Siccità: disponibilità acqua ridotta del -19% negli ultimi 30 anni.

In base ai dati attualmente disponibili e alle valutazioni del modello idrologico BIGBANG di ISPRA, la disponibilità di risorsa idrica media annua, calcolata sul lungo periodo 1951–2020, ammonta a circa
141,9 miliardi di m3, dei quali circa 64 miliardi di m3 vanno a ricaricare le falde acquifere.

Il calcolo della disponibilità di risorsa idrica effettuato su trentenni climatologici successivi (1951–1980; 1961–
1990; 1971–2000; 1981–2010; 1991–2020) ha evidenziato un trend negativo nei valori di disponibilità idrica. Il valore annuo medio di risorsa idrica disponibile per l’ultimo trentennio 1991–2020 si è infatti ridotto del 19% rispetto a quello relativo al trentennio 1921–1950 stimato dalla Conferenza Nazionale delle Acque tenutasi nel 1971 e che rappresenta il valore di riferimento storico.

Fin dall’inizio dell’anno, la siccità ha interessato l’Italia centro-settentrionale e in particolare il distretto idrografico del Fiume Po. Le ultime riunioni degli Osservatori distrettuali permanenti per gli utilizzi idrici, a cui l’ISPRA ha partecipato, hanno confermato uno scenario di severità idrica alta per i distretti del Fiume Po, delle Alpi Orientali (ad eccezione del bacino dell’Adige per il quale la severità è media) e dell’Appennino Settentrionale e uno scenario di severità idrica media, con trend in peggioramento, per il distretto dell’Appennino Centrale (con il territorio umbro e parte del sud delle Marche, già in condizioni di severità alta).

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Quali sono le tendenze e gli impatti a breve, medio e lungo termine dei cambiamenti climatici sul ciclo idrologico e, in particolare, sulla disponibilità di risorsa idrica? La situazione che emerge dalle prime valutazioni effettuate dall’ISPRA è decisamente poco rassicurante e si prevede a livello nazionale una riduzione della disponibilità di risorsa idrica, che va dal 10% nella proiezione a breve termine, nel caso di un approccio di mitigazione aggressivo nella riduzione delle emissioni di gas serra, al 40% (con punte del 90% per il sud Italia) nella proiezione a lungo termine, ipotizzando che la crescita delle emissioni di gas serra mantenga i ritmi attuali.

Uno studio commissionato dalla EU nel 2007 sul potenziale risparmio idrico in Europa, ha stimato che il consumo d’acqua potrebbe aumentare del 16% entro il 2030 in uno scenario «business as usual», mentre l’utilizzo di tecnologie di risparmio idrico in ambito industriale e una migliore gestione dell’irrigazione in ambito agricolo potrebbero ridurre gli sprechi fino a oltre il 43%.

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Per quanto riguarda la domanda di acqua in l’Italia, i dati forniti nel database European Environment
Information and Observation Network (EIONET), derivati da informazioni nazionali trasmesse, nel nostro caso, dall’Istat, in risposta a questionari e a reporting europei, indicano che il prelievo totale medio annuo per l’Italia si aggirerebbe sui 37,7 miliardi di m3; confrontando tale valore dei prelievi con la risorsa idrica media annua disponibile, ne deriva una condizione media nazionale di stress idrico.

Rispetto a una condizione di scarsità idrica, risulta ancor più interessante il tema delle perdite in rete del servizio di distribuzione dell’acqua potabile. Le statistiche dell’Istat sull’acqua per gli anni 2019-2021, rivelano che nel 2020, nei 109 Comuni capoluogo di provincia/città metropolitana, il servizio di distribuzione dell’acqua potabile è stato caratterizzato da perdite in rete dell’ordine del 36%, il che si traduce nel fatto che a fronte di un prelievo di 370 litri per abitante al giorno, quelli effettivamente utilizzati sono 236.

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Le analisi dell’Istat evidenziano che le perdite totali di rete si riducono di circa un punto percentuale (rispetto al 2018), proseguendo la tendenza iniziata nel 2018, quando a seguito della siccità del 2017 venne avviata una serie di interventi.

Per migliorare la gestione della risorsa in un’ottica di adattamento e sostenibilità, specialmente in occasione di eventi di siccità e/o di scarsità idrica, sarebbe necessario disporre di un monitoraggio sistematico e omogeneo delle portate, dei prelievi e delle restituzioni, a copertura nazionale. Ciò consentirebbe agli enti coinvolti a vario titolo nella valutazione e gestione della risorsa idrica, tra cui l’ISPRA, di poter costruire con maggior dettaglio il quadro conoscitivo e i possibili effetti di differenti scenari di utilizzo della risorsa stessa.

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