Colpo di Stato in Niger, ACS: “La nazione avrebbe meritato maggiore attenzione”.

Le conseguenze del recente colpo di Stato in Niger hanno indotto la Francia a sospendere la cooperazione bilaterale con il Niger, come ha fatto anche l’UE. Quello che le Nazioni Unite considerano il Paese meno sviluppato al mondo sta attirando l’attenzione internazionale per via del golpe, tuttavia la situazione nigerina era gravemente compromessa ben prima degli ultimi eventi, e avrebbe meritato maggiore attenzione, secondo l’ACS.

Avvedutezza, recentemente, registrata solo recentemente dall’Esecutivo Meloni, riunitosi ieri per chiedere alle parti in campo di lavorare ad una “soluzione negoziale della crisi e la costituzione di un Governo riconosciuto dalla Comunità Internazionale”. Tradotto, acqua fresca!

Difficile, alla luce del contesto politico nello Stato africano, auspicare una rapida risoluzione della crisi: “La popolazione vive in condizioni di estrema povertà, la spesa pubblica è insostenibile e inefficiente, l’analfabetismo è diffuso e si registra una rapida crescita demografica. A queste preoccupanti circostanze socio-economiche si aggiungono la debolezza delle Istituzioni, la corruzione, le scarse infrastrutture e un sistema giudiziario fragile. L’attuale ascesa di chierici islamici conservatori, ad esempio nella comunità Izala, e la loro influenza in vari ambiti politici hanno messo a dura prova le relazioni tra i nigerini, sia all’interno della comunità islamica sia tra i musulmani e altri gruppi di fede, compresi i cristiani.
 A ciò si aggiunge la crescente presenza di gruppi islamisti armati che terrorizzano la popolazione civile. In particolare, sono attive formazioni jihadiste come lo Stato Islamico nel Grande Sahara (ISGS), gruppi affiliati ad Al-Qaeda e Boko Haram, con sede in Nigeria”, ricordano dall’ACS.

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Gruppi armati, inoltre, che perseguono la propria strategia regionale, spesso sostenuti dalle grandi potenze islamiche, tra cui la Turchia (con la quale l’Ue va spesso d’amore e d’accordo), l’Iran e l’Arabia Saudita (partner inossidabile dei “democratici” Stati Uniti d’America), particolarmente performanti in queste aree dimenticate del mondo “grazie” al finanziamento di vari progetti locali, come la ristrutturazione e la costruzione di moschee e la formazione di imam, ciascuno con la propria visione tradizionale dell’Islam. In alcuni casi, gli interessi stranieri hanno contribuito all’aumento dell’estremismo nigerino, inclusa la promozione del wahhabismo da parte dell’Arabia Saudita. Gruppi estremisti islamici particolarmente attivi nell’ovest e nel sud del Niger, dove le autorità hanno effettivamente perso il controllo del territorio, in particolar modo a seguito della pandemia di Covid-19.
 

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“Tillaberi – aggiungono dall’ACS -, una regione del Niger sud-occidentale che confina con Benin, Burkina Faso e Mali, è stata un punto caldo della violenza estremista a causa della presenza di affiliati di Al-Qaeda e dello Stato Islamico nel Grande Sahara (ISGS). Quest’ultimo controlla ampie zone vicino ai confini con il Burkina Faso e il Mali, e i suoi combattenti sono già arrivati nei pressi della capitale Niamey. Le violenze hanno provocato centinaia di morti e di sfollati. Al 31 marzo 2023, il Niger offriva ospitalità ad oltre 700.000 persone a rischio, tra cui oltre 300.000 rifugiati stranieri e richiedenti asilo e 360.000 sfollati interni. La mancanza di sicurezza ha limitato l’accesso agli aiuti umanitari, accelerando una spirale di indigenza che colpisce la maggior parte dei nigerini”.

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Una vera polveriera animata dalla violenza dei gruppi islamisti, dalla repressione governativa e dalla presenza militare straniera, capace di esacerbare i divari sociali esistenti e prosciugando le risorse pubbliche.

foto ITU Regional Development Forum for Africa