Erasmus+, programma inaccessibile. Parlamento europeo: “Servono procedure eque e trasparenti”.

Che il programma Erasmus+ sia un programma sempre più inaccessibile per i destinatari finali (tralasciando le autoreferenziali campagne di comunicazione delle agenzie nazionali e della Commissione europea) è un dato di fatto noto da tempo, come ricordato dalle numerose organizzazioni giovanili (e non), sparse nel territorio europeo.

Una percezione, spesso, fuori dai radar delle richiamate agenzie nazionali, responsabili della gestione del programma nei diversi Stati Ue.

A ricordarcelo, dopo le numerose segnalazioni della Commissione Cult del Parlamento europeo (e di eurodeputati italiani) in merito alla pericolosa deriva del programma Erasmus+ e, ancora, un recente (nonché puntuale) report dell’Aula di Bruxelles circa l’accesso alla cosiddetta “buona pratica” europea, è stata l’ultima nota piccata redatta da un nutrito gruppo di eurodeputati che, senza tanti giri di parole, hanno chiesto alla Commissione europea di correre ai ripari e di procedere affinché vengano “concordate procedure eque, legali e trasparenti per garantire che gli studenti, gli insegnanti e i ricercatori ungheresi possano beneficiare pienamente del programma Erasmus+ e contribuire ai più ampi obiettivi di cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della ricerca”.

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Richiesta, come facilmente desumibile dal contenuto delle osservazioni della Commissione Cult, estendibile anche ai tanti giovani (e non) residenti nei diversi Paesi dell’Unione europea.

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Istituzione, guardando anche all’inaccessibilità certificata al programma Erasmus+, ormai da considerarsi più come un agglomerato indistinto di Stati membri, piuttosto che come una entità internazionale matura.

Una patria sovrannazionale di burocrati, infine, dove la mancanza di senso critico e di scarsa capacità di comprendere l’innovazione nel campo della gioventù e, in generale, dell’educazione e formazione, è ormai largamente diffusa.