‘Puliamo la Sella’: volontari per un ambiente plastic free.

Sabato 29 Giugno 2019 nell’area di Marina Piccola a Cagliari, ha avuto luogo il secondo evento “Puliamo la Sella” organizzato dalla fondazione MEDSEA in collaborazione con la fondazione statunitense Parley for the Oceans e il brand Corona. 200 volontari distribuiti tra l’arenile, il promontorio, e sott’acqua, dalle 9 del mattino sino alle 12:30, con l’utilizzo di Kayak, pedalò, gommoni, sup, con le bombole o il boccaglio, hanno raccolto quintali di rifiuti. In contemporanea, presso il Windsurfing Club, la fondazione MEDSEA ha realizzato, insieme all’associazione Punti di Vista, Little Star e Spin Art Bike, laboratori gratuiti di educazione ambientale, dedicati ai bambini dai 6 agli 11 anni. Inoltre, alcuni chioschi del Poetto di Cagliari hanno aderito al programma “Bar for the Sea” promosso da MEDSEA in collaborazione con Parley for the Oceans, con l’obiettivo di ridurre il consumo delle plastiche monouso, di arrivare a quota zero bottiglie di plastica entro 5 anni, di impegnarsi a ridurre l’impatto ambientale sulla spiaggia, informare i clienti, realizzare gli acquisti verdi e migliorare la gestione dei rifiuti.   

MEDSEA è una fondazione sarda, presieduta da Alessio Satta, che lavora tramite progetti e azioni concrete per tutelare il patrimonio naturale e culturale a livello locale e internazionale, e per creare un futuro sostenibile nel bacino del Mediterraneo.

Presidente Satta, com’è nata la fondazione MEDSEA?

<<E’ nata da un incontro tra persone che volevano proseguire una collaborazione, che in alcuni casi proseguiva da tanti anni, un gruppo di  persone con cui ho lavorato su tutto il mediterraneo, e con cui ho lavorato alla conservatoria delle coste. L’idea della fondazione nasce subito dopo, quindi un po per mettere insieme questo patrimonio di conoscenze, ma anche di modelli di sviluppo sostenibile che avevamo sperimentato in Sardegna con la conservatoria delle coste. E da qui l’idea di creare una fondazione perché tra gli obiettivi statutari, nel caso ci fossero delle donazioni da privati, c’era anche quello di poter tutelare e acquistare pezzi di costa, acquistare o riceverli in donazione per tutelarli. Quindi l’idea della fondazione, e non dell’associazione, o società, o cooperativa, proprio perché la fondazione ha questa specificità.  MEDSEA è stata fondata a Maggio 2015>> .

Qual è stato il primo progetto che avete realizzato?

<<Uno dei primissimi progetti è stato un progetto che abbiamo fatto per la creazione di due aree marine protette sulle isole di São Tomé e di Príncipe, un po lontani dal mediterraneo perché sono nell’Atlantico; e poi un progetto sullo studio dei  cambiamenti climatici nel mar Mediterraneo>>.

Quale attività ha prodotto più risultati per la vostra Fondazione?

<<Il progetto più importante che abbiamo oggi, si chiama “Maristanis”, è un progetto sulla tutela delle zone umide nel golfo di Oristano. È un progetto che è iniziato nel 2017 e che proseguirà sino al 2022, è un progetto che per i primi 3 anni ha ricevuto un finanziamento di 2 milioni di euro da una fondazione privata che è MAVA, quindi fondi privati che la fondazione gestisce per tutelare le zone umide dell’oristanese. Sono 6 siti Ramsar, quindi siti di importanza internazionale. È un lavoro titanico che tra l’altro coinvolge solo per MEDSEA 20 persone, 20 professionisti, il più grande di età sono io, e sono persone che hanno diverse competenze, abbiamo biologi, botanici, economisti, architetti, ingegneri, ecc. Il lavoro è enorme perché riguarda gli ambienti di transizione quindi le zone umide, e anche la parte marina. Abbiamo delle attività legate alla pesca, realizzeremo degli ancoraggi ecosostenibili, lavorando al fianco dei pescatori sia in mare sia negli stagni  per migliorare la loro produzione; un lavoro importante con soggetti come Nieddittas e la 3A di Arborea per migliorare la loro ecosostenibilità. All’interno del progetto ci occupiamo anche di turismo ecosostenibile e di artigianato. Visto che ci stiamo rivolgendo ai giovani, è chiaro che quello di “Maristanis”, così come anche altri progetti, è un’opportunità secondo me di crescita professionale molto importante per le persone che appena uscite dall’università parlano inglese o francese, perché il progetto è in inglese però abbiamo un partenariato internazionale che rappresenta un po’ tutto il mondo dell’ambientazione internazionale, dell’ambiente nel mediterraneo, e che quindi da molte opportunità di entrare in contatto con questo tipo di realtà. Per cui noi sicuramente siamo aperti e disponibili a seguire studenti che vogliono fare la tesi di laurea, di dottorato, o il tirocinio durante o dopo gli studi. Perché siamo anche consapevoli che non ci sono tante altre occasioni in Sardegna per fare questo tipo di esperienza concreta sul campo, ma allo stesso tempo con il meglio della conoscenza internazionale. Quindi è chiaro che per i ragazzi sardi può essere una grande occasione, anche semplicemente per mettere nel curriculum 5/6 mesi di collaborazione. Tra l’altro abbiamo un continuo bisogno di profili di diverso tipo, dalla comunicazione, fino appunto a profili molto tecnici legati anche alla progettazione di sistemi dunali, come per esempio geomorfologi>> .

Nel progetto “Maristanis” sono coinvolti 11 comuni. Come valutate l’interazione e la cooperazione con le istituzioni locali?

LEGGI ANCHE:  Politica di coesione: opportunità per giovani giornalisti.

<<A volte ci sono state delle barriere, ma ti dirò, molto meno di quanto uno si possa immaginare, perché credo che i comuni apprezzino molto il fatto che siamo un soggetto privato che non chiede soldi, ma ne porta, e questo apre porte che sono chiuse ovviamente a tutti gli altri, perché normalmente il comune chiede risorse alla regione, ma questo per lui è estremamente complesso, anche in  termini di burocrazia, noi riduciamo la burocrazia perché abbiamo noi i fondi diretti. Qualche giorno fa eravamo tutti a Oristano per discutere del così detto contratto di costa, o meglio delle zone umide costiere, per fare un consorzio, e speriamo un giorno un parco di tutti i comuni per la tutela delle zone umide e delle aree marine del golfo di Oristano. Quindi c’erano tutti i sindaci a raccontarci le loro criticità e come possiamo aiutarli. È importante il fatto che noi siamo privati con soldi privati, perché credo che sia forse la prima volta, o almeno non l’ho mai sentito fino ad oggi nella mia esperienza, che un soggetto privato con soldi privati porta delle soluzioni di cui beneficiano gli organismi pubblici>>.

Lavorate anche grazie ai fondi europei?

<<Abbiamo un progetto europeo, ne abbiamo avuto un altro, e speriamo di averne un terzo a breve, quindi si, lavoriamo anche sui fondi europei. Uno che abbiamo si chiama “Grrinport”, lavoriamo sulle acque dei porti. Ne abbiamo avuto un altro che lavora sulle saline, come migliorare la sostenibilità della lavorazione del sale, e il sito pilota è quello di Saline Conti Vecchi, quindi dell’area di Santa Gilla>>.

In futuro prevedete di espandere il progetto Maristanis anche nell’area di Cagliari?

<<L’area di Cagliari è più complessa paradossalmente, l’ho sperimentato anche quando ero alla conservatoria. La conservatoria l’aveva proposto, come regione, ai comuni del cagliaritano, ma diciamo che gli interessi politici in questo caso, ma soprattutto la grande dimensione dei comuni di Cagliari e Quartu, rende molto difficile trovare interlocutori veramente interessati a risolvere i problemi. Mentre invece per quanto riguarda Santa Gilla Conti Vecchi c’è il FAI che gestisce il sito, con cui si interloquisce benissimo, e che è un partner estremamente efficace ed efficiente. Poi a Cagliari c’è una presenza storica di Legambiente, quindi c’è anche giustamente un modello che si è radicato, però va bene così, non si può fare tutto. Sicuramente una zona anche estremamente interessante è quella di Sant’Antioco, con le lagune di Sant’Antioco, quello è un sito su cui bisognerà a un certo punto fare una riflessione>>.

Vi siete occupati del progetto “RAMOGE” che vede la cooperazione tra Francia, Monaco, e Italia

LEGGI ANCHE:  Ladri di sabbia: sanzionati 5 turisti.

<<Si, quello è un progetto sempre sui cambiamenti climatici, e li abbiamo sperimentato un modello per valutare gli impatti dei cambiamenti climatici legati agli ecosistemi marino-costieri, quindi sui sistemi dunali, sulle foreste costiere, sulle lagune, poi sulla posidonia e sul coralligeno. Una volta studiati gli impatti fisici, abbiamo misurato il valore del prodotto dei servizi eco-sistemici, e quindi la perdita associata ai cambiamenti climatici o all’azione dell’uomo di questi sistemi, quanto equivale in termini di perdita economica. Perché molto spesso è necessario raccontare non solo la perdita di un sistema, ma anche quanto è poi la perdita concreta da un punto di vista economico per la società e la comunità locale. Quindi è stato un lavoro molto importante, e adesso stiamo continuando con la città di Antibes, perché proprio da quel progetto stiamo lavorando insieme al comune e alla regione per rendere un’area, che poi è un delta fluviale, per eliminare infrastrutture, decementificarla per ridarle una situazione naturale, e quindi di area di laminazione di eventi estremi, da terra o da mare, dove tra l’altro ci sono stati eventi disastrosi che hanno portato delle vittime. Quindi quello è un progetto interessante che entra nella famiglia delle così dette soluzioni basate sulla natura, ovvero in che modo l’ingegneria naturalistica porta a rendere un territorio più resiliente rispetto agli impatti, che siano climatici o che siano antropici>>.

Quali sono i valori che più vi rappresentano?

<<Il valore che più ci rappresenta è quello del gruppo. Abbiamo avuto uno studente di dottorato croato, che sta facendo il dottorato in Francia e che riparte oggi, e ieri abbiamo festeggiato tutti insieme, nel senso che lui anche in pochi mesi è subito entrato nel gruppo. Chiunque lavora qui, lavora molto al di la di quello che poi viene retribuito, quindi partecipa a tutte le attività anche di volontariato, perché la fondazione non si limita a fare attività ovviamente su cui c’è una retribuzione, ma fa anche molta attività di volontariato, tra cui appunto l’evento di domani, quindi tutti partecipano allo stesso modo. Quindi il gruppo, la multidisciplinarietà, e poi quello che ci distingue credo da molti soggetti che operano nello stesso settore è che il nostro lavoro è radicato sull’approccio scientifico, quindi questo ovviamente richiede molta energia perché i lavori che noi facciamo sono magari più lunghi, o richiedono più tempo o più risorse rispetto ad altri, però lavoriamo molto su questa dimensione>> .

Quale messaggio possiamo lanciare ai giovani sardi?

<<Ai giovani d’oggi il messaggio principale è:  studiare, studiare, studiare! Seguire i propri sogni e le proprie ambizioni; non farsi intimidire dai vecchi, dai millenials. Denunciare tutte le ingiustizie che trovano, cosa che abbiamo disimparato. E impegnarsi perché poi alla fine siamo nel periodo di Greta Thunberg ed è una dimostrazione lampante di questo fatto. Siamo nel periodo di Carola, la comandante della Sea Watch, che ha 31 anni. Ecco questi per me esistono, cioè questi modelli, per quanto ovviamente il mondo conservatore cerchi di distruggerle, le attacca personalmente, gli va a cercare la famiglia, la macchina del fango, però queste persone esistono, quindi noi dobbiamo seguire il loro esempio, fare come loro, difenderle. Questa è una cosa che chiama tutti ad agire velocemente. Anche uscendo dal social network, io personalmente ci passo del tempo, però quando posso lo faccio in strada, in piazza, ecc; il social network è importante, ma non può essere la sola soluzione per protestare. Quindi bisogna andare lì, bisognerebbe invadere l’isola di Lampedusa e far vedere che quella nave deve attraccare e far sbarcare le persone che sta trasportando. Anche noi meno giovani lo facciamo, però è chiaro che i giovani hanno più tempo, hanno più energia, possono permettersi di partire a Lampedusa e starci in sacco a pelo, io non me lo posso più permettere anche se mi piacerebbe tanto, e se avessi 20 anni in meno sarebbe la prima cosa che avrei fatto, sarei partito a Lampedusa per testimoniare la mia solidarietà. E questo è quello che si può fare anche per tutti i disastri ambientali, per il clima, poi ci sono tantissime altre cose oltre il clima. Però va bene, è un inizio, anche andare a pulire una spiaggia è già una cosa molto importante>>.

Dopo aver parlato con il presidente Satta abbiamo discusso sul tema con la dottoressa in Scienze Ambientali Maria Pala:

LEGGI ANCHE:  Entrate tributarie 2022: +48,4 miliardi di euro.

Dott.ssa Pala, quale apporto ha dato al progetto “Maristanis”?

<<Lavoro con MEDSEA da circa un anno, supportando le attività di varie strategie e ora lavoro in particolare sulla parte dell’educazione ambientale>>.

Com’è valuta l’attività nelle scuole? Come descriverebbe la risposta degli studenti e delle studentesse?

<<Non solo i ragazzi, ma anche gli insegnanti spesso fanno domande. Infatti l’idea è anche quella di fare dei seminari per gli insegnanti oltre alle attività dedicate agli studenti. I comuni coinvolti nel progetto sono 11 e cercheremo di coinvolgere il maggior numero di scuole di ogni ordine e grado. Abbiamo già iniziato a lavorare con gli insegnanti e poi con gli studenti, e c’è tanto interesse e sensibilità per queste tematiche. Abbiamo fatto anche qualche cleanup con i bambini e non volevano smettere di raccogliere, dicevano “Torniamo domani!”. Addirittura i ragazzi delle medie si sono organizzati la settimana dopo per andare in bicicletta nella stessa spiaggia, perché loro andavano lì al mare però non avevano mai visto tutto quello che andava a finire nella zona retrodunale, quindi hanno deciso di riandare in bicicletta per continuare a pulire. Poi abbiamo fatto vedere anche immagini scioccanti sugli animali, l’effetto che l’inquinamento da plastica ha sugli uccelli, sulle tartarughe, sui cetacei. Spesso la gente non si rende conto e dice “E ma l’usa e getta è comodo!” e poi però quando vedi queste cose… Noi eravamo ad Arzachena il 28 Marzo per il progetto “Adotta una spiaggia”, quando è stato ritrovato proprio quel capodoglio  che aveva un feto di 2 chili e mezzo, e aveva 22 Kg di plastica che al 90% era usa e getta. Quindi quando ho fatto vedere anche queste immagini ai bambini restavano scioccati. La plastica in se non andrebbe demonizzata, perché la plastica che si utilizza per fare dei materiali come per esempio i pezzi degli aerei in modo che siano più leggeri, o le automobili, ok, però se utilizzi un materiale che ha una durata eterna per fare degli oggetti che utilizzi per 5/10 minuti, come una cannuccia durante gli aperitivi… E quindi dico queste piccole cose che aiutano ad aprire gli occhi. E poi i bambini sono moltiplicatori perché alla fine poi lo vanno a dire ai genitori, e quindi è molto importante…>>.

(Martina Mameli)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.