Inclusione scolastica in Italia. Accessibile solo una scuola su tre.

Aumenta la specializzazione degli insegnanti ma si registrano importanti ritardi per l’inclusione degli studenti e delle studentesse con disabilità in Italia.

Nell’anno scolastico 2021-2022 sono stati circa 316mila gli alunni con disabilità che frequentano le scuole italiane (+5% rispetto al precedente anno scolastico, ovvero 15mila nuovi iscritti). Molte le scuole (76%) che dispongono di postazioni informatiche adattate alle esigenze degli alunni con disabilità, ma le tecnologie di supporto sono ancora insufficienti per una scuola su cinque, secondo le ultime rilevazioni dell’ISTAT.

Negli ultimi anni, la Didattica a distanza (DAD) adottata per contenere i contagi da Covid-19 ha rappresentato un ostacolo alla partecipazione e all’interazione tra coetanei. Le complessità di carattere tecnico e organizzativo legate alle lezioni a distanza, la necessità dello studente di avere un supporto adeguato durante il collegamento online e le difficoltà di interagire attraverso un monitor hanno reso difficile la partecipazione alla DAD, soprattutto per gli studenti con disabilità.

Se già nell’anno precedente le disposizioni ministeriali indirizzavano le scuole verso un ricorso moderato alla DAD, nell’anno scolastico 2021-2022, con il Decreto legge 111 del 2021, si è disposto che tutte le attività didattiche venissero svolte in presenza, consentendo alle scuole di ricorrere alle lezioni online solo in circostanze di straordinaria necessità e con la raccomandazione di garantire, anche in tali circostanze, l’attività in presenza agli alunni con disabilità.

Le nuove disposizioni, oltre a limitare il ricorso alle lezioni a distanza, hanno consentito a molti studenti con disabilità di partecipare in presenza durante i periodi di restrizioni.

Nelle scuole che hanno attivato la DAD (64%), più di 86mila studenti con disabilità hanno preso parte alle lezioni in presenza mentre il resto della classe era collegata da remoto; quasi 76mila hanno invece partecipato a distanza al pari dei compagni, la quota di esclusi si è attestata all’1,7% contro il 2,3% dell’anno precedente e il 23% dell’anno scolastico 2019-2020 (per il resto degli iscritti la quota di esclusi è pari allo 0,4%).

Nonostante si sia registrato un aumento dei livelli di partecipazione alla didattica, gli aspetti di socializzazione restano penalizzati: degli oltre 86mila alunni con disabilità che hanno partecipato in presenza nei periodi in cui la classe era in DAD, solo uno su tre ha potuto interagire con i coetanei collegati da remoto, gli altri hanno partecipato con il solo insegnante per il sostegno, in totale isolamento dal gruppo classe.

La gravità della patologia continua a rappresentare il principale motivo di esclusione dalla didattica a distanza (37% dei casi), seguono il disagio socio-economico, la difficoltà organizzativa della famiglia (entrambi al 16%) e la mancanza di strumenti tecnologici adeguati (13%). Tra i motivi meno frequenti si osservano: la difficoltà di adattare il Piano educativo per l’inclusione (PEI) alla Didattica a distanza (7%) e la mancanza di ausili didattici specifici (3%).

Sono oltre 207mila gli insegnanti per il sostegno impiegati nelle scuole italiane nell’anno scolastico 2021/2022: quasi 200mila nella scuola statale (fonte MIUR) e più di 7mila nella scuola non statale (fonte Istat), in crescita di oltre 16mila unità rispetto all’anno scolastico precedente (+8% registrato quasi esclusivamente nella scuola statale).

LEGGI ANCHE:  Inclusione dei disabili, Gianantonio Da Re: "Adottare strumenti finanziari finalizzati a incentivare progetti pilota per ciechi e ipovedenti".

A livello nazionale, il rapporto alunno-insegnante, pari a 1,5 alunni ogni insegnante per il sostegno, è più favorevole di quello previsto dalla Legge 244/2007 che raccomanda un valore pari a 2.

Di questi docenti, più di 70mila (il 32%) sono stati selezionati dalle liste curricolari, si tratta cioè di insegnanti che non hanno una formazione specifica ma vengono impegnati nelle classi frequentate da alunni con disabilità per far fronte alla carenza di figure specializzate. Questo fenomeno è più frequente nelle regioni del Nord, dove la quota di insegnanti curricolari che svolgono attività di sostegno sale al 42%, mentre si riduce al 19% nel Mezzogiorno.

All’insufficienza di insegnanti con formazione specifica si affianca spesso un ritardo nell’assegnazione: a un mese dall’inizio della scuola, infatti, circa il 14% degli insegnanti per il sostegno non risulta ancora assegnato. Tale quota sale al 17% nelle regioni del Nord e tocca le punte massime in Lombardia (20%) Friuli Venezia Giulia e Liguria (19 e 20%).

Nonostante la carenza di figure specializzate rappresenti ancora una criticità, emergono alcuni segnali positivi: negli ultimi tre anni la quota di insegnanti specializzati per il sostegno ha registrato un significativo incremento, passando dal 63% dell’anno scolastico 2019-2020 al 68% dell’anno scolastico 2021-2022.

Va inoltre segnalato che per l’anno 2021 il DM 188 ha introdotto un sistema formativo rivolto al personale docente non specializzato su sostegno e impegnato nelle classi con alunni con disabilità, con l’obiettivo di garantire una conoscenza di base relativa alle tematiche inclusive.

Ancora poco diffusa la formazione in tecnologie educative. Gli strumenti tecnologici a supporto della didattica sono numerosi e in continua evoluzione ed è fondamentale il progressivo aggiornamento degli insegnanti per favorirne un uso corretto.

La formazione dei docenti per il sostegno in tecnologie educative specifiche per gli alunni con disabilità risulta però ancora poco diffusa. In una scuola su 10 nessun insegnante per il sostegno ha mai frequentato un corso specifico di aggiornamento per l’utilizzo di tali tecnologie; nel 62% delle scuole soltanto alcuni docenti hanno frequentato corsi mentre nei restanti casi (28%) tutti gli insegnanti hanno frequentato almeno un corso. Le scuole in cui tutti i docenti per il sostegno utilizzano questi strumenti sono soltanto il 54%, un valore ancora lontano dalla copertura totale.

Pochi gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione nel Mezzogiorno. Nelle scuole italiane gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione che affiancano gli insegnanti per il sostegno sono più di 65mila, di questi il 4,6% conosce la lingua italiana dei segni (LIS). Sono operatori specializzati, finanziati dagli enti locali, la cui presenza può migliorare la qualità dell’azione formativa, facilitando la comunicazione e l’interazione dello studente con disabilità e stimolando lo sviluppo delle sue abilità nelle diverse dimensioni dell’autonomia.

La disponibilità di assistenti all’autonomia varia molto sul territorio con un rapporto alunno/assistente pari a 4,5 a livello nazionale. Nel Mezzogiorno il rapporto sale a cinque, con punte massime in Campania dove supera la soglia di 12 alunni con disabilità per ogni assistente. La presenza di assistenti aumenta invece nelle regioni del Centro e del Nord (con un rapporto rispettivamente di 4,1 e 4,3 alunni per assistente). Il rapporto più basso si ha invece nelle Marche ( 2,8), seguono la Provincia Autonoma di Trento (3,2) e la Lombardia (3,2).

LEGGI ANCHE:  Scuola, precari: circa 75.000 i posti disponibili.

Tecnologia più carente nel Mezzogiorno. La tecnologia può svolgere un’importante funzione di “facilitatore” nel processo d’inclusione scolastica, supportando l’alunno nella didattica e aumentando i livelli di comprensione. In Italia, il 76% delle scuole primarie e secondarie dispone di postazioni informatiche adattate alle esigenze degli alunni con disabilità. La dotazione maggiore si registra nella Provincia autonoma di Trento (88%), seguono Umbria (84%) ed Emilia-Romagna (83); la Sardegna presenta invece la percentuale più bassa (66%).

Il bisogno di questi strumenti non risulta sempre soddisfatto. Più di una scuola su cinque definisce insufficiente la dotazione di postazioni informatiche adattate. Questa carenza aumenta nel Mezzogiorno dove una scuola su tre segnala tale problematica. Tra gli ordini scolastici, risulta più sprovvista la scuola primaria (con il 28% delle scuole con postazioni insufficienti).

Nella scuola dell’infanzia gli strumenti informatici a supporto della didattica sono diversi da quelli utilizzati nelle scuole degli altri ordini, perché commisurati all’età degli alunni e al tipo di attività svolta: quelle che utilizzano una tecnologia specifica a supporto dell’alunno con sostegno sono il 23%, senza differenze rilevanti a livello territoriale.

Postazioni informatiche in classe: più fornite le scuole del Centro Italia. Per favorire una didattica inclusiva è importante che le postazioni informatiche adattate alle esigenze degli alunni con disabilità vengano collocate all’interno della classe. Il loro posizionamento in ambienti esterni può infatti ostacolarne l’utilizzo quotidiano come facilitatore per la didattica insieme al gruppo dei coetanei.

Tra le scuole che dispongono di postazioni informatiche, la collocazione in classe si registra nel 47% dei casi, quota che scende nel Mezzogiorno con punte minime in Puglia (36%). Il rimanente 53% dei plessi scolastici dispone di queste tecnologie solo in ambienti esterni (laboratori o aule per il sostegno). Negli ultimi quattro anni si osserva però un discreto miglioramento: le scuole dotate di postazioni in classe sono passate dal 37% al 47%.

Barriere architettoniche: accessibile solo una scuola su tre. Nell’anno scolastico 2021-2022 nelle scuole sono ancora presenti molte barriere fisiche: soltanto una scuola su tre risulta accessibile per gli alunni con disabilità motoria. La situazione è migliore nel Nord del Paese dove i valori sono superiori alla media nazionale (39,5% di scuole a norma) mentre peggiora, raggiungendo i livelli più bassi, nel Mezzogiorno (31,8%). La regione più virtuosa è la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, con il 58,4% di scuole accessibili, di contro la Provincia autonoma di Bolzano/Bozen si distingue per la presenza più elevata di barriere fisiche (soltanto il 19% di scuole accessibili).

L’assenza di un ascensore o la mancanza di un ascensore adeguato al trasporto delle persone con disabilità rappresenta la barriera più diffusa (45%). Numerose anche le scuole sprovviste di servoscala interno (31%) o di bagni a norma (24%). All’interno degli edifici, invece, raramente le scale o le porte non sono a norma (rispettivamente 6% e 3 % dei casi).

Scarsa accessibilità per gli alunni con disabilità sensoriale. L’accessibilità degli spazi deve comprendere anche gli ausili senso-percettivi destinati all’orientamento degli alunni con disabilità sensoriali all’interno del plesso scolastico: solo il 16% delle scuole dispone di segnalazioni visive per studenti con sordità o ipoacusia, mentre le mappe a rilievo e i percorsi tattili, necessari a rendere gli spazi accessibili agli alunni con cecità o ipovisione, sono presenti solo nell’1,5% delle scuole.

LEGGI ANCHE:  Scuola. Il ministro Bianchi firma l’Atto di indirizzo per il 2022.  

La situazione riguarda tutto il territorio nazionale, con poche differenze tra il Nord e il Sud.

Nonostante si rilevi ancora un grave ritardo nei livelli di accessibilità, solo il 19% delle scuole ha effettuato, nel corso dell’anno scolastico, lavori finalizzati all’abbattimento delle barriere architettoniche mentre il 17% dichiara di non averlo fatto anche se l’edificio ne avrebbe avuto bisogno.

In aumento gli alunni con “altri” bisogni educativi speciali. L’area dello svantaggio scolastico è molto ampia e non riguarda solo gli alunni con disabilità. Tra gli studenti con difficoltà educative-apprenditive, che richiedono un percorso didattico personalizzato, figurano gli alunni con disturbi evolutivi specifici (come i disturbi dell’apprendimento riconosciuti dalla Legge 8 ottobre 2010, n. 170) oppure quelli con problemi dovuti al loro ambiente socio-economico, linguistico e culturale di provenienza.

Questi studenti, insieme agli alunni con disabilità, rientrano nella sfera degli alunni con Bisogni educativi speciali (BES). Per questa tipologia di bisogni una direttiva ministeriale del 2012 ha definito in maniera formale gli strumenti di intervento a favore di percorsi educativi personalizzati.

L’interesse per i Bisogni educativi speciali è aumentato progressivamente con la crescita di questo fenomeno dovuta alla maggiore riconoscibilità, rispetto al passato, di molti disturbi che interferiscono con l’apprendimento, alla più attenta osservazione da parte di docenti e genitori e all’aumento di studenti provenienti da altri Paesi.

Se escludiamo gli alunni con disabilità descritti in precedenza, gli “altri” alunni che presentano un Bisogno educativo speciale superano l’8% degli alunni iscritti. Più della metà sono alunni con disturbi specifici dell’apprendimento (51,8%); l’altra quota più importante è rappresentata dallo svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale (35,4%).

Rispetto all’anno scolastico 2017/2018 la presenza di questi studenti all’interno della scuola risulta in aumento del 23% (+113mila circa): più alto l’incremento nelle regioni del Centro (+25%) rispetto a quelle del Nord (+22%).

Bisogni educativi speciali maggiori nella scuola secondaria. A tutti i bisogni di didattica specifica le scuole rispondono attraverso la logica dell’intervento individuale, che si concretizza con la predisposizione del Piano didattico personalizzato dell’alunno (PDP) in tutti gli ordini scolastici, in particolare all’interno della scuola secondaria di primo grado.

In questo ordine scolastico gli alunni con Bisogni educativi speciali, esclusi i ragazzi con disabilità, rappresentano ben il 12,3% degli alunni iscritti, contro il 7% nella scuola primaria; negli ultimi quattro anni l’incremento più consistente si osserva però nella scuola secondaria di secondo grado dove sono aumentati di circa 85mila unità. La maggiore concentrazione è negli Istituti professionali e di tipo artistico, in cui rappresentano, rispettivamente, il 17,5% e il 16,6% degli iscritti. Nettamente inferiore la loro presenza all’interno dei Licei, scientifico e classico (intorno al 5%).

Questi studenti sono in aumento anche nella scuola dell’infanzia, con un rapporto sul totale degli iscritti che passa dallo 0,9% all’1,3% in quattro anni.