Oggi, 105 anni fa, iniziava la nostra guerra.

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In una bella giornata di maggio di 105 anni fa l’Italia entrava in guerra contro l’impero austroungarico, suo secolare nemico. Si apriva cosi una delle pagine più drammatiche e convulse della storia unitaria che avrebbe visto la morte di 650.000 soldati e cambiato per sempre il Paese. Terminata la guerra niente sarebbe più stato come prima. Il progresso e la crescita democratica dei decenni precedenti si sarebbero bruscamente interrotti e Il regno liberale nato dal risorgimento si sarebbe presto trasformato in una dittatura totalitaria.

L’ingresso in guerra dell’Italia avveniva a quasi un anno dall’inizio del conflitto mondiale e al culmine di violente turbolenze interne. Con lo scoppio delle ostilità tra i grandi imperi centrali e le potenze della triplice intesa si era formata una fazione che reclamava a gran voce la partecipazione dell’Italia al conflitto contro gli odiati austriaci. Vi erano anche coloro, specie tra i vertici delle forze armate, che sostenevano l’intervento accanto all’Austria e alla Germania delle quali l’Italia, almeno sulla carta, era ancora alleata. Si trattava tuttavia di una fazione minoritaria che non avrebbe avuto vita lunga. Ben presto, come da consuetudine, il Paese si sarebbe cosi diviso in due fazioni: interventisti e neutralisti.

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Tra i primi vi erano nazionalisti, socialisti dissidenti, anarchici, sindacalisti rivoluzionari, futuristi ed esponenti delle avanguardie artistiche guidati dal Vate Gabriele D’Annunzio e, in second’ordine, da Benito Mussolini, allora leader della sinistra interventista e direttore del quotidiano “Popolo d’Italia”. Tra i secondi figuravano la maggioranza del partito socialista, liberali, conservatori, monarchici, cattolici riuniti intorno all’“Andreotti ante litteram” Giovanni Giolitti.

Lo scontro tra i due schieramenti avvenne senza esclusioni di colpi. In gioco non c’era solo la geopolitica ma la stessa concezione della giovane nazione italiana. Per gli interventisti Giolitti e il suo schieramento incarnavano l’italietta mediocre e pantofolaia contro la quale si scagliavano nel nome del vivere pericolosamente e della promessa di un mondo nuovo. Non esistendo moderni mezzi di comunicazione di massa, all’epoca si aveva della guerra una visione confusa e idealizzata fatta di cariche eroiche accompagnate da squilli di tromba, in cui si moriva avvolti nella bandiera. Alla fine sarebbero prevalsi gli interventisti, molti di quali avrebbero pagato a costo della vita o di orrende mutilazioni la loro vittoria politica.

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In queste stesse ore nelle quali  oggi assaporiamo i primi giorni della ritrovata libertà, 105 anni fa l’esercito italiano ingaggiava i primi combattimenti con gli austroungarici al confine con la Slovenia. Si pensava che la guerra sarebbe stata intensa ma breve. Intensa lo fa ma sarebbe durata per 41 interminabili mesi durante i quali un’intera generazione sarebbe stata spazzata via. Alla fine la vittoria avrebbe arriso all’Italia che, dopo aver vinto la guerra, si rivelò però incapace di vincere il dopo guerra. Ma questa è un’altra storia che in un certo senso continua ancora.

SOLDATI DI TERRA E DI MARE!

L’ora solenne delle rivendicazioni nazionali è suonata.
Seguendo l’esempio del mio Grande Avo, assumo oggi il Comando Supremo delle forze di terra e di mare con sicura fede nella vittoria, che il vostro valore, la vostra abnegazione, la vostra disciplina sapranno conseguire.
Il nemico che vi accingete a combattere è agguerrito e degno di voi. Favorito dal terreno e dai sapienti apprestamenti dell’arte, egli vi opporrà tenace resistenza; ma il vostro indomito slancio saprà di certo superarlo.

SOLDATI!

A voi la gloria di piantare il tricolore sui termini sacri che la natura pose ai confini della Patria nostra. A voi la gloria di compiere, finalmente, l’opera con tanto eroismo iniziata dai nostri padri.
Gran Quartier Generale, 24 Maggio 1915

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