Accessibilità e cultura: poco diffuso l’utilizzo di video nella lingua italiana dei segni.

Per l’anno 2021 i dati raccolti dall’ISTAT sull’accessibilità dei luoghi della cultura in Italia, documentano la presenza di circa 12mila tra musei, monumenti, aree archeologiche e biblioteche attive e aperte al pubblico.

Ad oggi non tutti i luoghi italiani della cultura sono in grado di offrire la piena accessibilità degli spazi e la completa fruibilità dei servizi agli utenti disabili. Una sfida che si spera possa essere risolta attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza, nell’ambito dell’obiettivo “Turismo e Cultura 4.0”, che ha previsto 300 milioni di euro per la “rimozione delle barriere fisiche e cognitive in musei, biblioteche e archivi per consentire un più ampio accesso e partecipazione alla cultura”.

Con 7.886 biblioteche e 4.292 musei aperti al pubblico nel 2021 l’Italia vanta una distribuzione capillare dei luoghi della cultura: ogni 100 Kmq sono presenti in media 3 biblioteche (uno ogni 7mila abitanti) e 2 istituti museali (uno ogni 14mila abitanti.

Milano, Torino, Genova, Venezia, Trieste e Bologna al Nord, Firenze, Siena e Roma al Centro e Napoli e Palermo al Sud sono le città italiane con il maggior numero di testimonianze della ricchezza storico-culturale, architettonica e archeologica dell’Italia e con il numero più alto di biblioteche pubbliche e private.

Oltre che nei poli di maggiore attrazione, biblioteche e musei sono presenti anche nei piccoli e piccolissimi comuni italiani: nei centri fino a 5mila abitanti si trovano infatti il 41,5% delle biblioteche e il 32,2% dei musei, mentre circa il 30% di musei e biblioteche è localizzato in comuni di medie dimensioni, dai 5 ai 30mila abitanti.

Quasi otto biblioteche su 10 aperte nel 2021 (79,6%) sono a titolarità pubblica e nella quasi totalità gestite da amministrazioni comunali (92,6%). Il 42,8% delle biblioteche a titolarità privata (1.609 in totale) appartiene invece a enti ecclesiastici, il 32,3% ad associazioni e il 16,8% a fondazioni.

Anche i musei sono in maggioranza a titolarità pubblica (65,4%), prevalentemente di enti locali (69,3%) mentre quasi un terzo (il 31%) delle strutture gestite da privati fa capo a enti ecclesiastici o ad associazioni.

La maggioranza delle biblioteche censite e attive nel 2021 (il 77,7%) è di pubblica lettura, in quanto svolge una funzione orientata prevalentemente alla comunità locale del proprio territorio. Seguono per numerosità le biblioteche specializzate, che rivolgono il servizio a un’utenza specifica (16,1%) e le biblioteche la cui funzione è prevalentemente di “conservazione e custodia” di fondi antichi e rari (6%). Tra le biblioteche appartenenti a queste due ultime tipologie la maggioranza offre all’utenza un patrimonio orientato alle “arti e attività ricreative” (27,2%), a tematiche religiose (20,2%), (27,1%), alle “scienze sociali” (18,8%) o alla “geografia e storia” (16,9%).

Della totalità delle strutture museali censite, la quota maggiore è composta da musei (3.338 in totale); questi espongono soprattutto collezioni di arte (23,2%) e beni di tipo archeologico (16,1%), sono musei tematici (12,8%) o espongono testimonianze di interesse etno-antropologico (12,9%). I monumenti e i complessi monumentali (662 in totale) sono per un terzo chiese o edifici a carattere religioso (33,7%) e strutture fortificate come castelli e torri (26,7%). Inoltre è ampia la presenza su tutto il territorio di aree e parchi archeologici (292 totali).

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Nonostante nel 2021 i provvedimenti per il contenimento dell’emergenza Covid-19 siano stati circoscritti ad alcuni brevi periodi dell’anno, è evidente l’impatto che la pandemia ha esercitato sulle attività di musei e biblioteche: tre biblioteche su 10 (33,1%) e quasi la metà dei musei (45,5%) hanno ridotto l’orario di apertura al pubblico. Tra le biblioteche che hanno dovuto limitare l’accesso al pubblico, due su 10 (21,1%) lo hanno motivato con l’impossibilità di attuare le misure previste per il contenimento della pandemia. Analoga situazione per i musei: delle strutture che hanno interrotto l’accesso al pubblico nel 2021, un quarto (il 25%) lo ha fatto perché non è riuscita a riorganizzare le modalità di visita e le attività di gestione in conformità ai provvedimenti normativi del 2020.

Circa la metà delle biblioteche (48%) ha garantito servizi e svolto attività per più di sei mesi; solo il 6% circa è rimasta aperta al pubblico tra i 30 e i 60 giorni. Le biblioteche presenti nei piccoli comuni con meno di 5mila abitanti hanno riscontrato maggiore difficoltà a rimanere aperte al pubblico per più di due mesi. L’apertura previo appuntamento o su richiesta sembra invece essere stata praticata soprattutto dalle biblioteche dei grandi centri urbani con più di 50mila abitanti e nelle città metropolitane (l’8,8% contro il 5,5% a livello nazionale).

Tra i musei italiani, il 11,9% ha consentito la visita dai 30 ai 60 giorni nel corso del 2021 e solo il 40,7% è rimasto aperto più di 6 mesi. I musei che hanno garantito l’accesso del pubblico per almeno 30 giorni (complessivamente il 13,5%), sono situati soprattutto nei piccolissimi centri con meno di 2mila abitanti (21,8%). Allo stesso modo anche i musei che consentono l’accesso ai visitatori esclusivamente previo appuntamento (complessivamente il 16,6%) sono presenti soprattutto nei piccoli centri urbani con meno di 2mila residenti (29,1%).

Con la chiusura obbligatoria delle strutture stabilita dai Dpcm del 2020 e lo stop di alcuni mesi imposto nel 2021 per il contenimento del contagio, il numero di visitatori dei musei è rimasto molto inferiore agli standard precedenti l’emergenza sanitaria.

Il settore museale, che nel 2019 aveva registrato circa 130 milioni di visitatori, sceso a circa 37 milioni nel primo anno di pandemia (-72%), nel 2021 conta 48 milioni 66mila visitatori (-63% rispetto al 2019) e un’utenza media di 11mila persone per istituto (erano 28mila nel periodo pre-pandemico).

In particolare, delle 3.878 strutture pubbliche e private non statali attive nel 2021 la maggioranza (77,7%) non supera i 5mila visitatori; l’8,7% ne conta tra 5mila e 10mila, l’11,9% tra 10mila e 100mila e solo l’1,7% più di 100mila. In totale negli istituti non statali il calo è pari a -57% rispetto al 2019.

Il patrimonio museale statale, tra i più rilevanti a livello nazionale e internazionale, anche nel 2021 mostra livelli di fruizione molto al di sotto della situazione pre-pandemia: nel 2021, rispetto al 2019, la diminuzione di visitatori è del 70%.

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Nel 2021 anche le biblioteche hanno subito una forte contrazione del numero di utenti: 25 milioni 71mila sono gli accessi fisici registrati contro i quasi 50 milioni del 2019 (-49%). Si tratta in media di 3.717 visite per biblioteca aperta e attiva (6.730 nel 2019) e di circa 140mila utenti per giorni di apertura media delle strutture.

Nonostante i significativi progressi realizzati per promuovere la cultura dell’accessibilità del patrimonio culturale, molte istituzioni non hanno ancora rimosso le barriere che compromettono la libertà di accesso a tutti agli spazi espositivi; ancora meno hanno affrontato il tema delle barriere percettive, culturali e cognitive che limitano o impediscono la fruizione culturale da parte dei visitatori con disabilità di tipo cognitivo, visivo o uditivo.

In base ai dati rilevati, nel 2021 quasi sette musei su 10 (67,7%) mettono a disposizione del pubblico servizi igienici attrezzati per persone con disabilità, presenti nel 72,8% dei musei a titolarità pubblica e nel 58% di quelli a titolarità privata. Il 61,6% è inoltre dotato di strutture per superare eventuali barriere architettoniche come rampe, cunei o scivoli, ascensori o piattaforme elevatrici (il 64,5% delle strutture pubbliche contro il 56,1% di quelle a titolarità privata). Solo poco più di un terzo degli spazi espositivi (35,1%) è dotato di pavimenti antiscivolo o antiriflesso.

Nei musei delle città metropolitane gli spazi attrezzati con dispositivi volti a favorire la fruizione anche per i visitatori con disabilità motoria sono più diffusi: il 78,9% delle strutture museali è dotato di servizi igienici a norma e il 74,1% di rampe e/o ascensori.

Dal punto di vista dei supporti alla visita, meno della metà dei musei censiti (45,6%) rende disponibili informazioni sugli spazi e sul patrimonio attraverso una segnaletica chiara e leggibile, adeguata alle esigenze delle persone che hanno difficoltà nella lettura. Meno frequente il ricorso a strumenti di facilitazione del percorso e della fruibilità degli ambienti di visita in particolare a persone non vedenti e ipovedenti, quali mappe tattili orientative o carte con disegni a rilievo podotattili (presenti rispettivamente nel 7,7% e 9,5% dei musei). Decisamente poco diffuso l’utilizzo di video nella lingua italiana dei segni dedicati al pubblico di visitatori sordi (4,4% dei musei), o di mappe e percorsi rivolti a persone con difficoltà nella comunicazione verbale (presenti soltanto nell’1,7% delle strutture espositive).

Solo una quota minoritaria di musei e istituti similari fornisce assistenza o visite guidate dedicate: un museo su 10 organizza percorsi e programmi di visita specificamente pensati per chi ha disabilità cognitive (10,8%) o mette a disposizione un assistente che accompagni durante la visita le persone con disabilità visive, cognitive e di comunicazione (10%).

Nelle città metropolitane la quota di strutture che offrono questo tipo di servizio è circa il doppio, ma resta comunque intorno al 20% (rispettivamente 21,3% e 20%).

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Complessivamente, negli ultimi 10 anni è significativamente aumentato il numero di strutture museali che hanno adeguato i propri spazi per renderli a misura di tutti. Tra il 2011 e il 2021 sono più che raddoppiate, dal 34,8% al 75,7, quelle in grado di offrire dotazioni e assistenza al visitatore con disabilità (rampe, elevatori, bagni attrezzati, accompagnatore, assistenza durante la visita, ecc.).

Sono ancora pochi i musei coinvolti in progetti di inclusione, anche in collaborazione con altri istituzioni culturali, associazioni, scuole o enti: solo il 18,9% ha attivato progetti destinati a persone con disabilità sensoriale, emotiva o con disturbi cognitivi. Il 12,2% ha realizzato progetti rivolti a persone che vivono in povertà economica, educativa o culturale, l’8,7% si è rivolta a cittadini immigrati e infine il 3% a detenuti o persone che vivono in “casa famiglia”.

Il 65,5% delle biblioteche ha installato attrezzature adeguate a superare eventuali dislivelli e consentire l’accesso fisico alla struttura, il 65,1% è dotato di servizi igienici a norma mentre solo il 33,7% dispone di pavimenti antiscivolo o anti riflesso.

L’accesso e la fruizione dei servizi in condizioni di sicurezza e di autonomia sono garantiti più nelle biblioteche a titolarità pubblica che in quelle private: è dotato di servizi igienici a norma il 69,1% delle biblioteche pubbliche contro il 49,5% di quelle a titolarità privata mentre la disponibilità di rampe, scivoli o ascensori è garantita nel 67,1% delle biblioteche pubbliche e nel 59,3% di quelle private.

Solo il 35,9% delle biblioteche rende disponibili le informazioni sugli spazi e sul patrimonio attraverso una segnaletica adatta per coloro che hanno difficoltà nella lettura, il 26,6% offre postazioni per la consultazione dei libri attrezzate per accogliere persone con disabilità motoria, il 4,0% assicura mappe di orientamento degli ambienti comuni e l’1,2% percorsi tattili degli spazi per le persone con difficoltà visive.

Se sono discretamente diffuse le biblioteche il cui patrimonio documentale offre anche libri in formati speciali, più rare le strutture in cui sono presenti supporti specifici per le persone con disabilità cognitive. Su 10 biblioteche quattro (il 43,7%) possiedono infatti documenti e libri idonei per chi ha difficoltà nella lettura (braille, libri e giornali parlati, audiolibri, documenti a grandi caratteri, documenti tattili, videocassette e DVD, e-book, documenti digitali) ma solo il 26,1% dispone di documenti e libri dedicati a persone con disabilità cognitive come la sindrome dello spettro autistico, l’Alzheimer o con altre disabilità intellettive.

Le biblioteche che hanno attivato collaborazioni con enti terzi, realizzando progetti di inclusione destinati a persone con disabilità fisico-sensoriale, emotiva o con disturbi cognitivi sono il 13,1%; poco meno quelle che hanno realizzato progetti rivolti a persone della comunità che vivono in povertà economica, educativa o culturale (12,4%) e a cittadini immigrati (12,3%). Solo il 3% delle biblioteche è invece attivo in progetti di inclusione destinati alla popolazione detenuta negli istituti penali.