Il mercato del lavoro in Sardegna nel 2020: occupati – 27%, inattivi +28%. Disoccupazione giovanile al 40,9%.

Il 2020 è stato un anno drammatico sotto tutti gli aspetti e, in particolare, per il già compromesso mercato del lavoro in Sardegna. Una realtà che emerge in modo evidente leggendo le rilevazioni contenute nel report dell’Osservatorio sul mercato del lavoro dell’Aspal.

Numeri devastanti per l’occupazione, con un calo netto degli occupati (-27%) e un aumento importante degli inattivi (+28%), quest’ultimo, il dato più preoccupante per il lavoro in Sardegna, un malato così moribondo da scoraggiare anche la ricerca di una posizione lavorativa nell’Isola.

In questo quadro, manco a dirlo, a pagare maggiormente la crisi sono sempre i soliti: i/le giovani sardi/e con un tasso di disoccupazione giovanile al 40,9%, contro il 29,4% della media nazionale. Ma a chi importa? In Consiglio regionale oggi si discute del Dl 107… a quando il prossimo decalogo per i giovani?

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Peggiora, ancora, la stabilità del lavoro dato, secondo le rilevazioni dell’Aspal, l’aumento dei contratti part-time rispetto a quello full-time, nonché l’incremento di quelli a tempo determinato a scapito dei contratti a tempo indeterminato. Tradotto, maggiore precarietà ed erosione del reddito familiare, ultimo baluardo di welfare in questa disgraziata Isola.  

Inoltre, il raffronto con le medie nazionali e del Mezzogiorno d’Italia non è positivo. Il report evidenzia infatti che in Sardegna il mercato del lavoro è peggiorato in modo netto, con una riduzione degli occupati del -5% (contro il -2% sia a livello nazionale che del Mezzogiorno) e un incremento degli inattivi del +7% (contro il +4% della media nazionale e il +3% del Mezzogiorno). 

Alcuni territori nell’Isola, inoltre, sono stati colpiti in maniera più pesante di altri, secondo il report dell’Aspal. Dai raffronti a livello provinciale emerge che Sassari, forse per il peso che in questo territorio ha il settore turistico, è la provincia che presenta i dati peggiori (-11% di occupati, +15% di inattivi). I territori dei CPI che hanno sofferto di più sono quelli a forte vocazione turistica (come Olbia, Castelsardo e Muravera) e quelli che ospitano i grandi hub di servizi a livello regionale (Cagliari e Sassari). La crisi sembra invece aver risparmiato maggiormente i territori dei Centri per l’impiego dove è presente un settore agricolo forte come Terralba, Senorbì, Isili, Sanluri e Bonorva: in queste aree le variazioni percentuali negative delle assunzioni sono molto inferiori alla media degli altri territori regionali. 

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I settori che hanno subito un calo percentuale più marcato delle assunzioni sono ampiamente noti, la ristorazione, l’accoglienza, le attività artistiche e, in generale il pubblico esercizio. Il settore agricoltura e pesca, invece, mantiene gli stessi livelli di assunzioni del 2019 e due settori addirittura crescono, ovvero i servizi domestici e servizi finanziari (quest’ultimo è cresciuto del 23% come numero di assunzioni segno che per far fronte alle ristrettezze della crisi, molte famiglie e imprese sono state costrette a ricorrere al credito in misura maggiore che in passato). 

Un report accompagnato dalla nota del Direttore generale dell’Aspal Gianluca Calabrò, per il quale “l’Aspal è stata e continua a essere a fianco dell’assessorato al Lavoro per cercare di gestire le misure straordinarie a sostegno dei lavoratori più colpiti dalla crisi e per garantire con i suoi Centri per l’impiego tutti i servizi indispensabili ai cittadini”.

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Indubbiamente, giusto per citare i casi più recenti, la gestione e i disservizi riscontrati nel bando R(ESISTO), uniti a quelli riscontrati per l’indennità una tantum per alcune categorie nell’Isola hanno ampiamente dimostrato la tempestività e la qualità della risposta dell’Assessorato al Lavoro nel corso di questa emergenza.