Covid-19. L’indagine sulla popolazione italiana.

Arrivano i primi risultati, elaborati dall’Istituto Superiore di Sanità, sulla percezione del rischio e sui comportamenti degli italiani nello scenario pandemico.

Secondo i dati dell’indagine, una persona su tre ha dichiarato di aver visto peggiorare la propria condizione economica, mentre il 67% della popolazione adulta ha confermato la propria disponibilità a vaccinarsi. Le persone più istruite sono maggiormente disposte a vaccinarsi (71% fra le persone con diploma di scuola superiore o laurea e 56% fra chi ha conseguito al più la licenzia media); qualche differenza si osserva per risorse finanziarie (69% fra chi non ha difficoltà economiche, il 63% di chi ne ha) e per genere (gli uomini sono più propensi delle donne a vaccinarsi, 74% vs 60%).

L’età non disegna un vero gradiente ma mostra che i più giovani, 18-34enni, sarebbero ben disposti a vaccinarsi più di altri (76%) rispetto ai 50-69enni (67%) e ai 35-49enni (59%). Fra gli ultra 65enni la disponibilità a vaccinarsi è decisamente più alta che nel resto della popolazione: l’84% dichiara che sarebbe disposto a farlo (il 57% certamente, il 28% probabilmente) e non sembrano esserci sostanziali differenze nei sottogruppi della popolazione, si conferma che sarebbero gli uomini più delle donne (il 90% contro il 79%) disponibili a farlo.

Ancora il 44% degli intervistati ha dichiarato di aver rinunciato nei 12 mesi precedenti ad almeno una visita medica (o esame diagnostico). In particolare il 28% ha dovuto rinunciarvi per sospensione del servizio mentre il 16% lo ha fatto volontariamente per timore del contagio. La scelta di rinunciare volontariamente alla visita medica o all’esame diagnostico per timore del contagio, secondo l’indagine, è più frequente fra le donne (19% vs 13% fra gli uomini) e fra le persone con un livello di istruzione maggiore.

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La quasi totalità degli intervistati, inoltre, ha riferito di aver indossato “sempre” la mascherina nel caso di uso dei trasporti pubblici e nei locali pubblici. Senza distinzione di età, genere o condizioni sociali, la stragrande maggioranza dei residenti in Italia indossa le mascherine in queste circostanze. Anche l’uso della mascherina all’aperto è risultato elevato: riferiscono di indossare spesso/sempre la mascherina all’aperto il 74% dei 18-69enni e l’84% degli ultra 65enni. Non si intravedono differenze per classi sociali, si intravede invece una differenza di genere con le donne più propense degli uomini all’uso della mascherina (78% vs 69% fra gli adulti; 86% vs 81% fra gli anziani). Anche i più giovani di 18-34 anni riferiscono un uso della mascherina all’aperto non troppo diverso da quello del resto degli adulti.

Dati poco confortanti, invece, sul fronte dell’impatto sulle condizioni economiche e lavorative degli italiani. Il 32% della popolazione tra i 18 e i 69 anni ha dichiarato che le proprie risorse economiche sono peggiorate a causa dell’impatto della crisi legata al Covid. Tra i più giovani, ma soprattutto nelle età centrali, 35-49 anni (presumibilmente più rappresentative di famiglie con figli piccoli), la quota di chi riferisce un peggioramento sale al 36%, mentre è del 28% fra i 50-69enni. Un lavoratore su tre, inoltre, ha subito perdite economiche: mantenendo lo stesso lavoro ma con una ridotta retribuzione (28%) o perdendolo del tutto (il 4%). Durante il lockdown nazionale (marzo-aprile 2020), il 37% degli intervistati ha continuato a lavorare nella sede abituale, mentre il 33% ha lavorato in modalità smart working e, in particolare, il 18% in modo esclusivo; il 29% ha invece smesso di lavorare.

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“I risultati di questa survey – dice Silvio Brusaferro, presidente dell’ISS – mostrano un atteggiamento di responsabilità degli italiani che, nonostante i sacrifici, hanno sostanzialmente rispettato le misure con costanza ma anche con una prospettiva di fiducia nella scienza. I dati inoltre hanno un valore fondamentale poiché orientano sui bisogni di continuità socioassistenziale. In questi mesi di emergenza sanitaria, infatti, è necessario alzare il livello di attenzione sui bisogni legati alle conseguenze della “fatica pandemica” e questi dati sono importanti indicazioni soprattutto per la tutela dei più fragili”.

Un report realizzato attraverso le risposte a 17 nuove domande che affiancano e integrano le sezioni standard dei questionari PASSI e PASSI d’Argento e si propongono di indagare alcuni aspetti peculiari che descrivono la percezione del rischio e i comportamenti della popolazione nello scenario pandemico, ma anche di valutare l’impatto diretto della pandemia, su breve, medio e lungo periodo, sullo stato di salute e sui suoi maggiori determinanti sociali. Questi dati, via via che il campione di interviste cresce, saranno aggiornati per tutto il 2021.

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“Questi dati, raccolti dai Dipartimenti di Prevenzione nell’ambito delle sorveglianze PASSI e PASSI d’Argento, attraverso un modulo dedicato al tema Covid-19 introdotto nello scorso agosto ad integrazione dei questionari standard – dice Angela Spinelli, direttrice del Centro Nazionale per la Prevenzione delle malattie e la Promozione della Salute dell’ISS – sono preziosi e di grande supporto alle decisioni collaterali la pandemia. I Dipartimenti di Prevenzione rappresentano il vero punto di forza di questi sistemi di sorveglianza, ne costituiscono il motore, sono la garanzia di un’alta adesione dei cittadini all’indagine e assicurano la qualità dei dati raccolti e la robustezza del campione. Anche in questo periodo di straordinaria emergenza sanitaria in cui tutte le risorse disponibili dei Dipartimenti di Prevenzione vengono convogliate sulle attività di gestione dell’epidemia di Covid-19, non dobbiamo dimenticare gli altri aspetti della salute ed è necessario rafforzare e supportare queste strutture affinché il patrimonio informativo di tali sorveglianze non si disperda e continui invece ad orientare le politiche e gli interventi di prevenzione e a monitorarne l’efficacia nel tempo”.