Europa

Von der Leyen e Meloni rilanciano la cooperazione Europa-Africa: 1,2 miliardi in investimenti, ma restano dubbi su trasparenza e diritti.

Nuovo capitolo per la cooperazione euro-africana, ma anche nuove domande sul reale impatto degli investimenti nei Paesi partner. Nella cornice di Roma, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, la premier italiana Giorgia Meloni hanno celebrato l’ennesimo vertice dedicato al partenariato tra Europa e Africa, con al centro l’annuncio di oltre 1,2 miliardi di euro in nuovi accordi per lo sviluppo del continente.

La dichiarazione congiunta rilancia l’impegno nel quadro del Global Gateway e del Piano Mattei, con investimenti mirati in infrastrutture, energia rinnovabile, agricoltura, connettività digitale e formazione. “Una partnership fondata su rispetto reciproco e prosperità condivisa”, ha detto von der Leyen. Tuttavia, mentre si moltiplicano i miliardi per i finanziamenti negli Stati terzi, restano aperti interrogativi cruciali su trasparenza, monitoraggio e rispetto dei diritti umani nei Paesi beneficiari.

Tra le iniziative presentate, spicca il Corridoio di Lobito, una linea ferroviaria che collegherà Angola, RDC e Zambia. Il progetto, sostenuto con quasi 1 miliardo di euro da parte dell’UE, include anche investimenti in catene agroalimentari, logistica e turismo, oltre che programmi di formazione professionale.

Altro pilastro dell’accordo, l’agricoltura: firmata una garanzia UE da 110 milioni di euro per facilitare investimenti in produzione alimentare sostenibile. Sottolineata anche la spinta alla transizione digitale, con il potenziamento del cavo sottomarino Blue Raman, per connettere l’Africa orientale a Europa e India, e nuove iniziative su intelligenza artificiale e formazione di giovani africani nel settore tech. Non si riesce a formare i talenti europei e ora si prova con quelli africani. Valle a capire le strategie di sviluppo Ue!

Nonostante l’enfasi sui benefici economici, numerose ONG e osservatori internazionali evidenziano i rischi di continuare a finanziare governi che non garantiscono standard minimi di accountability. In diversi Paesi destinatari dei fondi, i sistemi di monitoraggio dell’impiego delle risorse sono carenti, i dati sono opachi e spesso mancano reali meccanismi di controllo sull’effettiva destinazione degli investimenti.

A questo si aggiunge l’assenza di garanzie sul rispetto dei diritti umani, in particolare nei settori connessi a grandi opere infrastrutturali o allo sfruttamento delle risorse naturali. In alcuni casi, progetti sostenuti anche da fondi europei sono stati associati a espropri forzati, violazioni ambientali e sfruttamento del lavoro, con scarso coinvolgimento delle comunità locali.

Von der Leyen, però, ha rivendicato nell’occasione il calo del 38% degli ingressi irregolari verso l’Europa nel 2023, legandolo alle nuove forme di cooperazione migratoria con i Paesi africani, che includono programmi di formazione e contrasto ai trafficanti. Ma anche in questo caso, gli accordi con regimi autoritari o instabili sollevano dubbi etici e legali, soprattutto sulla gestione dei diritti dei migranti e delle persone in transito.

I prossimi vertici – il Global Gateway Forum a Bruxelles in ottobre e il summit Europa-Africa a Luanda a novembre – saranno momenti decisivi per verificare quanto la narrativa di “prosperità condivisa” sia sostenuta da trasparenza e inclusione reale. Senza meccanismi stringenti di verifica, c’è il rischio che i miliardi promessi restino strumenti di soft power europeo più che leve di vero cambiamento per i cittadini africani.

In definitiva, se da un lato il rilancio del partenariato euro-africano rappresenta un’opportunità strategica e geopolitica per entrambe le sponde, senza un cambio di passo su governance, trasparenza e diritti, il rischio è quello di ripetere errori del passato, alimentando corruzione, disuguaglianze e sfiducia.

foto https://ec.europa.eu/commission/