Depressione per il 6% degli adulti, sale nei più vulnerabili.

Dai dati delle sorveglianze PASSI e PASSI d’Argento coordinate dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e raccolti nel biennio 2021-2022, emerge che circa il 6% della popolazione adulta riferisce sintomi depressivi che però sono più frequenti all’aumentare dell’età e tra chi vive in condizioni socio-economiche svantaggiate. Tra gli anziani la stima è del 9% ma arriva al 30% tra quelli con difficoltà economiche.

Le sorveglianze definiscono le persone con sintomi di depressione coloro che nelle due settimane precedenti l’intervista hanno sperimentato sintomi di umore depresso e/o di anedonia (perdita di interesse nelle attività della vita di tutti i giorni) in modo duraturo.

In entrambe le popolazioni, avere sintomi depressivi è maggiormente frequente tra i gruppi più vulnerabili per condizioni di salute e tra chi riporta uno svantaggio socio-economico. Tra gli adulti, i sintomi depressivi arrivano all’8% fra le donne, all’11% tra le persone che hanno un basso livello di istruzione, al 17% tra chi riporta difficoltà economiche e al 9% tra chi vive una condizione precaria in ambito lavorativo. Tra le persone affette da patologia cronica la stima raggiunge il 12%.

Tra gli over 65enni i sintomi depressivi raggiungono il 14% dopo gli 85 anni e il 19% tra chi riferisce due o più patologie croniche.

Una discreta quota di persone con sintomi depressivi non chiede aiuto: 28% tra gli adulti e 38% tra gli anziani, e chi lo fa si rivolge soprattutto ai propri familiari o amici.

Nel 2020-2021, quando ancora c’era un’ampia circolazione del virus, circa due terzi delle persone (60% degli adulti e 67% degli anziani) riferivano di sentirsi preoccupati per la pandemia, e circa un terzo di pensare in modo doloroso a questa esperienza. In entrambi in gruppi, la percentuale è fortemente diminuita nel 2022 senza però azzerarsi, nonostante la vaccinazione anti COVID-19 abbia fortemente ridotto la gravità della malattia, confermando come gli effetti di questa esperienza sul benessere mentale possano durare ancora a lungo.

La salute mentale rimane una componente fondamentale per la salute delle persone e per realizzarsi pienamente come persona e poter contribuire alla vita della comunità. La salute percepita risulta infatti fortemente associata alla presenza di sintomi depressivi: fra le persone anziane con sintomi depressivi il 40% riferisce la propria salute vada male o molto male, contro il 5% di chi non li ha. Nella popolazione adulta, che mediamente riferisce un miglior stato di salute, la differenza rimane ugualmente molto significativa: chi ha sintomi depressivi riferisce nel 24% dei casi un cattivo stato di salute, mentre questa percentuale si riduce a circa il 2% fra chi non li ha.

Determinanti di salute, come il livello di istruzione e la condizione socioeconomica, sono dei fattori di rischio riconosciuti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e che trovano conferma anche nei dati di PASSI e PASSI d’Argento. È essenziale intervenire con misure preventive e interventi tempestivi nei gruppi più vulnerabili al fine di migliorare il benessere mentale della popolazione. Queste azioni non riguardano solo il campo sanitario ma richiedono un approccio integrato che coinvolge le politiche del lavoro, dell’istruzione, del welfare e della giustizia, insieme a tutte le sfere delle politiche sociali in generale.

Investire in interventi sulla salute mentale è fondamentale per contribuire sviluppo umano, personale e collettivo. La nostra costituzione difende il diritto alla salute, e la salute mentale non può rimanerne esclusa.

LEGGI ANCHE:  Mortalità materna: -24,5% tra il 2011 e il 2019.

foto Iss