Istat. Il rapporto di competitività 2020

L’epidemia Covid-19, che in questi mesi ha rapidamente assunto dimensioni mondiali, è intervenuta in un momento in cui in Italia la fase di ripresa ciclica perdeva vigore, anche a causa del susseguirsi di una serie di eventi geopolitici (Brexit, dazi statunitensi) e congiunturali (rallentamento della domanda tedesca) che, a partire dalla seconda metà del 2018, hanno generato crescente incertezza nello scenario internazionale.

L’area dell’euro ha risentito del rallentamento del ciclo statunitense e cinese, accentuato anche dalla guerra tariffaria tra i due paesi. All’interno dell’area della moneta comune, le dinamiche eterogenee dell’attività nelle principali economie hanno determinato movimenti opposti nei differenziali di crescita dell’Italia: una riduzione nei confronti della Germania (a causa soprattutto della brusca frenata dell’economia tedesca) e un ampliamento nei confronti di Francia e Spagna.

Sulla posizione competitiva del nostro Paese ha influito, nella prima parte del 2019, un andamento del costo del lavoro più vivace rispetto ai tre partner europei (in particolare per la componente degli oneri sociali). D’altro canto, la dinamica delle esportazioni in valore, seppure in forte rallentamento, è stata più brillante di quella di Germania e Spagna, e i beni italiani hanno aumentato le proprie quote di mercato in Francia, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera e Stati Uniti mentre le hanno fortemente ridotte in Germania e in Spagna.

ConvegnoItalia e Germania, i cui sistemi produttivi sono strettamente interconnessi, fronteggiano entrambe difficoltà sui mercati internazionali, ma con strategie diverse dovute anche al differente ruolo ricoperto dalle rispettive imprese nelle catene globali del valore (più a monte le italiane, più a valle le tedesche). Nel 2019, le imprese italiane hanno reagito al rallentamento globale concentrandosi sui mercati dove sono più presenti, difendendo o allargando le proprie quote; quelle tedesche si sono invece orientate alla ricerca di nuovi prodotti e mercati.

LEGGI ANCHE:  Allarme imprese a Nùoro, Roberto Deriu: "Intervenire per evitare la distruzione del sistema economico".

Secondo l’Indicatore sintetico di competitività (ISCo) alimentari e bevande, abbigliamento, elettronica evidenziano un miglioramento competitivo rispetto alla media della manifattura sia nel 2018, sia nel 2019. All’opposto, tra i settori per i quali peggiora ulteriormente la condizione di relativa difficoltà competitiva si segnalano le attività del tessile, della gomma e del legno.

Dalle indagini qualitative condotte sulle imprese manifatturiere si conferma come nel corso del 2019 le imprese abbiano fronteggiato una situazione di stagnazione della domanda. Tuttavia, nonostante il rallentamento dell’attività, le dotazioni di capitale e di lavoro hanno mantenuto una tendenza nel complesso favorevole, con una dinamica di poco inferiore a quella del 2018. La Brexit e gli effetti dei dazi statunitensi sono percepiti come rischi di una certa rilevanza; ancor più marcata è l’incidenza negativa attribuita al rallentamento della domanda tedesca.

L’esposizione verso questi mercati è peraltro elevata: nel 2019, questi quattro paesi hanno rappresentato oltre il 50% dell’export del comparto delle bevande, oltre il 45% degli altri mezzi di trasporto, il 39% per gli autoveicoli e oltre un terzo per l’export di prodotti farmaceutici e dei mobili. Molto più limitata è la rilevanza della Cina: nel 2019 in nessun comparto le vendite verso tale paese hanno rappresentato più del 5% del totale.

LEGGI ANCHE:  Cadono pezzi dal soffitto della mensa universitaria, Roberto Deriu: "Strutture sempre più fatiscenti e pericolanti".

I risultati del Censimento permanente sulle imprese mostrano come gli shock negativi del 2019-2020 siano intervenuti in un momento in cui andava diffondendosi un orientamento verso l’espansione delle attività e l’ammodernamento tecnologico e produttivo i cui frutti, tuttavia, dovevano ancora manifestarsi pienamente. Le imprese con almeno 10 addetti puntavano sulla qualità del prodotto e del personale e ritenevano la propria competitività almeno pari a quella dei concorrenti, ma il mercato di riferimento era per lo più di dimensioni locali o nazionali, e la diffusione dell’internazionalizzazione produttiva (investimenti diretti esteri o accordi di collaborazione) ancora decisamente esigua.

ImpreseUna stima microfondata della reattività strutturale del sistema produttivo al ciclo dei 10 paesi partner evidenzia una maggiore sensibilità delle imprese alla domanda proveniente da Belgio, Svizzera e Francia, e una minore reattività nei confronti della Germania (a causa soprattutto dell’elevata volatilità della crescita tedesca nell’ultimo decennio). Gli effetti diretti (dovuti ai legami commerciali tra i paesi) hanno un peso maggiore rispetto a quelli indiretti (legati alle transazioni intersettoriali). Questi ultimi si propagano attraverso imprese di settori a trasmissione gerarchica (cioè lenta ma su scala estesa) e selettiva (cioè veloce ma con estensione limitata).

LEGGI ANCHE:  Cagliari. Truzzu riceve Francesco Samengo presidente UNICEF Italia.

La reattività alla domanda estera ha anche connotazioni territoriali. Nel 2019 le esportazioni sono diminuite nelle regioni del Nord-ovest e del Mezzogiorno, hanno rallentato la crescita in quelle del Nord-est mentre hanno segnato una marcata ripresa nelle regioni del Centro. L’indebolimento del ciclo tedesco sembra avere avuto un effetto molto diffuso, poiché la Germania è il primo partner commerciale per dodici regioni italiane su venti.

Il legame tra le regioni italiane e il ciclo internazionale dipende anche dal modo in cui le imprese più e meno reattive si distribuiscono nelle diverse aree del paese; in particolare, è possibile che unità locali di imprese altamente reattive tendano ad aggregarsi sul territorio, creando “aree di esposizione” strutturale agli shock esogeni. Un approfondimento a partire dai sistemi locali del lavoro (Sll) ha rilevato aree di questo tipo in una fascia estesa lungo la zona padana, nel territorio emiliano, in una zona all’intersezione tra Toscana, Romagna, Umbria e Marche. Nel Mezzogiorno, aree di questo tipo, molto più circoscritte, interessano la sponda adriatica abruzzese, la Calabria e le aree interne di Campania e Basilicata. Tuttavia, nella maggior parte del territorio nazionale non vi sono aree di questo tipo, e l’eventuale presenza di imprese altamente reattive non ne estende l’influenza ai territori contigui.

Foto Sardegnagol, riproduzione riservata.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.