Simulazioni biomolecolari e urgent computing: La sfida italiana al Covid-19

I vaccini sono un’arma efficace ma la loro caratterizzazione e commercializzazione richiede tempi lunghi rispetto alla velocità di diffusione del COronaVIrus Disease 19 (Covid-19). Per questo è di cruciale importanza individuare molecole che possano interferire con il virus per rallentare la sua diffusione in attesa di un vaccino.

Vi è evidenza scientifica che i due coronavirus, SARS-Cov1 (che provocò l’epidemia del 2002) e SARS-Cov2 (responsabile dell’epidemia COVID-19), pur essendo relativamente diversi, e quindi probabilmente non neutralizzabili con uno stesso vaccino, utilizzino lo stesso recettore cellulare per penetrare nelle cellule dell’ospite, la proteina Angiotensin-converting enzyme 2 gene (ACE2). Ovvero, il virus entra nella cellula, iniziando il meccanismo riproduttivo, grazie all’interazione di una proteina virale (Spike) che si trova sulla sua superficie, con ACE2, una proteina che si trova normalmente nelle cellule umane dell’endotelio polmonare. La possibilità di bersagliare il recettore cellulare ACE2, piuttosto che la proteina virale, consente il vantaggio di colpire un componente essenziale al processo di infezione virale che non può mutare, riducendo quindi il rischio di incorrere in eventi di farmaco-resistenza.

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“Appena ci è stato chiaro l’inizio dell’emergenza sanitaria e i meccanismi legati alla replicazione del virus,  abbiamo subito deciso di rivolgere i nostri sforzi allo studio del percorso di ripiegamento della proteina ACE2, dedicando allo scopo la totalità delle risorse umane e computazionali del team di ricerca” commenta Lidia Pieri, amministratore delegato di Sibylla Biotech”.

 “Renderemo noti – a proseguito Lidia Pieri – i risultati della ricerca alla comunità scientifica internazionale affinché possano essere utilizzati subito da chiunque abbia i mezzi per farlo, sia in ambito accademico che industriale”.

“Abbiamo messo a disposizione di Sibylla Biotech tutta la nostra esperienza nel gestire grandi potenze di calcolo e complessi codici numerici sia di simulazione sia di analisi dati, quella, per intenderci, che ci ha permesso di scoprire nel 2012 il Bosone di Higgs” commenta Gaetano Maron, direttore del CNAF. “Con grande rapidità abbiamo “distratto” circa 30.000 unità di calcolo dall’analisi dati degli esperimenti di LHC riorientandole verso le simulazioni della proteina ACE2.

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