Reati culturalmente orientati, ID: “Atti sempre più incoraggiati”.

Per reati culturalmente orientati si intendono quei comportamenti realizzati da un membro di una cultura etnica minoritaria, che sono considerati reato dall’ordinamento giuridico territorialmente competente, ma sono accettati, approvati o addirittura incoraggiati, dal gruppo culturale di appartenenza del soggetto agente.

“Tale fattispecie – scrivono gli eurodeputati/e del gruppo ID, Angelo Ciocca, Paola Ghidoni e Alessandra Basso – risulta in continua espansione nell’ultimo decennio all’interno degli Stati membri, in quanto il fenomeno migratorio ha portato al continuo fiorire di una società multietnica. L’appartenenza a etnie diverse può tuttavia comportare problematiche dal punto di vista dell’applicazione delle normative del diritto penale, nel caso in cui un soggetto appartenente a uno Stato straniero commetta un reato considerato illecito in uno Stato membro, ma tollerato nel Paese di origine. Basti pensare al recente caso in cui il pubblico ministero di Brescia ha richiesto l’assoluzione di un marito bengalese dai maltrattamenti verso la moglie poiché ammessi dalla sua “cultura” di origine. La motivazione culturale dell’autore, in sede giudiziaria, giustifica un aggravamento della risposta sanzionatoria nel momento in cui l’offesa viene rivolta nei confronti dei beni primari della vittima, e ciò in ragione di comportamenti puniti dall’ordinamento giuridico dello Stato membro”, concludono gli eurodeputati italiani.

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Da qui la richiesta di intervento inviata alla Commissione europea per chiarire quali iniziative saranno intraprese al fine di favorire l’adozione di una normativa omogenea all’interno degli Stati membri per disciplinare il fenomeno dei reati culturalmente orientati quale aggravante tipica del fatto di reato.

Per la Commissione europea la commissaria Elena Dalli ha ribadito che la prevenzione della violenza domestica e di genere è una priorità dell’Esecutivo von der Leyen: “l’UE ha recentemente aderito alla convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne (convenzione di Istanbul). Inoltre la Commissione ha presentato una proposta di direttiva sulla lotta alla violenza contro
le donne e alla violenza domestica, attualmente in fase di negoziazione tra i colegislatori. Nei limiti della competenza dell’UE in materia di diritto penale, di cui ad esempio all’articolo 83 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la Commissione ha proposto un numero limitato di reati ispirandosi alle basi giuridiche esistenti relative allo sfruttamento sessuale delle donne e delle ragazze e alla criminalità informatica. A tal
proposito – prosegue Dalli – l’articolo 13 della proposta di direttiva contiene un elenco di circostanze aggravanti, ivi compresa la situazione in cui il reato è commesso da una persona convivente con la vittima”.

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Al di là di questa proposta e nei limiti delle competenze dell’UE in materia, la Commissione, come confermato dalla commissaria, non intende attualmente fare della motivazione culturale un’aggravante tipica del fatto di reato a livello europeo.

“Tuttavia, come annunciato nella strategia per la parità di genere 2020-2025, si prevede di esaminare la questione della violenza perpetrata in nome dell’onore nella raccomandazione sulla prevenzione e la lotta contro le pratiche lesive a danno delle donne e delle ragazze che sarà presentata prossimamente. Tale raccomandazione dovrebbe affrontare la prevenzione, l’accesso alla giustizia, la protezione e il sostegno delle vittime, tra cui quelle che subiscono violenza in nome dell’onore”, conclude l’esponente della Commissione von der Leyen.

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