Isola di Lesbo.Tutti pazzi per l’intolleranza

Migranti e intolleranza. La storia si ripete! La ‘non nuova’ politica turca, incentrata sull’utilizzo dei profughi come bancomat nella contrattazione con l’Unione Europea, sta producendo nuovi allarmanti casi di intolleranza o, meglio, di rinnovata ‘guerra tra poveri’.

Negli ultimi giorni, nell’Isola di Lesbo, in Grecia, i militanti di Alba Dorata, partito di estrema destra greco, hanno attaccato i profughi siriani, ammassati a migliaia, e il personale delle organizzazioni umanitarie, creando un vero e proprio ‘blocco patriottico’, come definito dai suoi stessi sostenitori. Violenze capaci di attirare nell’Isola di Lesbo anche i rappresentanti dei vari movimenti di estrema destra europei, come i militanti di “Generazione identitaria”.

Questa mattina, data l’escalation di violenza, l’Unione Europea ha inviato nell’Isola di Lesbo i primi uomini delle squadre di ‘risposta rapida’ di Frontex, l’agenzia europea per i confini. Lo stesso arcivescovo di Atene, Sevastianos Rossolatos,  è stato tra i primi a denunciare le violenze e chiedere aiuto all’Europa, dichiarando che: “la pressione di questa massa di povera gente è enorme”. Ma anche qui, come sta avvenendo per il contrasto dell’emergenza coronavirus in Europa, la risposta dell’Unione Europea sembra debole.  

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Un’emergenza sfortunata due volte, quella dei profughi siriani, perchè si consuma in un periodo dove l’Europa deve fare i conti con l’urgenza sanitaria e nella quale l’opinione pubblica (e soprattutto la politica) dedica, distrattamente, la sua attenzione alle limitazioni della mobilità e alla sospensione delle attività produttive. Restrizioni che stanno portando i cittadini europei a vivere all’interno di una condizione patetica e imbarazzante, visto il proliferare di una rinnovata umanità e di rispetto verso il prossimo. Hastag, cantanti improbabili sui balconi, flashmob, proclami acchiappa like sui social… a meno di 1000 km dall’Italia si consuma, invece, l’ennesima tragedia umanitaria in Europa. 

Un nuovo dramma si potrebbe pensare, ma di nuovo c’è ben poco. E’ la ciclica ‘lotta tra poveri’; impossibile interromperla. Interessi economici, equilibri internazionali da rispettare e fallimenti politici altrettanto evidenti, che non possono che ricordarci che l’intolleranza è un atteggiamento irrinunciabile, a garanzia di un concetto di mobilità stereotipato, dove solo chi lavora ed è facoltoso ha diritto alla ricerca di condizioni di vita migliori. Una visione dove chi scappa da una guerra non ha diritto di fuggire per trovare accoglienza e sicurezza. Un immaginario collettivo dove la regola è la stigmatizzazione del migrante come minaccia, come abuso, come specie alloctona diretta verso le nostre vergini patrie per occupare il nostro spazio, intasare i nostri sistemi sociali al collasso, prendere il nostro posto…

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Insomma un copione già letto e che può colpire chiunque, senza distinzione di orientamento politico, come rappresentato anche da uno dei casi più controversi (e più dimenticati) della storia italiana, il ‘treno della Vergogna’, che, il 16 febbraio 1947, vide tristemente protagonisti i sostenitori del partito Comunista, che ‘accolsero’ gli esuli istriani con minacce, insulti e rovesciando cibo e alimenti destinati ai bambini, in grave stato di disidratazione, sui binari della stazione dei treni di Bologna.

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