Pnrr: il bilancio (nonostante le “veline di Palazzo Chigi”) resta provvisorio e complesso.
A quattro anni dall’approvazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il bilancio dell’attuazione italiana resta provvisorio e complesso. A metterlo nero su bianco è l’analisi di Openpolis e Scuola Normale Superiore, che fotografa progetti, soggetti coinvolti e distribuzione territoriale dei fondi, con un’attenzione particolare alla sostenibilità economica, sociale e ambientale.
Il Pnrr, nato nell’alveo del NextGenerationEU, ha rappresentato un punto di svolta nella governance economica europea: finanziato anche con debito comune e caratterizzato da politiche espansive in contrasto con l’austerità del decennio scorso. Ma, come più volte rimarcato nel corso degli ultimi anni, a meno di un anno dalla conclusione prevista nel 2026, permangono dubbi e difficoltà operative.
Molte risorse non sono ancora state assegnate. Alcuni progetti non sono stati individuati, altri risultano già completati ma senza dettagli pubblici. In diversi casi, i dataset contengono errori ed elementi lacunosi. Ne risulta un quadro in evoluzione, che rende difficile valutare oggi l’impatto complessivo sugli equilibri economici e sociali del Paese. Senza contare che si sta cercando di riformare la Corte dei conti per “avere più mano libera” nella spesa delle risorse del PNRR. Insomma, la solita “cafonata burocratica all’italiana“.
I soggetti attuatori – ministeri, comuni, regioni, università e società per azioni – sono gli attori centrali nella traduzione delle risorse in interventi concreti. Al 31 marzo 2025 i progetti censiti sono oltre 284 mila, per un valore complessivo di 226 miliardi di euro. Le Spa guidano la classifica delle risorse gestite (38 miliardi), seguite da comuni (24,5 miliardi) e ministeri (18,8 miliardi). Una dinamica, spiegano da Openpolis, che riflette il crescente peso delle strutture privatistiche, anche a capitale pubblico, nella gestione di politiche pubbliche.
La Lombardia è la regione con più progetti attivi (41.513) e risorse assegnate (13,4 miliardi). Seguono Sicilia, Campania e Lazio con circa 9 miliardi ciascuna. Ma se si guarda agli investimenti pro capite, emergono sorprese: Molise in testa con 4.485 euro per abitante, seguito da Basilicata e Calabria, mentre Lombardia e Veneto registrano i valori più bassi. In totale, quasi 7.900 comuni italiani hanno beneficiato di almeno un progetto finanziato.
Dall’avvio del piano sono state indette oltre 162 mila gare per un valore complessivo di 90 miliardi di euro. La maggior parte delle risorse è stata assegnata tramite procedura aperta (27,3 miliardi), ma oltre un terzo è transitato da affidamenti diretti o procedure sotto soglia. Una scorciatoia che velocizza l’attuazione, ma che – come rilevato dall’Anac – apre anche rischi di scarsa trasparenza e possibili infiltrazioni criminali.
Le evidenze raccolte mostrano come il Pnrr abbia rafforzato il ruolo dei grandi centri urbani e delle Spa, lasciando aperti interrogativi sulla capacità di ridurre i divari territoriali, in particolare nel Mezzogiorno. Al tempo stesso, la coesistenza tra gare pubbliche e affidamenti diretti riflette un equilibrio fragile tra necessità di rapidità e garanzie di controllo.
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