Abodi al Consiglio UE della gioventù: “Rafforzare presenza giovani”.

Sostenere la partecipazione dei giovani nella società e politica. Questo in sintesi il messaggio inserito nelle conclusioni approvate dal Consiglio dell’UE dei ministri della Gioventù ieri a Bruxelles. Parere condiviso anche dal ministro per lo Sport e le Politiche giovanili, Andre Abodi: “E’ importante rafforzare gli strumenti di partecipazione dei giovani alla vita politica e sociale, a livello locale, nazionale ed europeo. Il Governo italiano guarderà con un approccio multidisciplinare, con particolare attenzione da dedicare al rapporto tra giovani e famiglia e natalità, al diritto alla casa e all’accesso al credito, alla formazione e al lavoro. Temi di fondamentale importanza nell’impegno quotidiano per il miglioramento della qualità della vita delle persone, di tutte le generazioni, e delle comunità”.

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Un intervento, alla luce dello scarso spazio riservato ai giovani, come confermato nell’audizione sulle linee programmatiche presentate dallo stesso responsabile di governo per le politiche giovanili, per certi versi distonante.

Poco innovativa, inoltre, anche la conferma sulle iniziative da sostenere, a partire dalla costituzione del Tavolo interistituzionale, dove continua a mancare il coinvolgimento dal basso delle organizzazioni giovanili. Spazio, come sempre, alle organizzazioni “consultive” per i giovani, che negli ultimi anni hanno espresso uno scarso tenore critico verso le deprimenti politiche governative per i giovani, e ai portali informativi “dove tutto splende” e dove il supporto all’accessibilità per i complicati programmi europei per i giovani, risulta decisamente da rivedere.

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Spazi, ancora, dove difficilmente “i giovani potranno trovare spunti per la propria formazione e per avvicinarsi alle politiche pubbliche in modo sostanziale”, come indicato nel corso del meeting dei ministri per le politiche giovanili dell’UE.

Si continua, quindi, seppur in buona fede, a puntare su interlocutori autoreferenziali e a non voler procedere verso alcuna autocritica istituzionale. Il paradigma italiano per le politiche giovanili, concludendo, non ne gioverà.

foto Fabrizio Colaizzi