Crolla la spesa delle imprese per l’innovazione.

Nel triennio 2018-2020 il 50,9% delle imprese ha svolto attività innovative, una quota in calo di circa 5 punti percentuali rispetto al periodo 2016-2018. E’ il principale dato che emerge dall’ultima rilevazione dell’ISTAT.

Fra le cause della sospensione o contrazione dell’innovazione, secondo l’Istituto, vi è stata l’emergenza sanitaria che ha interessato il 64,8% delle aziende con attività innovative, in particolare le più piccole (66,7% contro il 50,2% delle grandi).

L’Industria si conferma il settore più dinamico (58,5% di imprese con attività innovative) ma anche il più colpito dal calo degli investimenti in innovazione (-7,2 punti percentuali sui tre anni precedenti) soprattutto tra le piccole imprese.

Nei Servizi, in particolare, è registrata la maggiore contrazione: ben 3,8 punti percentuali e colpisce le grandi imprese (-8,0).

Si conferma la tendenza crescente della propensione all’innovazione all’aumentare della dimensione aziendale (dal 48,4% nella classe 10-49 addetti, al 65,7% in quella 50-249 addetti e al 76,0% nelle imprese con 250 addetti e oltre), ma la contrazione degli investimenti in innovazione rispetto al 2016-2018 interessa tutte le imprese, indipendentemente dalla loro dimensione (le piccole imprese -4,8 punti percentuali, quelle di media dimensione -5,7 p.p. e le grandi -5,0 p.p).

Con il 58,5% di imprese impegnate in investimenti innovativi, l’Industriai resta il settore con la maggiore propensione all’innovazione ma registra un crollo pari a -7,2 punti percentuali. Anche il settore dei Servizi subisce un calo ma più contenuto (-3,9 punti). In controcorrente le Costruzioni, in cui le attività innovative sono in aumento (+3,3).

La propensione all’innovazione delle imprese appare diversificata sia nel settore dell’Industria che in quello dei Servizi. Aumenti importanti si registrano nella quota di imprese del settore Ricerca & Sviluppo (+9,6), nella fabbricazione di apparecchiature elettriche (+5,8), nel commercio al dettaglio (+5,7) e nelle attività di direzione aziendale e di consulenza gestionale (+5,6). Segnali di tenuta si hanno nell’industria dei mobili, in quella automobilistica e nell’elettronica (rispettivamente +1,2, +0,4 e +0,3 punti) mentre si riduce la quota di imprese che hanno sostenuto investimenti innovativi nell’industria farmaceutica (-0,9).

Nel periodo 2018-2020 le imprese con attività innovative possono definirsi innovatrici nella maggior parte dei casi, hanno cioè introdotto con successo, sul mercato o all’interno dell’azienda, almeno un’innovazione di prodotto o di processo (45,9% del totale delle imprese). Tuttavia, anche la quota di imprese innovatrici diminuisce (-3,8), sebbene in misura inferiore rispetto alla più ampia categoria delle imprese con attività innovative (per le quali il processo innovativo non ha prodotto risultati nel triennio considerato).

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La capacità di sviluppare e introdurre innovazioni con successo è più diffusa tra le grandi imprese (70,2%) rispetto alle piccole (43,5%). Tuttavia, rispetto al periodo 2016-2018, le prime registrano un andamento peggiore rispetto alla media (-6,2 punti contro -3,8 delle piccole imprese). A subire le maggiori perdite è l’Industria (-7,8 punti percentuali tra gli innovatori di successo) e, in particolare, la manifattura (-8,0 punti). Il calo è più contenuto nel settore dei Servizi (-2,0 punti), mentre nelle Costruzioni, in controtendenza rispetto all’andamento generale, si registra una crescita sensibile
(+6,0 punti, passando dal 29,3% al 35,3%).

Scarso l’investimento nello sviluppo di nuovi prodotti. Continua a prevalere la tendenza delle imprese italiane a innovare i processi aziendali piuttosto che sviluppare nuovi prodotti per il mercatoi (43,6% contro 26,8%), ma rispetto al triennio 2016-2018 diminuisce sia la quota di imprese che realizzano innovazioni di prodotto (-4,3 punti) sia di quelle che investono in nuovi processi (-3,8 punti).

A livello dimensionale, nelle piccole imprese gli investimenti in nuovi processi riguardano il 41,2% delle unità e quelli in nuovi prodotti solo il 25,0%. L’impegno è maggiore tra le imprese di fascia intermedia (rispettivamente il 57,6% e il 37,4%) e raggiunge i livelli massimi nelle grandi (67,7% e 49,5%).

Maggiore la qualità dell’innovazione ma debole l’impatto sull’economia. A fronte del calo generale degli investimenti nell’innovazione, nel 2018-2020 si rafforza la componente più radicale degli innovatori, ossia quella composta da imprese che sviluppano e vendono prodotti innovativi per il mercato e originali rispetto ai prodotti delle imprese concorrenti. Questi innovatori costituiscono il 14,6% delle imprese e la quota aumenta di oltre sei punti percentuali rispetto al periodo precedente.

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Indipendentemente dal settore economico di appartenenza, protagoniste di queste innovazioni sono le grandi imprese, il 28,6% delle quali ha introdotto prodotti nuovi sul mercato, soprattutto quelle attive nell’Industria (39,5%). Tuttavia, l’aumento interessa anche le piccole imprese che raddoppiano passando dal 6,6% al 13,6%.

Nonostante l’impegno in innovazioni di prodotto originali, i ritorni in termini di fatturato derivanti dalla vendita di prodotti nuovi non sono rilevanti nel 2020. La quota di fatturato attribuita alla vendita di innovazioni è pari al 12,2% (-8 p.p. rispetto al 2018) e solo il 3,8% è associato alla vendita di prodotti “nuovi per il mercato”, cioè introdotti per la prima volta dall’impresa sul suo mercato di riferimento (-6,6).

Importanti differenze si rilevano a livello dimensionale: la quota di fatturato associata alle innovazioni di prodotto è pari all’8,6% nelle piccole imprese, mentre sale al 15,2% nelle grandi imprese. Le differenze si riducono nella quota di fatturato derivante dalla vendita di prodotti nuovi per il mercato: per le piccole imprese è il 3,2% contro il 4,5% delle grandi.

Nel 2020, le più penalizzate sono le grandi imprese, per le quali si stima una caduta del fatturato derivante dalla vendita di prodotti innovativi (anche di quelli originali) di oltre 13 punti percentuali. Una diversa tendenza caratterizza le piccole imprese, che non subiscono forti penalizzazioni sul fatturato associate alla vendita di prodotti innovativi (-0,7), ma ottengono un aumento del fatturato derivante da prodotti originali (+1,9).

Crollo degli investimenti nell’innovazione. Nel 2020 la spesa sostenuta per le attività innovative è stata complessivamente pari a 33,6 miliardi di euro, oltre un quarto in meno rispetto al 2018 (45,5 miliardi). Anche l’intensità di innovazione, calcolata come spesa per addetto, si è ridotta sensibilmente: in media è stata pari a 6.900 euro per addetto contro i 9.000 euro per addetto del 2018i. La spesa per addetto si riduce soprattutto nelle grandi imprese (7.400 euro contro 9.800 del 2018) e in quelle di media dimensione (5.900 euro contro 8.300 del periodo precedente), mentre si stima un calo inferiore nelle piccole imprese (6.900 euro contro 8.200).

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La riduzione degli investimenti interessa tutti i settori: dai Servizi, dove si registra la caduta più importante (5.600 euro per addetto contro 8.500 del 2018), alle Costruzioni (4.400 euro per addetto contro 5.400), all’Industria, che comunque si conferma al primo posto in termini di spesa per addetto (8.300 euro per addetto contro 9.700 del 2018).

Nonostante il calo degli investimenti nell’innovazione, resta alta la spesa per addetto nei settori più innovativi dell’Industria, quali la fabbricazione di altri mezzi di trasporto (20.600 euro), l’elettronica (18.500 euro), la fabbricazione di autoveicoli (17.100 euro) e la farmaceutica (16.100 euro), e di servizi come la R&S (66.900 euro) e le telecomunicazioni (22.500 euro).

Costi elevati e concorrenza i principali ostacoli all’innovazione. Rispetto al triennio 2016-2018, la classifica degli ostacoli all’innovazione resta pressoché invariata. Costi di innovazione troppo elevati e forte concorrenza sul mercato sono i principali fattori di ostacolo all’innovazione per circa la metà delle imprese con attività innovative.

Altrettanto importanti sono la domanda di mercato incerta rispetto alle innovazioni proposte e la mancanza di personale qualificato (rilevanti rispettivamente nel 40,1% e 34,5% dei casi). Un terzo delle imprese segnala anche la mancanza di risorse finanziarie interne e la presenza di altre priorità. Sono invece percepiti come relativamente meno gravi fattori quali la mancanza di partner con cui collaborare (considerata importante solo dal 21,8%) e la difficoltà di accesso alla conoscenza esterna (22,1%).

Questi fattori di ostacolo sembrano gravare molto di più sulle piccole imprese che risultano più sensibili ai costi di innovazione troppo elevati (49,7% contro 29,6% delle grandi), alla mancanza di risorse finanziarie sia interne (36,6% contro 20,2%) che esterne (28,6% contro 13,2%).

Se, in generale, i fattori di ostacolo considerati interessano tutte le imprese a prescindere dal settore di appartenenza, le imprese delle Costruzioni risentono maggiormente dei costi di innovazione troppo elevati, mentre le imprese industriali attribuiscono un maggior peso alla domanda di mercato incerta, alla forte competizione e alla mancanza di lavoro qualificato.

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