Il Parlamento dice sì al divieto di commercializzazione dei prodotti realizzati tramite lavoro forzato.

Il Parlamento europeo ha approvato in via defintiva un nuovo regolamento che vieta la vendita, l’importazione e l’esportazione di beni realizzati con il lavoro forzato. Prodotti, secondo il regolamento (approvato con 555 voti favorevoli, 6 contrati e 45 astensioni), che potranno essere riammessi sul mercato solo se gli abusi verso i lavoratori saranno eliminati dalla catena di approvvigionamento.

Se si ritiene che un prodotto sia stato realizzato utilizzando il lavoro forzato, non sarà più possibile venderlo sul mercato europeo (anche online) e le spedizioni saranno intercettate alle frontiere dell’UE.

L’apertura delle indagini si baserà su informazioni fattuali e verificabili che possono essere ricevute, ad esempio, da organizzazioni internazionali, autorità che hanno collaborato e informatori. Saranno presi in considerazione diversi fattori di rischio e criteri, tra cui la prevalenza del lavoro forzato imposto da uno Stato in determinati settori economici e aree geografiche.

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I produttori di merci vietate dovranno ritirare i loro prodotti dal mercato unico dell’UE e donarli, riciclarli o distruggerli. Le società non conformi potrebbero essere multate. Le merci potranno essere rimesse sul mercato una volta che l’impresa eliminerà il lavoro forzato dalle sue catene di approvvigionamento.

Per la relatrice della commissione per il commercio internazionale Samira Rafaela si tratta di una “giornata storica”. “Abbiamo adottato un atto legislativo innovativo per combattere il lavoro forzato in tutto il mondo e trasforma le politiche commerciali verso un futuro più verde ed equo”.

“L’Europa – ha aggiunto la relatrice della commissione per il mercato interno, Maria-Manuel Leitão-Marques -, non può esportare i suoi valori mentre importa prodotti realizzati con il lavoro forzato. Il fatto che l’UE abbia finalmente una legge per vietare questi prodotti è uno dei più grandi risultati di questo mandato e una vittoria per le forze progressiste”.

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Il testo deve ora ottenere l’approvazione formale da parte del Consiglio, e sarà poi pubblicato nella Gazzetta ufficiale. Entrerà in vigore nei Paesi dell’UE tra tre anni.

Notizia commentata in serata dalla Coldiretti per la quale “il divieto di accesso ai prodotti ottenuti dallo sfruttamento del lavoro forzato risponde alle richieste dell’83% degli italiani che chiede di fermare l’invasione di cibo straniero senza regole”.

“Ora – chiedono dalla Coldiretti – deve essere esteso a tutti gli alimenti in commercio nella Ue che non rispettano le stesse regole in fatto di tutela dell’ambiente e della sicurezza dei consumatori, affermando il principio di reciprocità”.

Dal concentrato di pomodoro cinese al riso indiano, dai gamberetti thailandesi ai peperoncini dal Messico o il riso dal Mali, fino ad arrivare alle castagne dal Perù, al pesce dalla Thailandia, dall’Indonesia e dalla Cina. Sono diversi i cibi che entrano nel nostro Paese su cui grava l’accusa di essere ottenuti dall’utilizzo del lavoro forzato e che finiscono magari per essere spacciati per italiani sfruttando il concetto di ultima trasformazione sostanziale per gli alimenti, quello che tecnicamente si chiama codice doganale. Un inganno contro il quale Coldiretti è scesa in campo con la grande mobilitazione #nofakeinitaly per cambiare le regole e far approvare una legge europea di iniziativa popolare per l’estensione dell’obbligo dell’indicazione in etichetta su tutti i prodotti alimentari in commercio nella Ue.

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