Inizia l’esame dell’articolato della Riforma sanitaria.

Inizia alle ore 17.00 la discussione dell’articolato del Testo Unificato 112-121/A “Riforma del sistema sanitario regionale e riorganizzazione sistematica delle norme in materia”.

Un provvedimento che si appresta a ridisegnare la geografia del sistema sanitario regionale, con la speranza, per la maggioranza, di riportare la sanità nel territorio attraverso un migliore decentramento organizzativo, pur “conservando nel contempo gli aspetti positivi” della precedente riforma del centrosinistra – come riportato nella stessa relazione del relatore di maggioranza Giandomenico Gallus.

Per la minoranza, invece, si tratterebbe di una riforma che arriva priva della necessaria ampia consultazione sui contenuti con i territori, che segna “una linea di allontanamento della Regione dai territori e dai cittadini, in una nuvola di autoreferenzialità perniciosa che si traduce in provvedimenti evanescenti, tranne che per la gestione dei posti di potere”.

Un ritorno al passato per l’opposizione come ricorda il relatore di minoranza Gianfranco Ganau: “Sostanzialmente si tratta di un ritorno indietro con la riproposizione delle Aziende sanitarie locali (ASL) senza peraltro un minimo di analisi capace di individuare e correggere i limiti mostrati dalla precedente esperienza. Ricordo – ha aggiunto Ganau – che le ASL agivano come 8 repubbliche indipendenti, con bilanci non confrontabili, con costo per la fornitura dei presidi sino a 10 volte superiori da una all’altra, sino ad incredibili differenze retributive a carico del personale a parità di mansioni svolte. Il tutto con una qualità dell’assistenza comunque non percepita come ottimale dai cittadini”.

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Il nuovo paradigma sanitario della maggioranza, per l’opposizione, manterrebbe inalterata la centralizzazione come nel precedente sistema ATS, con la creazione dell’ARES, Azienda Regionale della Salute, a cui saranno demandate in forma centralizzata le principali funzioni della stessa ATS, cioè la funzione di centrale unica per gli acquisti, la selezione e gestione del personale, la sua formazione, l’omogeneizzazione della gestione dei bilanci e della contabilità delle ASL, gestione della committente inerente l’acquisto di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie da privati.

“Un accentramento forse caratterizzato da un eccesso di centralizzazione che ha innegabilmente causato problemi nella gestione quotidiana – per il relatore di minoranza Ganau – ma che poteva essere corretta dando autonomia giuridica e gestionale ai direttori di Area socio-sanitaria locale, presenti sul territorio, dotandoli di specifico budget”.

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Dati alla mano, pensando a quanto di più caro al cittadino, ovvero ai tempi di erogazione dei servizi sanitari, il monitoraggio delle liste d’attesa delle prestazioni di specialistica ambulatoriale, realizzato dalla stessa Regione Sardegna, dice che nel 2014 (epoca pre-riforma ATS) le attese per i cittadini sardi erano più brevi, come nel caso delle visite cardiologiche (69 giorni contro i 74 del 2019) urologiche (80 giorni contro 95) TAC addome completo (60 contro 82) TAC capo (25 contro 49) e soprattutto per la colonscopia no screening, mediamente, si dovevano attendere 119 giorni contro i 173 del 2019. 

Dettagliando i risultati del monitoraggio regionale sulle liste d’attesa esclusivamente all’area di Cagliari sono facilmente rilevabili le stesse discrepanze, dove nella vecchia ASL di Cagliari del 2014 ‘bastavano’ 46 giorni per una visita cardiologica, contro i 61 dell’ASSL di Cagliari del 2019. Oppure 81 giorni per una colonscopia no screening contro i 181 giorni del 2019. Squilibrio ancora più elevato paragonandolo ai dati per una colonscopia no screening all’Ospedale Brotzu del 2014 (207 giorni) e del 2019 (332). Uno scarto di ben 125 giorni di attesa in più nel 2019. 

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foto Gianfranco Ganau, Sardegnagol riproduzione riservata

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