Biomarcatori contro il carcinoma prostatico. Una nuova sinergia nell’Isola.

L’Azienda ospedaliero universitaria di Sassari, insieme all’Ateneo turritano, Lilt Sassari e Fondazione di Sardegna scende in campo per contrastare il tumore prostatico, attraverso lo studio di nuovi biomarcatori in grado di individuare le lesioni tumorali. Ricerca articolatasi su due studi: il primo, pubblicato su Biomolecules, ha permesso di differenziare tre classi di pazienti attraverso la quantificazione dei livelli plasmatici del biomarcatore in esame indicando, inoltre, nell’Agmatina un interessante biomarcatore che sarebbe capace di segnalare la proliferazione cellulare: il secondo studio, invece, mette in luce l’azione di alcuni miRNA, piccole molecole di RNA non codificante che hanno ruoli chiave nella regolazione di numerosi processi, tali da connotarli quali strumenti molecolari interessanti per la gestione clinica dei pazienti a rischio.

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“La sfida oggi – afferma il coordinatore del progetto di ricerca Ciriaco Carru – è avere una diagnosi precoce, trattamenti targettizzati, opzioni terapeutiche innovative, oltre alla possibilità di prevedere in anticipo quali pazienti beneficeranno maggiormente o esclusivamente di un adeguato trattamento”.

“Ecco perché – aggiunge Massimo Madonia, direttore dell’unità di Urologia dell’Aou  –  è sempre più crescente l’esigenza di identificare nuovi biomarcatori, evitando di esporre i pazienti a indagini strumentali invasive o a terapie generalmente gravose in termini di tossicità e costi”.

Il tumore alla prostata, ricordano dall’Aou Sassari, è in aumento nel Paese con circa 564mila casi e 36mila nuove diagnosi ogni anno. Di queste ultime almeno 1000 sono quelle che vengono fatte in Sardegna. Numeri elevati che, ad oggi, rendono il carcinoma della prostata il più diffuso tra gli uomini italiani ed è divenuto, nell’ultimo decennio, il tumore più frequente nella popolazione maschile dei Paesi occidentali.

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