UGL: “Un italiano su tre preoccupato per lo sfruttamento delle specie marine”.

Analizzare il rapporto tra gli italiani e il mondo della pesca, con particolare attenzione alla sostenibilità, salubrità, informazione e disinformazione. È questo l’obiettivo della ricerca promossa dall’UGL Agroalimentare, realizzata attraverso 1.550 interviste telefoniche e via web tra la fine di settembre e i primi giorni di ottobre 2022 dall’Istituto demoscopico Lab21.01.

Dallo studio si evince come la pesca praticata a livello locale sia il metodo che gli italiani preferiscono, collegandola ai concetti di sostenibilità e salubrità. È buona, inoltre, la conoscenza degli strumenti che dovrebbero essere utilizzati per salvaguardare l’habitat naturale e il fondale marino, ma sul settore ittico serve una maggiore informazione, più chiara e attendibile.

Dal rapporto che gli italiani hanno con il mondo della pesca emergono diverse preoccupazioni: il sovra-sfruttamento di alcune specie marine (29,6%), la distruzione dell’ecosistema marino (22,9%). L’inquinamento dovuto ai pescherecci (33,8%), la pesca a strascico (29,5%) e la distruzione dei fondali (27,6%) sono i rischi più alti che mettono a repentaglio l’ambiente marino. Solo 2 italiani su 10 sono a conoscenza dell’esistenza dell’Agenzia europea per il controllo della pesca, mentre sulla differenza tra pesca industriale e pesca locale il 63,4% distingue le due tipologie, con la pesca locale che viene individuata dall’88,6% degli italiani come quella più vicina al concetto di sostenibilità.

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Secondo la ricerca UGL, gli elementi principali che per gli italiani definiscono la salubrità del pesce sono la provenienza (28,3%), la conservazione (26,4%) e il modo in cui si pesca (24,7%). Il 55,8% degli intervistati conosce il termine pesca sostenibile. Il 30,1% degli italiani, quando va a fare la spesa, conosce la stagionalità del prodotto ittico acquistato, ma 3 su 10 si affidano a chi è preposto alla vendita. Per 8 italiani su 10, poi, è importante che i prodotti ittici consumati/acquistati non appartengano a specie sfruttate, siano pescati con metodi artigianali (72,4%) e provengano dal suo Paese in modo da evitare lunghi percorsi di trasporto (59,3%).
Solo il 14% degli intervistati dichiara di ricevere comunicazioni sufficienti sui prodotti ittici, il 19,3% si ritiene informato in parte, il 66,7% non ne riceve in maniera sufficiente. Per il 50,3% occorrono maggiori informazioni nei supermercati e nei punti vendita. Televisione e internet sono i canali sui quali arrivano più notizie, aggiornamenti e informazioni sul mondo della pesca (28,6% Tv e 28,4% web). Le fonti di informazioni più attendibili sono i siti istituzionali (94,8%) e le riviste di settore (89,1%). Crolla, invece, la fiducia nell’affidabilità dei social network (11,3%).

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Per Riccardo Rigillo, Direttore Generale della pesca marittima e dell’acquacoltura al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, “l’appuntamento di oggi certifica come per gran parte degli italiani l’importanza di una pesca sostenibile e tutelata sia ricercata e rappresenti, nel consumo responsabile e di prossimità, una promozione costante verso corretti stili di vita. La Direzione Pesca è da sempre impegnata sia nel favorire iniziative di promozione rivolte ai cittadini sia nel garantire alle marinerie italiane politiche di sostegno che siano in linea con le loro esigenze e che si sviluppino nel solco delle politiche nazionali ed europee”.

“Il dato principale che balza agli occhi di tutti è il fatto che il consumatore non ha una conoscenza perfetta in merito alla certificazione della provenienza dei prodotti ittici. L’altro grande problema è che il consumo medio di pesce sia cresciuto – ha aggiunto Paolo Mattei, Segretario Nazionale UGL Agroalimentare -. Vi è, dunque, una maggior richiesta della risorsa ittica che non riusciamo a soddisfare. Il pesce allevato in Italia, inoltre, ha una certificazione della qualità più elevata rispetto ad altri Paesi, un aspetto che occorre valorizzare. Attualmente, l’aumento del costo dell’energia è diventato insostenibile, pertanto è necessario un contributo dello Stato a tutela del settore”.

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“Esistono diversi nodi irrisolti che minano la sopravvivenza e lo sviluppo del settore ittico in Italia” spiega Carla Ciocci, Segretario Nazionale UGL Pesca. “Tra le urgenze ci sono il problema del caro gasolio e, più in generale, quello delle materie prime, che rischiano di compromettere l’occupazione e di danneggiare l’intera filiera. Inoltre, va posta attenzione ai temi dell’invecchiamento della flotta e alle difficoltà di un suo ammodernamento. Occorre promuovere più formazione dei lavoratori del comparto, per accompagnare la transizione richiesta al settore in termini di sostenibilità ambientale, economica e sociale. La pesca va inserita tra le priorità dell’agenda politica del Governo”.