Consulenze Commissione UE, Corte Conti: “Lacune e conflitti di interesse”.

La Corte dei Conti europea, una delle sette istituzioni dell’Unione europea, preposta all’esame dei conti di tutte le entrate e le uscite dell’Unione e dei suoi vari organi, ha rilevato in una recente pubblicazione evidenti rischi connessi al ricorso a consulenti esterni da parte della Commissione europea.

In particolare, stando ai rilievi della Corte, la Commissione europea nominerebbe consulenti esterni in un modo da non assicurare appieno un rapporto costi-benefici ottimale né una piena tutela dei propri interessi. Un quadro, secondo la Corte dei Conti europea, che presenta lacune significative, potenziali rischi connessi alla concentrazione dei fornitori di servizi, all’eccessiva dipendenza e ai conflitti di interesse.

Rischi non sufficientemente monitorati dalla Commissione e, sul tema, la Corte ha sottolineato criticità nel modo di valutare il lavoro svolto dai consulenti esterni e il valore aggiunto prodotto da loro lavoro.

Il sistema informativo della Commissione europea non è in grado, ancora, di fornire un quadro completo delle modalità con cui quest’ultima si avvale di consulenti esterni. L’oscurità resta sovrana…

Negli ultimi anni, dovendo tirare le somme, la Commissione è addirittura riuscita a stipulare contratti per un valore di circa 1 miliardo di euro all’anno per attività di consulenza, studi, valutazioni e ricerca. Consulenti coinvolti principalmente nell’attuazione delle politiche di vicinato e di allargamento, dei partenariati internazionali, degli strumenti di politica estera e delle azioni per l’ambiente e il clima a livello dell’UE. L’Europa più verde, digitale e “resiliente” piace a tutti dalle parte UE.

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“L’esternalizzazione di alcuni compiti può essere utile e talvolta necessaria”, ha dichiarato François-Roger Cazala, membro della Corte dei Conti europea e responsabile dell’audit. “È necessario migliorare la trasparenza e l’obbligo di rendiconto in relazione ai compiti che possono essere esternalizzati e alla gestione dei rischi di concentrazione dei prestatori, di eccessiva dipendenza e di conflitti di interesse. Mi auguro che la relazione della Corte aiuti l’amministrazione dell’UE a procedere in questa direzione.”

La Corte, inoltre, ha riscontrato lacune nel quadro che disciplina la nomina di consulenti esterni. In particolare per i servizi di consulenza e di ricerca, le due categorie che rappresentano l’80% dell’importo appaltato, non vi sono orientamenti in merito al possibile livello di esternalizzazione dei compiti, alle modalità di definizione dei servizi dei consulenti esterni e alle capacità e competenze da mantenere interne. Ancora, per alcuni servizi di consulenza appaltati per svolgere compiti ricorrenti, la Commissione non effettua analisi costi-benefici e dei bisogni per valutare i vantaggi dell’affidarsi a fornitori esterni piuttosto che a personale interno prima di avviare nuove richieste di appalto.

Singolare, riflettendo sulla questione di opportunità, la richiesta delle varie diramazioni della Commissione Ue all’interno delle call da essa bandita, di esplicitare azioni di mitigazione del rischio, produrre complesse analisi dei costi-benefici, indicatori e gli impatti previsti dalle attività inserite nelle proposte progettuali. Quasi a sottolineare che le regole dalle parte della Commissione valgono solo per i “comuni mortali”.

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Sebbene i criteri utilizzati per selezionare le offerte vincitrici fossero adeguati, la Commissione – prosegue la Corte dei Conti europea -, non ha sufficientemente monitorato e gestito rischi importanti associati al ricorso a consulenti esterni, tra cui i rischi di concentrazione dei prestatori e di eccessiva dipendenza da un numero relativamente ridotto di fornitori di servizi.

Nel corso del periodo sottoposto ad audit, la Commissione ha stipulato contratti con 2769 consulenti esterni. Tuttavia, i primi dieci prestatori hanno rappresentato da soli il 22 % (circa 600 milioni di euro) degli importi aggiudicati totali nel periodo in esame. In altre parole, alcuni servizi della Commissione fanno ampio affidamento su un numero relativamente esiguo di contraenti. Un vizietto in comune con tante “piccole” realtà amministrative locali.

Non è raro che un unico prestatore si aggiudichi appalti consecutivi nell’arco di diversi anni, nonostante siano organizzate regolarmente procedure di appalto aperte.

Il rischio di concentrazione su un numero ridotto di consulenti esterni comporta quello che alcuni prestatori dotati di vasta esperienza di collaborazione con la Commissione si aggiudichino appalti più facilmente. L’esperienza va premiata…

A titolo illustrativo, la Corte ha rilevato che alcuni prestatori hanno fornito servizi di consulenza, attuazione e valutazione per un’unica direzione generale della Commissione. Una tale combinazione di servizi può conferire loro un vantaggio competitivo, essendo coinvolti nella progettazione, attuazione e valutazione della stessa politica dell’UE.

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La Commissione ha, però, provato a mettere in atto procedure per individuare e prevenire potenziali conflitti di interesse. Tuttavia si tratta prevalentemente di controlli formali, che da soli non possono garantire la gestione dei rischi di conflitto di interesse. Insomma, non deve essere molto sentita la necessità di portare quei “valori democratici e di trasparenza” tanto cari a una certa narrazione europeista.

Esaminando i singoli contratti, la Commissione non valuterebbe in modo coerente la performance dei consulenti esterni, ad eccezione degli studi e delle valutazioni. Solo alcune direzioni generali effettuano analisi degli insegnamenti tratti o valutazioni costi-benefici ex post e, quando queste vengono eseguite, non vi è alcuna raccolta di informazioni centralizzata che consenta di utilizzare al meglio i risultati prodotti dai consulenti esterni. La Corte ritiene che ciò riduca la capacità della
Commissione di individuare potenziali ambiti di miglioramento e aumenti inoltre il rischio di riassumere consulenti che in passato hanno fornito servizi scadenti. Tombola!

Infine, la bacchettata della Corte alla Commissione europea circa l’ampio ricorso ai consulenti esterni: migliorarne la gestione nonché aumentare la trasparenza rendendo conto regolarmente e accuratamente in merito all’utilizzo dei servizi dei consulenti esterni.

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