Oristano, la città si confronta sul tema della sanità.

“L’obiettivo era proseguire un percorso di dialogo per aggredire il problema della sanità non più con la tecnica del muro contro muro, ma con la collaborazione e la condivisione. L’assemblea pubblica all’Hospitalis Sancti Antoni ha fatto emergere le tante criticità della sanità oristanese, quelle note a tutti da troppo tempo, ma è stata una proficua occasione di confronto, utile a predisporre una piattaforma programmatica, che darà più forza all’azione politica e istituzionale nei confronti del governo della sanità”.

Il Sindaco Massimiliano Sanna traccia un bilancio dell’assemblea pubblica che ha chiamato a raccolta all’Hospitalis Sancti Antoni tutta la città. Rappresentanti istituzionali, sindacali, degli ordini professionali, delle strutture sanitarie provate, delle associazioni e dei comitati, semplici cittadini, sono intervenuti rappresentando le tante criticità della sanità oristanese, le difficoltà della condizione attuale e le preoccupazioni per quella futura.

“Voglio instaurare un rapporto costruttivo con tutti, non di contrapposizione, un rapporto virtuoso per ottenere i migliori risultati possibili – ha detto Sanna aprendo la seduta, prima di aprire il dibattito -. Sono dalla parte dei cittadini, ma non è il Comune ad avere strumenti per risolvere i problemi della sanità: il Comune non legifera, il nostro compito è farci sentire e portare le istanze del territorio. Le mobilitazioni non mi pare abbiano portato a grandi risultati, serve di più sollecitare costantemente e vigilare sui risultati”.

Il primo intervento è stato quello di Maria Carmela Marras (Comitato per la salute): “Si è riusciti a non far chiudere pediatria ed emodinamica sta funzionando sia pure per 12 ore, 2 volte alla settimana, ma sono note le difficoltà del reparto di medicina dove siamo riusciti a perdere 3 medici (2 ematologi che si sono dimessi)”. “Chiediamo solo una cosa – ha aggiunto -. Come comitato e come cittadini vogliamo sapere chi è il nostro interlocutore visto che il Direttore generale non ci vuole incontrare. Allora il Sindaco deve essere il nostro interlocutore e darci risposte in tempi brevi”.

Da Giampaolo Lilliu (Presidente Associazione ex esposti amianto) una critica diretta alla politica: “Se dal Direttore generale della ASL abbiamo avuto risposte e impegni, dall’Assessore regionale è arrivato solo un muro di gomma. Mi chiedo quale posizione abbiano i nostri rappresentanti in giunta e in consiglio per difendere la sanità del territorio. Non servono i documenti, la situazione è nota. Serve una presa di posizione politica forte”.

Il ruolo e le difficoltà delle strutture private convenzionate sono state al centro dell’intervento di Michele Cadeddu (Amministratore del CAM Oristano): “Le strutture private accreditate sono parte integrante della sanità pubblica perché sopperiscono alle carenze del pubblico. Negli ultimi anni la situazione è peggiorata, andando a discapito del cittadino. Limitare il numero degli esenti che possiamo accettare in laboratorio è stata la conseguenza di un budget con un tetto di spesa promesso sulla base di parametri completamente disattesi. Ma se siamo costretti a contingentare le esenzioni bisogna prendersela con la sanità pubblica e non con le strutture private convenzionate”.

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“In Italia 4 milioni di persone soffrono di diabete, ma almeno un altro milione mezzo ne soffre senza saperlo – ha detto Marcello Grussu (ANIAD) -. 12 mila sono i malati in provincia che ha un’incidenza molto alta. Rispetto a 10 anni fa registriamo un aumento del 35%, ma i centri antidiabetici sono diminuiti. Dovrebbe esserci un medico diabetologo ogni 1000 pazienti, ma questo parametro non viene rispettato: abbiamo 7 diabetologi per 12 mila pazienti. Per diabetologia pediatrica il problema è solo temporaneamente risolto: a fronte di 140 piccoli pazienti c’è un diabetologo con contratto a scadenza a dicembre. Il problema è l’accesso ai centri diabetologici e la carenza di specialisti”

I sindacati confederali, che stanno preparando la grande manifestazione del 22 ottobre a Cagliari, hanno rappresentato la loro posizione con Andrea Sanna (segretario della CGIL oristanese): “CGIL, CISL e UIL hanno una piattaforma comune sulla sanità. Non può esistere contrapposizione tra sanità pubblica e privata che integra quei servizi che la sanità pubblica non riesce a garantire. Il problema è che in Italia ogni regione ha un suo sistema sanitario. Serve una riforma che parli di ospedali e territori, una rete operativa che consenta di governare i processi. Per questo il 22 ci sarà una grande manifestazione a Cagliari sulla sanità, senza colori e senza sigle. Perchè manifestare serve. Serve pungolare e stare sul pezzo per non consentire a chi deve decidere di farlo da solo. Dobbiamo scendere in piazza e contribuire a governare i processi. Il cittadino deve essere attivo e partecipare”. Sanna ha invitato a rivalutare strategicamente il ruolo degli ospedali di Ghilarza e Bosa e ha criticato il ricorso ai medici in affitto.

Il ruolo della sanità privata è stato difeso da Mario Alberto Floris (Direttore generale Casa di cura Madonna del Rimedio): “Dal 2005 la Casa di cura ha affrontato una importante svolta che ha consentito di dare un contributo di supporto alla componente pubblica. Parlo della risonanza, dell’ortopedia, della neurochirurgia, degli interventi chirurgici, della ristrutturazione di una struttura di alto profilo. Mi ferisce molto sentire parlare di speculazione selvaggia, quando invece abbiamo dato una copertura dei servizi anche con extrabudget che non è stato coperto. Il lavoro della Casa di Cura ha consentito di alleggerire il carico sulla medicina del San Martino”. Floris ha ripreso il tema del tetto di spesa per la sanità privata e ai pericoli che comporta: “Il congelamento dei tetti di spesa ha portato alla progressiva erosione del potere di investimento delle strutture private”.

Massimiliano Sanna
Massimiliano Sanna

Sulla stessa linea Nazzareno Pacifico (Direttore Sanitario Casa di cura Madonna del Rimedio): “C’è un tetto fermo dal 2011. Per la Casa di cura è 10 milioni di euro, una cifra che nel 2011 consentiva certe cose, ma è evidente che nel 2022 non le può più garantire”.

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“L’incapacità del sistema è quella della presa in carico della persona – ha proseguito -. La sanità è un terreno di scontro politico di cui i cittadini pagano il conto. Sui requisiti di qualità i privati sono messi in regola, il pubblico no. Alla Casa di Cura Madonna del Rimedio abbiamo lavorato su questo. Costa 1/25 della sanità di Oristano e fa 3500 interventi. Le strutture private sono rette da soldi pubblici, controllati dalla Regione con un mandato ben preciso. Ma il vero privato non esiste. Esiste un privato convenzionato che in Sardegna costa il 3% della sanità complessiva. In Emilia e in Toscana il 7%. Il tema è la sanità territoriale, conoscere i bisogni dei cittadini, fare la prevenzione. Invece in Sardegna abbiamo troppi ospedali rispetto al fabbisogno, l’organizzazione va ripensata. Oristano merita un DEA di primo livello, ma vanno concentrati i servizi”.

Mario Cesare Secci ha rivolto un “plauso al Sindaco che ha smosso qualcosa per parlare di sanità. Per questo incontro occorreva pretendere la presenza del direttore generale della ASL. I sindaci possono incidere sulle scelte sanitarie e sulla scelta dei direttori generali. Basta applicare le leggi”.

Maria Grazia Scanu ha portato l’esperienza dell’Associazione Le belle donne “che si occupa di donne operate al seno e di prevenzione come idea di salute e progetto di vita. Parlare di prevenzione, oggi, vista la situazione disastrosa in cui versa il territorio è problematico. La maggiore criticità è la grave carenza di personale. Chiediamo alle istituzioni del territorio di mettere in atto tutte le azioni possibili al superamento delle criticità. Chiediamo il diritto di poterci curare nel nostro territorio senza dover ricorrere ai viaggi della speranza”.

“Il proprietario del servizio sanitario non è il Sindaco, ma è il cittadino – ha detto Maria Grazia Fichicelli (Cittadinanza attiva) -. Il Sindaco però è il responsabile della salute pubblica della città e a lui chiediamo garanzie”. Poi un’autocritica: “L’ultima manifestazione a Cagliari, nel 2021, non è servita a niente, come le altre, forse perché non si è proseguito puntando i piedi. Questa volta non deve accadere. È indispensabile avere una mappa del fabbisogno e una programmazione della sanità che ha determinato la condizione attuale. Manca una visione strategica per il futuro. È ora di uscire dalla visione solo in funzione dell’ospedale, ma bisogna pensare al territorio e all’assistenza socio sanitaria. Occorre ripensare le politiche della prevenzione, quella della sanità nel territorio, la cultura collettiva della salute, difendere il servizio sanitario pubblico facendogli recuperare quei servizi che oggi non riesce ad assicurare e sono garantiti dal privato”.

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“Deve esistere una integrazione pubblico-privato, ma il privato offre solo le prestazioni che non lo fanno finire in perdita, altrimenti chiude. Per questo esiste il pubblico che deve garantire i servizi che non sono remunerativi – ha detto Luigi Curreli (segretario dell’ANAO) -. Occorre un atto di indirizzo regionale, consapevole e forte, per colmare le lacune più profonde, altrimenti la sanità vicina alla gente non ci sarà mai”.

Alessandro Solinas (Consigliere regionale Cinquestelle): “Bisogna riflettere e battere sull’allontanamento dell’influenza della politica nelle carriere dirigenziali mediche, questo deve avvenire per merito. Il problema della provincia di Oristano è anche quello della rappresentanza politica in regione”.

Il dibattito è stato chiuso da Antonio Sulis (Presidente dell’Ordine dei Medici): “Cinque anni fa l’Ordine dei medici aveva lanciato l’allarme sulla situazione che si sarebbe determinata nel tempo: sulla carenza di medici e sulle strutture ospedaliere. Il Covid poi ha accentuato i problemi. Oggi diciamo che nel prossimo futuro avremo una grande carenza di medici di base con un iperafflusso di pazienti negli ospedali e con problemi in tanti reparti. Occorre una reale integrazione pubblico-privato, per capire cosa può fare uno e cosa può fare l’altro per interagire. Ma è un fatto che quando il pubblico non funziona, non funziona neanche il privato. Le Case di comunità di cui tanto si parla non servono a niente. Bisogna potenziare il territorio dando possibilità ai medici di famiglia di avere supporto anche infermieristico per dare l’assistenza che serve al cittadino”.