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Todde parla di “empatia” per i migranti: nel frattempo i giovani sardi continuano a emigrare.

Alla prima Conferenza Regionale sull’immigrazione, andata in scena al Museo Archeologico di Olbia, la presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde ha fatto leva sul “cuore sardo” (quanto siamo cringe nell’Isola), evocando l’orgoglio di un popolo che ha nella migrazione parte della sua storia. “Noi sardi siamo un popolo di migranti”, ha detto dal palco, citando i vari Gramsci, Deledda e Ledda, e ricordando la sua “personale esperienza” all’estero come emblema di un’identità aperta, mobile ed empatica.

Parole certamente nobili. Ma resta da chiedersi se davvero la maggioranza Todde sia a conoscenza del dramma dell’emigrazione regionale, dato che, in assenza di politiche “disruptive” e di minime capacità di governo, si continua a incentivare e rendere strutturale quella dei giovani sardi, spinti a lasciare l’isola per mancanza di alternative.

Mentre a Olbia si celebrava il principio dell’inclusione e si annunciavano osservatori contro lo sfruttamento dei lavoratori stranieri (iniziative certamente lodevoli), la Sardegna continua ad assistere a una fuga silenziosa ma costante dei suoi – volendo restare nel perimetro del discorso polveroso del provincialotto sardo – figli. Giovani, giovani adulti, neolaureati e professionisti che abbandonano l’isola per costruire altrove il futuro che qui non viene loro garantito. A voglia a scassare la benemerita con l’Einstein Telescope e i pochi “mirabolanti progetti” del cantiere politico di “Ale e soci”.

Un assioma che non può non mettere d’accordo i pochi ancora informati e dotati di senso critico, in un’isola dove la politica regionale è più ripiegata su sé stessa e si fa promotrice di interventi di piccolo cabotaggio (pompati “con poca arte” dai rispettivi uffici comunicazione), di iniziative riciclate da esperienze legislative altrui, confermando non solo la scarsa capacità di innovare ma anche la mancanza di competenze di governo. Nei 15 mesi trascorsi dall’insediamento della Giunta Todde, infatti, nessun provvedimento “disruptive” è stato varato per invertire la rotta dello spopolamento o rilanciare davvero lavoro e sviluppo.

E intanto, mentre i (pochi) bandi regionali restano inaccessibili, le erogazioni “puntuali” di fondi pubblici a benefit di amici e lobby di partito continuano a spuntare negli assestamenti di bilancioe manovre finanziarie come fossero voci “naturali”.

La presidente può pure parlare di “Sardegna piattaforma di pace nel Mediterraneo”, ma la pace di chi, esattamente? Di chi è dentro i giochi politici che distribuiscono incarichi e risorse?

Siamo davvero certi che l’empatia di cui parla la presidente decaduta Todde sia rivolta anche verso i giovani sardi, costretti ad emigrare non per scelta ma per necessità? O si tratta solo della solita retorica da palcoscenico, mentre sul territorio resta il vuoto?

L’isola che accoglie i migranti non dovrebbe dimenticare gli emigrati che abbandona ogni giorno ma, guardando bene questo sfigatissimo pitch regionale fatto di cecità e retorica, domani è un altro giorno per un altro comunicato autocelebrativo di “Ale e soci”.

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