Viaggi nei Paesi d’origine da parte di richiedenti asilo: è credibile il sistema europeo?
Il fenomeno dei viaggi di ritorno nei Paesi d’origine da parte di beneficiari di protezione internazionale continua a suscitare interrogativi sulla credibilità del sistema di asilo europeo. Secondo indagini ufficiali e fonti mediatiche, alcuni rifugiati si recano temporaneamente nei loro Paesi, nonostante abbiano ottenuto protezione nell’UE. Viaggi organizzati via Paesi terzi e l’uso di visti a doppia entrata permetterebbero di aggirare i controlli, evitando che la destinazione finale appaia nei documenti ufficiali.
Questa pratica appare in contrasto con il principio stesso della protezione internazionale, concessa a chi rischia persecuzioni o pericoli nel proprio Paese. Se alcuni rifugiati tornano volontariamente nelle nazioni da cui hanno chiesto asilo, si pone il dubbio sulla reale necessità della loro protezione.
A nome della Commissione, il Commissario Brunner ha riconosciuto che alcuni Stati membri hanno segnalato movimenti di beneficiari di protezione internazionale che tornano nei loro Paesi d’origine per poi rientrare nell’UE.
Pur monitorando la situazione, Bruxelles ha precisato che i rifugiati in possesso di permessi di soggiorno o documenti di viaggio speciali non necessitano di visti Schengen per attraversare le frontiere esterne dell’UE. Per quanto riguarda i visti concessi da Paesi terzi ai rifugiati con documenti rilasciati dagli Stati membri dell’UE, la Commissione ha sottolineato che la modalità di rilascio e di apposizione sui documenti dipende dalle legislazioni e dalle pratiche di ogni Paese terzo.
La questione rischia di riaccendere il dibattito sulla gestione delle politiche migratorie nell’UE e sulle possibili falle nei controlli. Se confermato, questo fenomeno potrebbe avere ripercussioni sulle future politiche di asilo, alimentando la richiesta di regole più stringenti per garantire che la protezione venga concessa solo a chi ne ha realmente bisogno.
foto European Parliament 2021