Sud Italia: una impresa su tre non fa nulla per trattenere i giovani talenti.

Il Capitale Umano è ritenuto strategico dalle medie imprese del Mezzogiorno e non solo, ma il 29% non adotta ancora nessuna politica per trattenere i talenti (contro il 15% del resto d’Italia). Una nota dolente per il sistema impresa del Sud Italia rilevata dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere.

Ma, a fronte della difficoltà delle imprese del Meridione di contrastare la fuga dei giovani in altre regioni d’Italia e d’Europa, il Sud dimostra di poter correre più veloce del resto d’Italia. L’87% delle aziende, secondo l’indagine, conta di chiudere il 2023 con un aumento di fatturato (contro il 76% di quelle del Centro Nord) e il 92% prevede aumenti delle esportazioni (contro l’81%).

Sei medie imprese del Mezzogiorno su dieci, ancora, investiranno in digitale e green, proseguendo il cammino intrapreso tra il 2020 e il 2022 o con nuovi investimenti entro il 2025. Il restante 40% circa non ha ancora investito nella Duplice Transizione o non intende più farlo. Sono le barriere economiche a frenare più della metà delle medie imprese del Sud dal fare investimenti 4.0 (contro il 30% delle altre medie imprese), mentre quelle culturali ostacolano prevalentemente la Transizione Green (38% al Sud, 33% altrove).

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“Non esiste un unico Mezzogiorno a cui attribuire un’indiscriminata etichetta di area depressa e senza speranza, ma più Mezzogiorni, alcuni dei quali intraprendenti e ponte di collegamento con il Nord. La provincia di Catania, ad esempio, ha una densità imprenditoriale superiore a quella di Forlì-Cesena, Pesaro-Urbino e Parma. È fondamentale valorizzare le iniziative imprenditoriali di successo del Sud, certamente nell’ambito delle medie imprese, e diffonderle nelle aree meno sviluppate. I giovani, frequentemente presenti nelle amministrazioni locali del Sud, devono essere protagonisti del riscatto: essi possono avere un ruolo nell’ammodernamento e nell’efficientamento della macchina amministrativa, condizione essenziale per fare del Mezzogiorno un’area business friendly e pienamente ricettiva della grande occasione rappresentata dal PNRR”, ha affermato Gabriele Barbaresco, Direttore dell’Area Studi Mediobanca.

La maggiore dinamicità delle medie imprese del Mezzogiorno è confermata dai risultati conseguiti nell’ultimo decennio. Tra il 2012 e il 2021, queste aziende hanno registrato una crescita del fatturato del 44,4% (contro il 40% delle altre). La loro produttività è cresciuta del 33,1% rispetto al +31% del resto d’Italia e la loro competitività è aumentata di 29,6 punti percentuali rispetto a un incremento di 15,3%. delle altre, con rilevante ampliamento della forza lavoro (+29,3% contro +20,7%). Anche il 2022 si è chiuso con un incremento del fatturato nominale delle medie imprese meridionali pari al +20,9% (+5,5% in termini reali) che supera quello delle altre aree (+16,1% nominale, +1,4% reale). Per quanto riguarda le vendite oltreconfine, le medie imprese del Mezzogiorno hanno archiviato il 2022 con un +25,4% nominale (+10,2% reale) sovraperformando rispetto alle altre aree (rispettivamente +15,7% e +1,7%). È importante sottolineare che queste performance sono state ottenute in contesti non sempre favorevoli. Per esempio, nel decennio 2012-2021, il livello di tassazione delle medie imprese meridionali risulta più elevato rispetto al resto d’Italia (valore medio: 32,7% contro il 29,9%).

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In risposta all’instabilità del contesto attuale, il 48,6% delle medie imprese del Mezzogiorno ritiene utile incrementare la dimensione aziendale (contro il 47,8% delle Mid Cap delle altre aree) e la stessa percentuale ritiene necessario favorire l’ingresso di competenze più evolute nel proprio CdA (32,1% negli altri territori).

Inoltre, il 28,6% delle medie imprese del Sud ha in progetto di aprire il proprio capitale a soci finanziari (rispetto al 13% nelle altre aree) e l’11,4% prevede di far ricorso al capitale proprietario (contro il 6,8% nelle altre aree).

Risulta altresì importante una corretta gestione delle catene di fornitura soprattutto in un momento in cui l’incertezza geopolitica potrebbe metterne a rischio la continuità. Per porvi rimedio, le medie imprese meridionali puntano all’incremento del numero dei fornitori privilegiando quelli di prossimità (oltre il 40% delle medie imprese meridionali e non) assumendo che la minore distanza riduca i rischi di interruzione e che vi possa essere maggiore collaborazione fra gli operatori.

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