L’indagine della Banca d’Italia sulle aspettative di inflazione e crescita.

Secondo l’indagine condotta dalla Banca d’Italia tra il 25 agosto e il 15 settembre 2022 presso le imprese italiane dell’industria e dei servizi con almeno 50 addetti, nel terzo trimestre sono ulteriormente peggiorati i giudizi sulla situazione economica generale.

Il pessimismo delle imprese sulle proprie condizioni operative nei prossimi tre mesi si è acuito, continuando a riflettere principalmente l’incertezza imputabile a fattori economici e politici e l’andamento dei prezzi delle materie prime.

Per quasi un terzo delle aziende, le difficoltà legate al costo dell’energia sono state maggiori che nel trimestre precedente. L’impulso della domanda, che aveva sostenuto l’attività negli ultimi trimestri, è venuto meno e le attese delle imprese non ne prefigurano una ripresa nei prossimi mesi.

Al peggioramento dei giudizi sulle condizioni per investire si è associata una moderata revisione al ribasso dei
piani di investimento per il 2022 da parte delle imprese industriali in senso stretto e dei servizi, che tuttavia
continuerebbero ad accrescere la spesa. L’espansione dell’occupazione proseguirebbe, sebbene a ritmi più
contenuti.

Le attese sull’inflazione al consumo sono ulteriormente aumentate, superando il 6 per cento sui 12 mesi e
attestandosi su valori intorno al 5 per cento anche sugli orizzonti più distanti (a 2 anni e tra 3 e 5 anni). Anche la
dinamica dei prezzi praticati dalle imprese si è rafforzata e rimarrebbe sostenuta nei prossimi 12 mesi, sospinta dai rincari degli input produttivi e dalle più elevate attese di inflazione.

Nel terzo trimestre la quota di imprese che ritengono che la situazione economica generale sia peggiorata rispetto al trimestre precedente è aumentata di 14 punti percentuali, al 77,9 per cento; solo l’1,6 per cento ne riscontra un miglioramento (4,7 nella precedente rilevazione). Secondo oltre il 90 per cento delle imprese, la probabilità di un miglioramento del quadro economico generale non supererebbe il 25 per cento (sarebbe nulla per circa il 60 per cento).

Le imprese sono divenute più pessimiste anche riguardo alle proprie condizioni operative nei prossimi tre mesi: il saldo negativo fra le attese di miglioramento e di peggioramento si è ampliato a 49,2 punti percentuali da 19,6 nella precedente rilevazione. Il risultato riflette sia il deciso aumento della percentuale dei giudizi di deterioramento (52,8 per cento, da 30) sia la diminuzione per quelli di miglioramento (3,6 per cento, da 10,4).

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Tra gli ostacoli alla crescita dell’attività produttiva, continuerebbero a prevalere l’incertezza imputabile a fattori economici e politici e gli elevati prezzi delle materie prime energetiche; entrambi questi fattori avrebbero un impatto molto negativo per oltre un quarto delle imprese. Pur rimanendo inferiori al 10 per cento, sono anche aumentate le quote di aziende che prevedono un effetto fortemente negativo della domanda o delle condizioni di accesso al credito. Il saldo delle attese a tre anni sulle proprie condizioni operative è decisamente peggiorato, raggiungendo livelli storicamente bassi (a 11,7 punti percentuali da 30,4 nella precedente rilevazione).

Per il 31,2 per cento delle imprese le difficoltà legate al costo dell’energia si sono accresciute rispetto al trimestre precedente (la quota era pari al 17,7 per cento nella rilevazione di tre mesi prima). Il quadro è particolarmente sfavorevole per le aziende edili, tra le quali il 73 per cento ha riscontrato difficoltà analoghe o superiori rispetto al trimestre precedente (da 68,1), a fronte del 65,2 tra quelle dell’industria in senso stretto (da 56,9) e del 43,7 nei servizi (da 35,4). Per effetto degli elevati costi energetici, oltre due terzi delle imprese prevedono di aumentare i propri prezzi di vendita nei prossimi tre mesi; il rialzo sarà marcato rispettivamente per il 26,5, il 14,9 e il 20,5 per cento delle imprese dell’industria in senso stretto, dei servizi e delle costruzioni (da 14,4, 9,8 e 14,4 nella rilevazione precedente).

Come nello scorso trimestre, i problemi di approvvigionamento di materie prime e di input intermedi hanno interessato circa il 60 per cento delle aziende dell’industria in senso stretto e dei servizi e circa l’85 per cento di quelle delle costruzioni.

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Per le imprese industriali e dei servizi, il saldo tra i giudizi di miglioramento e peggioramento della domanda complessiva nel terzo trimestre è tornato negativo per la prima volta da inizi 2021, a -3,7 punti percentuali (da 17,6). La riduzione è stata particolarmente marcata nel Nord Est e nel Mezzogiorno (-12,7 e -8,9, entrambi da circa 17). Anche la componente estera avrebbe perso slancio nel terzo trimestre: il saldo percentuale tra giudizi di aumento e diminuzione è divenuto nullo (da 19,3). Le imprese non prefigurano un miglioramento delle vendite nel quarto trimestre: la quota di chi prevede una diminuzione supera quella di chi si aspetta un aumento di 4,8 punti percentuali per la domanda totale e di 0,7 punti per la componente estera. Nel settore delle costruzioni sono rimasti invece positivi sia il saldo sull’andamento della domanda corrente (8,4) sia quello sulla domanda attesa (15,0), sebbene entrambi si siano notevolmente ridotti rispetto alla precedente rilevazione (20,4 e 25,7).

Il saldo tra giudizi di miglioramento e peggioramento delle condizioni per investire, già ampiamente negativo dal primo trimestre dell’anno in corso, si è ulteriormente ridotto, attestandosi a -60,0 punti percentuali (da -40,9 nello scorso trimestre), tornando sul livello minimo di inizi 2020, nella prima fase della pandemia. Per le imprese dell’industria in senso stretto e dei servizi si registra una revisione al ribasso dei propri piani di accumulazione di capitale: il saldo tra chi si attende un aumento oppure una riduzione della spesa per investimenti fissi nel 2022, pur rimanendo positivo, è sceso di circa 6 punti percentuali (a 13,7); la flessione risulta più marcata per le imprese del Nord Est (a 12 punti da 24) e per quelle del Mezzogiorno (a 2,5 da 17,8).

Nel settore delle costruzioni il saldo è invece aumentato (a 18,4 da 14,8), per effetto dei giudizi delle imprese che operano principalmente nell’edilizia non residenziale.

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Le condizioni di accesso al credito sono peggiorate per il 21 per cento delle imprese (da 12,7); le considera
migliori solo il 2 per cento (da 2,9). La posizione complessiva di liquidità sarebbe sufficiente per l’87,9 per
cento delle imprese, un valore solo lievemente inferiore a quello della precedente rilevazione.

Le prospettive dell’occupazione nel quarto trimestre rimangono nel complesso favorevoli. La quota di imprese dell’industria in senso stretto e dei servizi che prevedono di espandere il numero di addetti è risultata superiore di 5,6 punti percentuali a quella di chi ne prevede una riduzione, un divario più contenuto rispetto
alla rilevazione precedente (15,7). Le attese sono più favorevoli nel comparto delle costruzioni, dove il saldo è aumentato lievemente a 11,7 punti percentuali (10,8).

Le aspettative sull’inflazione al consumo sono cresciute in misura marcata sui diversi orizzonti di previsione, raggiungendo in tutti i comparti i livelli massimi dall’inizio della rilevazione nel 1999. Il tasso di inflazione attesa si attesta, in media, al 7,5 per cento tra sei mesi (da 6,4 nella precedente rilevazione), a 6,9 tra 12 mesi (da 5,6), a 5,7 tra 2 anni (da 4,8) e a 4,9 su un orizzonte compreso tra i 3 e i 5 anni (da 4,3).

Il rialzo dei prezzi di vendita si è rafforzato: i listini sono stati rivisti, rispetto a un anno prima, del 9,3 per cento nell’industria in senso stretto (da 7,8 nella precedente rilevazione), del 3,0 nei servizi (da 2,5) e del 6,8 nelle costruzioni (da 5,9). La crescita dei prezzi praticati dalle aziende prevista per i prossimi 12 mesi rimarrebbe sostenuta, su valori pari a 6,1, 3,7 e 6,5 per cento rispettivamente nei tre settori. All’ulteriore aumento dei prezzi di vendita contribuirebbero principalmente gli andamenti attesi dei corsi delle materie prime, del costo degli input intermedi e dell’inflazione generale.

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