Alcune osservazioni contro la privatizzazione dello scalo di Cagliari.

Negli ultimi mesi – con risultati a dir poco inattesi – le due associazioni di categoria della Confcommercio e Federalberghi Sud Sardegna, attraverso l’instancabile azione dei presidenti Alberto Bertolotti e Fausto Mura, sono riuscite a portare alla luce – e ancora più imprevedibilmente dentro l’Aula del Consiglio regionale – il tema del tentativo di privatizzazione dell’Aeroporto di Cagliari-Elmas.

Un “pasticciaccio brutto”, il tentativo di cessione degli asset dello scalo cagliaritano, contrario, secondo le principali associazioni di categoria del Sud Sardegna, agli interessi della collettività e potenzialmente lesivo del diritto alla mobilità e alla continuità territoriale,

Tra le principali argomentazioni, la fredda constatazione dell’affidamento della delega della mobilità dei sardi e dei turisti alle compagnie straniere e delle logiche operative di un fondo speculativo straniero che, come è facile immaginare, sono esclusivamente mirate al lucro.

Ma, leggendo le dichiarazioni dei presidenti Alberto Bertolotti e Fausto Mura, non si respira alcuna avversione verso la partecipazione dei privati ai destini dello scalo aeroportuale. Tuttavia la maggioranza dell’attuale Spa deve continuare a essere posseduta dall’ente pubblico, alla luce anche della sensibilità dell’interesse tutelato: la mobilità dei sardi e dei turisti.

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D’altronde, riflettendo sui diversi tentativi di privatizzazione operati nel passato, la sostituzione del monopolio privato a quello pubblico non ha mai portato particolari vantaggi. Come non ricordare le saline di Stato, prima privatizzate e poi chiuse, la Tirrenia, anch’essa privatizzata senza alcun miglioramento del servizio. Casi ai quali si potrebbero aggiungere le storie del Porto Canale e di Meridiana.

Ancora, seguendo le mere logiche di mercato, il monopolista privato potrebbe chiedere maggiori oneri o “dirottare” il traffico aereo dove maggiori sono i profitti, a scapito del diritto alla mobilità.

Leggendo anche i dati sulla patrimonializzazione dell’aeroporto, il principale scalo della Sardegna risulta avere una posizione a dir poco solida per usare un eufemismo, con utili netti che vanno dai tre ai quattro milioni di euro (nel bilancio 2022 ben 15 milioni di utili netti). Quindi, perchè privarsi degli asset preziosi in una isola a dir poco depressa? Quale ratio potrebbe giustificare, ancora, la scelta di cedere l’aeroporto a un fondo speculativo se solo dalla vendita la Camera di Commercio di Cagliari-Oristano potrebbe incassare almeno 450 milioni di euro?

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In un recente convegno dello scorso 17 dicembre 2022, al quale ha partecipato anche Pierluigi Di Palma, presidente dell’ENAC (l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile), per procedere a una privatizzazione bisognerebbe seguire i criteri dettati dall’UE, escludendo, così, il principio dell’unicità dell’offerta. Ancora, per realizzare un sistema aeroportuale sardo non sarebbe necessaria la proprietà comune dei tre aeroporti come sostenuto dalle controparti.

Fuori da ogni logica, quindi, sembrerebbe l’individuazione in esclusiva di una società o fondo. Ancora, dovendo seguire la normativa UE, non procedere con il bando europeo esporrebbe al giudizio della magistratura, con tutte le responsabilità penali, civili e soprattutto economiche in capo alle istituzioni preposte.

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La CCIAA, inoltre secondo la normativa vigente, non è un ente finanziario che al suo interno possa conservare
pacchetti azionari di entità che abbiano scopi al di fuori delle sue proprie attività istituzionali e/o al di fuori del suo territorio di appartenenza. Gli aeroporti di Milano o di Roma, per esempio, sono le destinazioni più utilizzate dai cittadini/e sardi/e e, conseguentemente, una collaborazione con questi due scali sarebbe molto più vantaggiosa piuttosto che quella palesata dal sistema unico regionale con gli aeroporti di Olbia e di Alghero.