Riforma sanitaria. Entra nel vivo la discussione in aula.

Dopo le ultime settimane in commissione Sanità, la riforma del sistema sanitario entra in aula. Seduta iniziata, dopo le formalità di rito, con l’intervento del relatore di maggioranza Domenico Gallus di UDC-Cambiamo.

Nel suo intervento Gallus ha ricordato che tutte le audizioni svolte dalla commissione hanno espresso in modo concorde un parere negativo sull’esperienza dell’Ats e, in parte, sul ruolo di Ares, per motivi analoghi, anche se la legge prevede sul punto un organismo di raccordo fra la stessa Ares e le Asl. Gallus ha citato, ancora, la posizione dell’Anci a favore di una rispondenza fra sistema sanitario e territori, dei sindacati, contrari ad una visione aziendalistica e per la valorizzazione del personale ed il potenziamento dell’Aou di Cagliari attraverso la fusione con gli ospedali oncologico e microcitemico in modo da consentire all’Università di “centrare” gli standard nazionali migliorando le proprie posizioni.

Su questo punto, ha precisato Gallus, la commissione ha svolto un supplemento di istruttoria con nuove audizioni, registrando posizioni contrapposte e rimettendo la decisione finale all’Aula sulla base di una relazione illustrativa dell’assessorato, così come sarà il Consiglio a decidere sul centro di chirurgia robotica che potrà essere collocato presso l’ospedale marino di Alghero.

Rispetto al testo iniziale, ha aggiunto il presidente della commissione, sono stati presentati 80 emendamenti che la stessa commissione, anche grazie al contributo dell’opposizione, ha esaminato con sollecitudine, approvandone alcuni, mentre altri sono stati ritirati. Quanto al parere del Cal, che è stato critico definendo la riforma poco coraggiosa, secondo Gallus si è trattato di una posizione eccessiva perchè in realtà le istanze dei territori saranno tenute in grande considerazione. La riforma che stiamo proponendo, ha concluso Gallus, è per noi più aderente a bisogni della popolazione, conserva alcuni aspetti positivi del sistema precedente, individua un nuovo modello gestionale di alcuni processi con l’Ares e pone le basi per un programma di investimenti e di manutenzioni per gli ospedali.

Il capogruppo del Pd Gianfranco Ganau, relatore di minoranza, ha parlato di una legge essenziale che merita una consultazione di ampio respiro, in totale controtendenza rispetto all’operato della maggioranza. Per Ganau è giustificata la posizione del Cal, Comitato autonomie locali, che nel suo parere ha denunciato l’allontanamento della Regione dai problemi dei cittadini.

“Quella del Cal, ha precisato Ganau, è anche la nostra posizione, perché la legge non tocca la qualità assistenza, non risolve le carenze del sistema ma le aggrava, prevede una gestione ordinaria, torna indietro senza una analisi di quello che sarebbe stato necessario correggere, ripropone sotto altre forme l’Ats (che forse ha ecceduto nella centralizzazione) senza nemmeno pensare a concedere più autonomia ai manager assegnando loro un budget”.

Un riforma che per il relatore non toccherebbe i nodi del sistema, territorio, rete ospedaliera e prevenzione, rinviando ad altre leggi, moltiplicando le aziende da 6 a 14, prevedendo 48 nuove figure apicali e spendendo complessivamente di più rispetto all’attuale paradigma sanitario. Inoltre – sempre Ganua – ha affermato che ci vorrà molto tempo perché vada a regime, il contrario di quanto sarebbe stato necessario per i cittadini, soprattutto nel dopo-pandemia.

Per l’esponente sardista Stefano Schirru il sistema che nascerà dalla nuova riforma migliorerà l’attuale sistema sanitario regionale: “Finalmente parte la ‘riforma delle riforme’ che mette fine alla gestione disastrosa (come hanno detto tutti) dell’Ats voluta dal centro sinistra, che ha dato ai sardi meno prestazioni, più liste d’attesa, più burocrazia e meno qualità. Noi – ha proseguito Schirru -, non abbiamo verso la sanità un approccio ideologico e siamo aperti ai contributi di merito, perché siamo convinti che i cittadini abbiano diritto a buona sanità. La Sardegna è una regione molto vasta e poco popolata con bisogni sanitari specifici per cui era impensabile immaginare un organico unico di gestione, serve invece prossimità e sussidiarietà e questa riforma ha il merito di tenere queste cose insieme, territorio, condivisione delle decisioni per acquisti, gare e contratti, l’ospedale Brotzu come riferimento regionale, l’Areus che dovrà specializzarsi ancora, il riconoscimento del ruolo delle Università”. 

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Il consigliere del M5S Michele Ciusa, partendo dal riferimento al diritto alla salute previsto dall’art.32 della Costituzione, ha sottolineato il ruolo della sanità pubblica che ha lottato come ha potuto contro la pandemia e, proprio da questa esperienza, viene fuori che la sanità sarda ha bisogno di grandi interventi strutturali, di più universalità e più equità. Invece, ha proseguito l’esponente del M5S, nella riforma di tutto questo non c’è traccia perché la maggioranza ha pensato più al potere ignorando il grido di dolore di operatori sanitari e cittadini. Riferendosi al lavoro della commissione, Ciusa ha detto che tutte le audizioni hanno bocciato la riforma senza appello, e lo hanno fatto perché non ci sono assunzioni, chiudono reparti, si allungano le liste d’attesa, si privilegia il privato rispetto al pubblico, in definitiva si cambia la governance e si cambia tutto per non cambiare niente.

Maggiormente caustico il consigliere Massimo Zedda: “Buona parte del programma di Solinas era fondato sulla sanità eppure oggi il governatore non è in Aula dimostrando che vuole continuare a ‘scaricare’ sugli assessori certi provvedimenti scomodi. La Sardegna – ha detto ancora Zedda- è l’esempio unico al mondo di un sistema sanitario che cambia con una riforma durante una pandemia che ha colpito tutto il pianeta, una responsabilità enorme che dovrebbe consigliare di attendere almeno qualche mese, chiedendo eventualmente un contributo al comitato tecnico scientifico, per evitare il rischio grave di disarticolazione di alcuni presidi sul territorio, di peggiorare i tempi delle liste d’attesa, anche in vista di ritorno del virus che come la spagnola calò d’estate e riesplose d’inverno. Speriamo di avere torto”.

Una riforma che parte da premesse sbagliate per il consigliere del Pd Cesare Moriconi: “Oggi, ha sostenuto Moriconi, si ripropone un sistema nato nel ’95 che risaliva a sua volta all’81 e, nei fatti, stiamo ripartendo da lì, come se il tempo trascorso non ci avesse insegnato nulla, senza dimenticare che la pandemia ha aggravato tutto”. Affrontando i temi della riforma, il consigliere ha lamentato che l’Ares fa più o meno le stesse cose dell’Ats e delle aziende territoriali, e che rispetto alla necessità di più risorse umane, professionali e finanziarie, c’è un bilancio che queste risorse non le ha. E’ chiaro quindi, secondo l’esponente del Pd, che questo scenario ciò non migliorerà assistenza, a parte il fatto che ci vorrà chissà quanto tempo per portare la riforma a regime, un tempo lungo nel quale non sarà garantito il diritto alla salute dei sardi, ed il sistema sarà esposto a gravissimi pericoli. Fermiamoci, ha detto infine Moriconi rivolto alla maggioranza, per valutare se possiamo affrontare questi rischi; questo sarebbe un vero atto di coraggio e responsabilità.

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Il consigliere Nico Mundula, di Fdi, ha sottolineato che l’iter riforma è stato rallentato dalla pandemia e comunque per la Sardegna una riforma è necessaria per superare la visione precedente fondata sull’azienda unica. Questa riforma, ha proseguito, cambia strada per riportare la sanità sul territorio e andare contro il progressivo affollamento delle strutture centralizzate e danno dei territori. “Risparmiare si può ma non sempre e su tutto” ha affermato l’esponente di Fratelli d’Italia.

Mundula ha poi respinto l’accusa di una riforma non calata dall’alto: “Non è vero perché abbiamo sentito tutti ed abbiamo utilizzato i contributi arrivati dal basso, certo ci sarà da lavorare molto sulla rete della medicina territoriale e ospedaliera e questo sarà il vero banco di prova della riforma”. 

L’esponente del M5S Roberto Li Gioi, ha invece ironicamente ricordato le 5 leggi regionali impugnate dal Governo nazionale nel corso del 2020: “E’ facile prevedere la stessa sorte anche per la riforma sanitaria, molto penalizzante per i cittadini e per tutti gli operatori del settore, un bluff che nasconde a malapena un grande progetto di occupazione di posti di potere, al di là di ogni competenza e di ogni principio di meritocrazia, perché l’Ats come Ares e le Asl sono scatole vuote. Soffermandosi sulla situazione gallurese, Li Gioi ha detto che in quel territorio c’è uno specifico preoccupante, ignorato dalla Regione nonostante le denunce di molti primari poi messi al centro di un procedimento disciplinare solo per aver detto la verità mentre è in corso una indagine della magistratura”.

Per Giovanni Antonio Satta dei Riformatori Sardi bisogna garantire l’aertura dei servizi sanitari all’innovazione: “Bisogna puntare a una sanità sempre più digitale in grado di garantire cure da remoto”. Inoltre si deve migliorare la proposta di riforma: “Questa riforma corre il rischio di essere inquinata dalle contraddizioni del passato. E’ indispensabile avere in testa un nuovo modello assistenziale e le risorse da destinargli per questo abbiamo presentato alcuni emendamenti per disegnare un modello innovativo”.

Eugenio Lai (Leu) ha giudicato la riforma della maggioranza come un ritorno al passato: “Il modello sanitario con le vecchie ASL rappresenta il male della politica che i cittadini chiedono di cambiare. State dimostrando la vostra inadeguatezza a governare l’Isola. Se parliamo con il mondo economico e delle professioni sanitarie nessuno ritiene prioritario il ritorno a 48 posti di potere”.

Di ritorno al passato ha parlato anche Piero Comandini (Pd): “Non lo dico solo per il numero delle Asl. In tutto il mondo si discute di spesa sanitaria e della riorganizzazione del sistema alla luce delle nuove emergenze causate dalla pandemia. La regola che in sanità si doveva risparmiare non vale più. Si ragiona in modo diverso perché si è capita l’importanza della prevenzione. Per questo credo che questa sia una discussione rivolta al passato. Sembra che non sia successo nulla e invece abbiamo dovuto affrontare una sfida senza precedenti”. Comandini ha poi ricordato che “Dal 2007 la spesa sanitaria è sulle spalle della Regione, da allora le cose sono cambiate ma non sono cambiate le liste d’attesa e la qualità dell’offerta nei territori. Dobbiamo tutti lavorare sul rapporto di fiducia tra cittadini e sistema sanitario. Se questo manca o è viziato si crea un cortocircuito. Noi abbiamo operatori di eccellenza ma dobbiamo migliorare la percezione che c’è nei confronti di questa riforma, basta vedere cosa ne pensano i territori e gli operatori sanitari. Il percorso avviato dalla Giunta Pigliaru era l’unico possibile, sapevamo benissimo che nessuna riforma può dare risultati nel breve periodo. Da lì però bisogna ripartire, quella riforma si può migliorare senza per forza aumentare le strutture e i costi. Se c’era un pregio nella precedente riforma è aver impedito il commissariamento della Sanità da parte dello Stato. Una riforma così importante va scritta insieme e noi siamo disponibili a dare il nostro contributo”.

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Di segno contrario il punto di vista di Annalisa Mele (Lega): “E’ una riforma coraggiosa che riporta la sanità vicino ai cittadini. La vostra riforma non ha funzionato, è stata un disastro. Adesso definiamo la governance del sistema sanitario a cui seguirà la riorganizzazione della rete ospedaliera e dei servizi territoriali”.

Negativo il giudizio di Antonio Piu (Progressisti): “Non ci sarà nessuna differenza tra l’attuale gestione di Ats e quella di Ares. Questa riforma non risolve né i problemi generali né quelli locali. E’ una discussione rivolta al passato, lascia una serie di punti aperti. Il ritorno alle 8 Asl causerà un aumento dei costi. Ci aspettiamo di capire come si abbatteranno le liste d’attesa, come si migliorerà l’offerta ospedaliera e l’organizzazione interna ai nosocomi. A Sassari uno dei migliori reparti di cardiologia d’Italia non può fare più di 500 interventi all’anno”.

Giorgio Oppi (Udc-Cambiamo), ricordando la sua pluriennale esperienza da assessore alla Sanità, ha difeso le scelte fatte: “Magari si tornasse al passato – ha detto – a Ozieri operavano grandi specialisti, a Iglesias c’era il miglior reparto di ortopedia della Sardegna. Prima i piccoli ospedali garantivano qualità. I problemi sono iniziati nel 2006 quando Soru ha deciso di caricare la spesa sanitaria sul bilancio regionale. Poi sono arrivate le gestioni Dirindin e Moirano. Il sistema adesso ha bisogno di correzioni”. Sulle liste d’attesa e sulle scuole di specializzazione Oppi ha rivendicato le cose fatte e sottolineato le carenze delle ultime gestioni: “Nel Sulcis è sparito tutto. Bisogna capire bene le cose. E’ fondamentale oggi lavorare tutti uniti per approvare una buona legge e darle gambe”.

Il dibattito è proseguito con l’intervento della consigliera Maria Laura Orru’ del gruppo dei Progressisti che ha esortato la maggioranza a fermare il progetto di riforma sanitaria: “Mi aspettavo in una riforma del genere di vedere un modello copernicano dove il cittadino viene messo al centro, ma nulla di tutto questo è contenuto in questo testo”. Per la consigliera Orrù la riforma è gravemente autoreferenziale, poichè la maggioranza ha glissato sul coinvolgimento delle parti interessate: “Reputo non corretto affrontare una riforma sanitaria senza un’analisi costi benefici, strutturale e del personale. Inoltre, in questo testo non si parla di prevenzione e di sviluppo della politica di prossimità sanitaria. Con questa riforma si rischia di perdere un’occasione straordinaria. Dobbiamo mettere al centro il cittadino”.

foto Sardegnagol, riproduzione riservata

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