L’illogica correlazione dei dati statistici nell’Esecutivo Conte.

Non bisogna essere degli abili conoscitori dello scibile umano per ricoprire l’incarico di ministro della Repubblica Italiana, come non è necessario essere in grado di mettere in relazione dei dati statistici per essere un rappresentante delle istituzioni, come dimostra l’intervento del ministro delle Regioni e Autonomie, Francesco Boccia che, attraverso l’ufficio stampa del ministero, ha dichiarato che “le politiche di sostegno all’economia messe in campo hanno dato risultati migliori delle attese. Il +16.1% di Pil nel terzo trimestre dell’anno, dà il senso della forza e della capacità del Paese di reagire al lockdown di primavera”.

Una dichiarazione discutibile alla luce delle stime preliminari del III Trimestre 2020 pubblicate dall’ISTAT, che hanno sì registrato una crescita del 16,1% di Pil rispetto al precedente trimestre, come dichiarato dal ministro Boccia, ma, su base annua, registrano anche una contrazione del 4,7% per l’economia italiana: praticamente -4,7% di Pil in relazione allo stesso periodo dell’anno scorso (giugno-settembre 2019).

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Puntare a promuovere l’azione di Governo dichiarando solo i dati positivi senza metterli in relazione con i dati negativi, potrebbe non rappresentare un comportamento istituzionalmente accettabile. Non si può soltanto dare la buona notizia ministro Boccia…

Dichiarazioni tendenziose che, unite al risultato delle misure adottate negli ultimi 8 mesi, possono suggerire qualche linea interpretativa verso chi crede ancora nel pensiero critico in questo assuefatto Paese.

Una ‘buona notizia’, il +16,1% trimestrale, che non dovrebbe essere visto come il risultato delle ‘politiche del Governo Conte’, sempre più rispondenti a meccanismi assistenziali e dannosi per la produttività del Paese, ma, come espresso anche dalla Banca d’Italia, come di un “rimbalzo che ha recuperato solo in parte la perdita dei primi mesi dell’anno”.

Un concetto, per certi versi, ribadito all’interno del commento dell’ISTAT sulle stime preliminari del Pil del III Trimestre 2020, per il quale “l’economia italiana, dopo la forte contrazione registrata nella prima metà dell’anno per gli effetti economici dell’emergenza sanitaria registra un consistente recupero nel terzo trimestre, misurato da una crescita congiunturale del Pil pari a 16,1%”. Insomma è facile rilevare un incremento trimestrale dopo mesi di restrizioni alla mobilità (serviva un’autodichiarazione per uscire di casa) e di stop alla produttività del Paese…

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Produttività nuovamente messa in crisi grazie all’ultimo DPCM dello scorso 24 ottobre, adottato dal Governo Conte in risposta alla recrudescenza dei contagi della seconda ondata. Misure, probabilmente, estemporanee e senza logica che, per ampi strati della popolazione del nostro Paese, non possono che portare a ragionare sull’inconsistenza di questo Esecutivo, sempre più autoreferenziale e intollerante verso l’ammissione delle proprie responsabilità, come rilevato, giusto per citare un “casus belli” degli ultimi mesi, in occasione della riapertura delle scuole a settembre: una prova ‘muscolare’ partita con i ritardi delle linee guida e continuata senza una valida programmazione del trasporto pubblico locale.

Una maggiore contezza dei dati e della capacità di metterli in relazione, come nel caso delle stime del Pil, avrebbe permesso di programmare, con molta probabilità, un’apertura dell’anno scolastico più ordinata, magari prevedendo una didattica in presenza soltanto per gli alunni delle scuole primarie, una gestione più rassettata del trasporto scolastico locale, caricando di minori oneri il trasporto pubblico locale. Una programmazione che avrebbe anche risparmiato lo stesso Esecutivo dalle bordate arrivate dai Governatori del centrosinistra: ‘pezzi da 90’ come De Luca ed Emiliano.

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Invece l’Esecutivo ha preferito puntare verso un’altra strada, quella della ‘competenza’ e della “conoscenza dei dati”… ottimo lavoro!

foto Governo.it