Infermieri emigrati, Nursing Up: “Ogni anno 500 professionisti lasciano il Paese”.

Oscillerebbe tra 300 e 500 il numero di professionisti sanitari emigrati ogni anno dall’Italia verso la Germania. Lo ha ricordato una recente inchiesta del sindacato Nursing Up, secondo il quale dal 2013, circa 4mila infermieri sarebbero approdati in città come Stoccarda, Berlino e Monaco.

“Ogni anno la sanità di casa nostra “perde letteralmente i pezzi” e, negli ultimi 10 anni, ben 4mila infermieri italiani hanno trovato lavoro nel sistema sanitario pubblico tedesco. Oltre il 70% opera stabilmente in Germania. In particolare – spiegano da Nursing Up – tra il 2021 e il 2022, una media tra i 300 e i 500 infermieri italiani all’anno, ha scelto la Germania per costruirsi un percorso professionale che, visti i contenuti che vi stiamo per raccontare, è davvero lontano anni luce da quello italiano”.

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“I responsabili di Germitalia – ha aggiunto Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up – ci hanno raccontato per filo e per segno come vive oggi un giovane professionista italiano assunto da una sanità pubblica tedesca , che presenta una carenza di infermieri che nel 2035 potrebbe superare le 200mila unità. Altri Paesi europei come noi, quindi, vivono la piaga della carenza di personale, con l’unica grande differenza che gli ospedali tedeschi sono perle di organizzazione e di rinnovamento strutturale e che gli stipendi degli infermieri sono ben altra cosa rispetto ai nostri”.

Un sistema sanitario dove nulla viene lasciato al caso, garantiscono da Nursing Up: “Dopo aver superato la selezione di assunzione l’infermiere italiano viene proiettato in percorsi di full immersion linguistici che durano 4-5 mesi. Prima di tutto il professionista deve arrivare a una conoscenza reale del tedesco, con un livello base di tedesco definito b1, indispensabile per lavorare. Solo così il professionista potrà iniziare a stare a contatto con i pazienti, ma sia chiaro quasi tutti ce la fanno, perché vengono messi nella condizione di farlo con corsi intensivi di 8 ore al giorno.  Raggiunto poi il livello linguistico successivo, il B2, si ottiene uno stipendio base di 2300 euro netti, escluse premialità e straordinari. In regioni come il Baden-Wurttemberg, intorno alla capitale Stoccarda, ci dicono da Germitalia, si contano circa 15 grandi ospedali con enorme presenza di infermieri italiani. Il costo della vita non è altissimo, non certo più alto di città come Milano o Roma.I contratti di assunzione sono gestiti direttamente dalle aziende sanitarie tedesche, che mettono a disposizione anche monolocali convenzionati, arredati di tutto, a 500 euro mensili comprensivi di utenze”.

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Condizioni di vita da Stato civile, quindi, lontane dalla qualità di vita disagiata del “Bel Paese”, dimenticatosi, da diversi lustri, dei giovani e della loro inclusione sociale e lavorativa. “Ci pare evidente – osserva De Palma – che esiste oggi un abisso di differenza con quanto accade in Italia, come ad esempio di recente in Lombardia, dove nelle province di Varese e Como sono arrivati giovani infermieri sudamericani. Ci risulta che la maggior parte di essi siano totalmente a digiuno di italiano ma che presto cominceranno già a lavorare, e che non esisterebbe un programma ufficiale di formazione linguistica previsto dalla Regione”. Italia, insomma, Paese sempre più disorganizzato e senza prospettiva.

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