Nuove risorse (e scarso impatto) per il contrasto alla disinformazione su genere, elezioni e guerra.
Oggi la Commissione ha lanciato un invito a presentare proposte di progetto per contrastare la disinformazione sulla guerra in Ucraina (ricordiamo però chi ha operato la prima censura dei canali di informazione in Europa), le elezioni e la comunità LGBTQ+ diffuse online e offline.
Un budget pari a 1,2 milioni di euro, come reca la “velina” dell’Esecutivo von der Leyen, “per aiutare a capire meglio come si forma e si diffonde la disinformazione, come modella le menti delle persone e il suo impatto sulla vita reale”.
Basterebbe guardare ai milioni di euro erogati per sostenere i big player dell’informazione attraverso el numerose call dell’Ue a discapito dei piccoli editori per capire dove si vuole arrivare dalle parti di Bruxelles quando si parla di “contrasto alla disinformazione”, ovvero, nè più nè meno, sostenere una narrazione per nulla critica, nonché utile a facilitare la dinamica dell’omologazione all’interno dell’opinione pubblica.
I progetti selezionati, proegue la nota della Commissione Ue, “dovrebbero anche proporre strategie e misure per sostenere le narrazioni positive e contrastare le narrazioni false e dannose”. Sicuri che con 1,2 milioni di euro si potrà raggiungere un risultato così ambizioso? Oppure, come spesso capita, sarà anche questa l’ennesima iniziativa di “infowashing” (inauguriamo oggi un nuovo neologismo) e senza impatto sostenuta dall’Ue nel campo del contrasto alla disinformazione?
Al momento non è dato saperlo, bisognerà attendere la scadenza per la presentazione delle domande, fissata al 22 settembre 2023, per dare un’occhiata ai nomi dei beneficiari delle sovvenzioni. Per ora, però, si può fare qualche considerazione in merito all’autoreferenzialità dell’iniziativa, vista l’ammissibilità anche delle proposte da parte di Università e autorità pubbliche.
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