aveva un carattere forte e positivo.
Sulle forme di tutela per gli imprenditori, come detto prima, non si sarebbe fidato delle disposizioni normative prima della loro prova dei fatti. Mentre, sui ritardi nei pagamenti, conoscendolo non si sarebbe stupito più di tanto, a causa delle lacune e dei ritardi troppe volte manifestati dallo Stato e con i quali aveva già avuto a che fare. Del resto, Panunzio è sempre stato abituato a cavarsela da solo soprattutto con le sue forze, fino alla fine.
Personalmente ho sempre considerato Giovanni Panunzio un grande esempio di virtù civica e di capacità imprenditoriale. Se è vero che la rappresentanza politica di questo Paese è lo specchio della popolazione, come si spiegano i comportamenti poco virtuosi dei nostri rappresentanti, alla luce del sacrificio e dell’integrità morale di tanti italiani come Giovanni Panunzio?
A questa domanda, proprio ricordando l’esempio e il coraggio di Panunzio è possibile rispondere molto semplicemente: perché troppo spesso prevale l’interesse privato sul dovere di perseguire la moralità e l’interesse pubblico. Però bisogna ricordare che le cittadine e i cittadini hanno sempre il compito e il dovere di partecipare alle votazioni per la scelta dei nostri rappresentanti politici e di agire nella loro selezione con oculatezza e preferenza esclusiva, oltre agli orientamenti politici personali, per preparazione, competenza, onestà e correttezza morale. Questo non succede spesso, da una parte e dall’altra, così l’esempio di persone come Giovanni, e tante e tanti altri, viene messo in un angolo.
Secondo lei cosa avrebbe detto Giovanni Panunzio ai tanti imprenditori/trici in difficoltà in questo particolare momento del nostro Paese?
Giovanni Panunzio, come sempre nei momenti difficili, avrebbe detto agli altri imprenditori e imprenditrici di stringere i denti, di tenere duro e, allo stesso tempo, di non illudersi sulle promesse fatte dal Governo e dai politici riguardanti le tutele economiche, quanto meno fino alla prova dei fatti, ma di avere fiducia sopratutto in se stessi, per uscire fuori da questa situazione così difficile senza arrendersi mai. Giovanni Panunzio è arrivato sino al punto di pagare con la sua vita il suo rifiuto al ricatto mafioso e così ha salvato la sua dignità e i sacrifici che ha fatto per noi familiari. Secondo quanto Giovanni ci ha insegnato, la forza di volontà e il fatto di non arrendersi mai portano sempre ad un risultato positivo.
Da parente di un imprenditore assassinato dalla criminalità organizzata, cosa si sente di consigliare alle tante famiglie di imprenditori/trici?
La figura di Panunzio è un esempio e una testimonianza di libertà e di coraggio contro la violenza dei soprusi criminali: più che di un eroe, parola che spesso nasconde una vuota retorica, noi ricordiamo il nostro familiare come un uomo che in un momento cruciale della sua vita ha fatto una scelta che era e sentiva come giusta, anche al costo della sua stessa vita. Giovanni ha avuto paura, ma ha affrontato la sua legittima paura e l’ha superata per qualcosa di superiore in cui credeva. Così facendo Giovanni non ha perso la sua dignità e i sacrifici fatti per noi familiari e, soprattutto, ha protetto la sua famiglia, alla quale teneva più di ogni altra cosa.
Lui è morto e noi suoi congiunti, insieme a molti altri che lo hanno rispettato e gli hanno voluto bene, lo piangiamo ancora oggi, ma il suo esempio è ancora vivo e ha dato tanto alla sua città e anche al di fuori di Foggia ed è uno stimolo per tutti noi a dare il meglio, a reagire alle ingiustizie, ai soprusi, a combattere la mafia come lui ha fatto. Il suo messaggio, di cui noi familiari e l’associazione a lui intitolata vogliamo essere portatori è proprio questo: agli imprenditori di oggi, a coloro che subiscono la violenza mafiosa diciamo di denunciare subito, senza remore, di non cedere alla paura, anche se la paura c’è ed è pure tanta. Occorre affiancare alla paura il coraggio di ribellarsi ai delinquenti e, pensando in particolare ai tanti imprenditori del Sud Italia, non bisogna abbandonare la nostra terra.
Grazie ai sacrifici di persone come come Panunzio oggi non siamo più nel 1992, c’è maggiore conoscenza del fenomeno mafioso, più attenzione, ci sono donne e uomini che sanno stare vicino a coloro che sono in pericolo, a seguirli, ad aiutarli e proteggerli, ci sono leggi utili per questi scopi. Proprio per questo lo Stato e le Forze dell’Ordine hanno maggiori possibilità per aiutare gli imprenditori e non lasciarli soli. Nessuno deve essere lasciato solo e, soprattutto, è necessario che gli organi statali preposti a ciò forniscano a tutte le vittime di racket con le quali vengono in contatto garanzie sicure, certe ed efficaci di protezione, prima ancora che l’imprenditore vessato faccia la denuncia, e non dopo.