ACLI: “Profondo rosso per le assunzioni nelle aziende sarde”.

Dopo la pubblicazione dei dati – poco confortanti – dell’Osservatorio del mercato del lavoro dell’ASPAL, le ACLI Sardegna, attraverso le parole del presidente Franco Marras, sono intervenute per evidenziare la situazione da ‘macelleria sociale’ del panorama isolano: “sono oltre 33mila persone assunte in meno nel 2020 rispetto al 2019 che si aggiungono a chi perderà il lavoro dopo lo sblocco dei licenziamenti: serve un sistema di sicurezza e un piano di riqualificazione professionale, un paracadute sociale per almeno 50.000 persone nei prossimi mesi che va predisposto subito, per evitare di infoltire le fila dei poveri”.

Numeri odierni inequivocabili alla luce delle performance registrate nel mercato del lavoro nel periodo 17-19, caratterizzato da una crescita di assunzioni nel mercato privato di circa il 10%. Incremento percentuale crollato nel 2020 per effetto del Covid, complice, insieme a un sistema isolano sempre meno florido e interdipendente, dello sviluppo di un mercato del lavoro deprimente, eufemisticamente parlando: in sintesi un terzo in meno di assunzioni (66.000 contro le 99.000 del 2019).

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La metà delle persone che sarebbero state assunte senza la pandemia, secondo le rilevazioni delle ACLI, sono persone con qualifica o diploma professionale (-47%), ma mancano all’appello 1500 laureati (-13%), 6000 diplomati (-20%) e 7000 lavoratrici/tori senza titolo di studio (-24%).

In termini di mancate assunzioni, la Sardegna si situa al 4 posto nazionale superata solo da Toscana, Umbria e Marche e subito prima di Basilicata, Emilia e Veneto, tutto regioni che hanno ridotto le assunzioni di più del 30’% rispetto al triennio precedente.

Livello occupazionale che, nonostante il crollo, ancora non è entrato nel pieno della tragedia ‘grazie’ al blocco dei licenziamenti che richiederà, in prospettiva, una grande attenzione nel momento in cui il divieto sarà eliminato per fornire un supporto e un progetto di ripartenza e di reimpiego.

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Ancora, il personale con bassa qualifica o con la sola qualifica professionale è stato più esposto all’effetto Covid e in Sardegna lo spazio per i laureati spinge sempre di più verso l’emigrazione.