Rapporto OCSE, crescono i Neet in Italia.

Negli ultimi 20 anni la quota di giovani fra i 25 e i 34 anni con un titolo di istruzione universitaria in Italia è cresciuta di 18 punti percentuali (dal 10% nel 2000 al 28% nel 2021), ma, rispetto ai benefici economici per i laureati all’estero, nel “Bel Paese”, i ‘dottori’ italiani guadagnano meno (circa il 76% in più).

A rimarcarlo l’ultimo rapporto dell’OCSE “Education at a Glance”, che misura lo stato dell’istruzione nel mondo, analizzando i sistemi educativi dei 38 paesi membri dell’Organizzazione per la cooperazione e lo Sviluppo economico (Ocse).

L’Italia resta, inoltre, uno dei 12 paesi Ocse in cui la laurea non è ancora il titolo di studio diffuso nella fascia 25-34 (27%), rispetto alla media Ocse (48%).

Il monte ore di insegnamento dell’Italia, si legge nel report, è inferiore alla media europea (rispettivamente 945 e 1071 ore), riflettendo una minore offerta oraria nelle regioni meridionali.

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L’Italia, ancora, si posiziona agli ultimi posti per quanto riguarda la spesa per studente universitario: 12.000 dollari all’anno contro una media Ocse di oltre 17.500. Confermata anche la discrepanza rilevata nelle retribuzioni dei docenti. Le retribuzioni dei docenti nei paesi Ocse vanno in media dai 42.000 dollari del livello pre-primario a 53.500 della secondaria di II grado, mentre in Italia si collocano rispettivamente a 40.000 e 46.000 dollari.

Dal 2015 al 2021 la retribuzione media Ocse di un insegnante di scuola secondaria di I grado è aumentata del 6%, ma in Italia l’incremento registrato è stato dell’1%.

Secondo l’indagine cresce anche il numero dei Neet italiani. Dopo essere salita al 31,7% durante la pandemia nel 2020, la quota di Neet tra i 25 e 29 anni in Italia ha continuato ad aumentare fino al 34,6% nel 2021. Tale quota era diminuita tra il 2019 e il 2020 dal 28,5% al 27,4% per i giovani tra 20 e 24 anni, ma ha poi toccato il 30,1% nel 2021. La classe politica italiana sa come valorizzare la gioventù del Paese, è ormai un dato assodato. Chissà se le prossime iniziative estemporanee del Governo Draghi (e sciruamente anche del futuro Esecutivo Meloni), prima fra tutte l’alzata di ingegno della ministra Dadone con il cosiddetto Neet Working Tour, finiranno di essere riproposte una volta per tutte.

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Senza contare le solite esclusioni legate al titolo di studio. In Italia solo i medici e i laureati nelle altre professioni sanitarie riescono a trovare lavoro (89%) mentre per i cosiddetti laureati di serie B (lauree artistiche in primis) il dato tocca il 69%.

Per quanto riguarda il gender gap, lo studio evidenzia come la positiva relazione fra titolo di studio e livelli di occupazione sia particolarmente forte per le donne. Nel 2021 in Italia solo il 31% delle donne in possesso di un titolo d’istruzione inferiore al diploma di scuola superiore erano occupate (media UE, 40%) mentre fra le donne laureate il tasso di occupazione era del 70% (media UE, 83%). Per gli uomini, invece, le differenze sono assai meno marcate: si va dal 64% per chi ha un livello d’istruzione inferiore al diploma secondario (media UE, 66%) al 71% per i maschi laureati (media UE, 88%). Un’altra declinazione del gender gap compare nell’istruzione universitaria, laddove in Italia, come del resto in tutti gli altri paesi Ocse, i tempi di completamento dei percorsi di laurea sono più rapidi per le donne rispetto agli uomini.

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