Guerra in Ucraina. Il quadro di sintesi dell’assistenza militare UE.

Come risaputo, prima di fare la pace bisogna che ci sia una guerra e, in risposta alla crisi ucraina, culminato lo scorso 24 febbraio con l’entrata in Ucraina dell’esercito russo, l’UE ha rapidamente deciso di investire 500 milioni di euro del Fondo europeo per la pace (EPF), per finanziare e coordinare l’assistenza e la fornitura di attrezzature militari all’Ucraina. Una decisione, in tale ambito, preceduta, lo scorso 2 dicembre 2021, dall’invio di attrezzature ‘non letali’ all’Ucraina per un valore complessivo di circa 31 milioni di euro, 12,7 per la Georgia e 7 per la Moldova. Risorse, ricordano dall’UE, “volte a rafforzare le capacità militare dei Paesi beneficiari, nonché promuovere la resilienza interna e la pace”.

La guerra in Ucraina, nonché l’influenza dell’attuale leadership americana, ha poi accelerato tale processo, portando l’UE ad attivare uno strumento dedicato, sebbene fuori bilancio, per finanziare l’acquisizione di materiale bellico per un Paese terzo.

Il supporto militare dell’UE, in particolare, prevede un pacchetto del valore di 450 milioni di euro per attrezzature militari e 50 milioni per l’acquisto di carburanti, dispositivi di protezione individuale e articoli medici di emergenza. Risorse approvate con due decisioni, rispettivamente la (PESC) 2022/338 e la (PESC) 2022/339.

Una quota, quindi, importante guardando alla dotazione del Fondo europeo per la Pace, con una dotazione finanziaria di 5,6 miliardi di euro per gli anni 21-27 e che dovrebbe aumentare gradualmente anno dopo anno, come emerso dal Consiglio europeo informale tenutosi nei giorni 10-11 marzo a Versailles. Per il 2022 il massimale previsto dalle istituzioni europeo è di circa 540 milioni di euro.

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Gli Stati membri contribuiscono annualmente al bilancio del Fondo, in base al loro Reddito Nazionale Lordo, con la sola esclusione della Danimarca che ha rinunciato alla politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) dell’UE, decidendo quindi di non contribuire alla parte dell’EPF.

Presa di posizione che potrebbe cambiare dopo il referendum indetto il prossimo 1° giugno 2022 in Danimarca, dove i cittadini e le cittadine danesi saranno chiamati ad esprimersi se partecipare o meno alla Politica di sicurezza e di difesa comune. Un esempio di alto rispetto democratico verso il proprio elettorato, difficilmente ravvisabile negli altri 26 Paesi dell’UE, dove non è stata chiesta la parola degli elettori/trici in materia.

Austria, Irlanda e Malta, ancora, stanno contribuendo solo attraverso l’invio di misure assistenziali non letali. Da chiedersi, allora, perché l’Italia, Paese che “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” non abbia deciso di ‘agganciarsi’ ai tre Paesi Ue che hanno aderito al solo invio di aiuti non letali all’Ucraina.

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I singoli Stati membri hanno iniziato, quindi, a fornire equipaggiamento militare in Ucraina, in base alle scorte disponibili. Questo non ha necessariamente soddisfatto le esigenze dell’esercito ucraino. Perciò, lo Stato Maggiore dell’Unione Europea (EUMS) ha istituito una stanza di compensazione per coordinare domanda e offerta (a norma dell’articolo 4, paragrafo 2, della decisione 2022/338). Per effetto di questa decisione l’Ucraina ora invia elenchi ufficiali a questo centro di smistamento, specificando l’attrezzatura necessaria. Il personale di smistamento, a sua volta, tiene incontri con tutti gli Stati membri e con i partner, condividendo informazioni sull’equipaggiamento necessario.

Il ministro degli Esteri ucraino, inoltre, ha chiesto all’UE di fornire aerei da combattimento e l’UE ha preso in considerazione la possibilità di fornire tale assistenza. Il 6 marzo 2022, la Polonia ha suggerito di consegnare i suoi 28 MiG-29 alle forze armate ucraine, tramite intermediari statunitensi, una proposta arenatasi dopo una serie di scambi diplomatici e la dichiarazione di John Kirby che, l’8 marzo, ha respinto definitivamente il piano, adducendo preoccupazioni per la NATO.

L’Ucraina, come noto, ha chiesto alla NATO di stabilire una no-fly zone sull’Ucraina. Tuttavia, il 5 marzo 2022, il presidente russo Vladimir Putin ha messo in guardia la NATO contro il possibile sostegno alla richiesta dell’Ucraina dichiarando qualsiasi decisione in questa direzione come una effettiva “partecipazione al conflitto armato”. No-fly zone che anche il Segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, aveva definitivamente scartato lo scorso 4 novembre 2022, confermando che non ci sarebbe stata alcuna “no-fly zone sull’Ucraina e che le truppe della NATO non avrebbero combattuto in Ucraina.

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Il 1° marzo 2022 il Parlamento europeo ha, inoltre, adottato una risoluzione che chiede l’uso dell’EPF per fornire all’Ucraina un’appropriata capacità militare difensiva, sanzioni più severe contro la Russia e nuovi sforzi per considerare la richiesta di adesione dell’Ucraina all’UE. La risoluzione ha chiesto anche una rivalutazione urgente del mandato dell’EUAM includendovi addestramento militare.

Il Parlamento, ancora, ha sostenuto nel documento il rafforzamento della missione di assistenza al confine tra l’Ucraina e la Repubblica di Moldova/Transnistria.

In base alle risorse stanziate tramite l’EPF, al momento l’attrezzatura già inviata include 5mila mitragliatrici dal Belgio, oltre a giubbotti antiproiettile, elmetti e carburanti; 1000 armi anticarro e 500 missili dalla Germania; 10000 caschi (Austria): 100 fucili, 400 missili, radar e altre attrezzature (Paesi Bassi); 5000 lanciarazzi anticarro e 5000 giubbotti antiproiettile (Svezia); 150 pistole, 5000 fucili d’assalto, 2085 fucili di altri tipi, 3200 mitragliatrici (Repubblica Ceca); 2500 fucili d’assalto, munizioni, 1500 armi anticarro (Finlandia).

foto NATO.int