UE, fondi e Stato di diritto: la Commissione respinge accuse di strumentalizzazione politica.
La Commissione europea difende l’imparzialità del meccanismo di condizionalità legato al rispetto dello Stato di diritto, rigettando le accuse di abuso politico e di invasione delle competenze nazionali. La replica arriva in risposta a un’interrogazione parlamentare firmata da un ampio gruppo di eurodeputati del gruppo Patrioti per l’Europa (PfE), con il supporto di membri dell’ECR e di ESN, che sollevano dubbi sull’equilibrio istituzionale e sulla legittimità di alcune recenti azioni della Commissione.
Secondo i firmatari, il meccanismo – in vigore dal 1° gennaio 2021 – verrebbe applicato in modo distorto, penalizzando in particolare governi come quelli di Polonia e Ungheria, spesso in contrasto con la linea di Bruxelles. “La Commissione – si legge nell’interrogazione -, eccede le proprie competenze, minando la sovranità degli Stati membri e violando il principio di sussidiarietà, soprattutto nel momento in cui valuta di distribuire direttamente i fondi europei ai beneficiari finali, bypassando le autorità nazionali”.
A nome della Commissione, il commissario europeo Piotr Serafin ha risposto sottolineando che il regolamento sulla condizionalità non rappresenta uno strumento sanzionatorio per divergenze politiche, ma serve esclusivamente a “proteggere il bilancio dell’UE da rischi legati a violazioni dello Stato di diritto che possano compromettere l’uso corretto dei fondi europei”.
“La procedura – conclude Serafin – si basa su criteri oggettivi e garantisce pienamente i diritti procedurali degli Stati membri, che possono presentare osservazioni e richiedere, in caso di gravi violazioni di equità, il rinvio della questione al Consiglio europeo. Le misure devono inoltre essere approvate dal Consiglio a maggioranza qualificata e possono essere sottoposte al vaglio della Corte di Giustizia dell’UE, a garanzia del pieno rispetto dei trattati”.