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UE: “Sulle atlete transgender decidano le federazioni nazionali”.

La Commissione Europea non introdurrà per ora linee guida comuni sulla partecipazione delle atlete transgender alle competizioni femminili, confermando il principio dell’autonomia sportiva delle federazioni internazionali e nazionali. Lo ha chiarito in una risposta scritta del 3 giugno 2025 il commissario Micallef, rispondendo a un’interrogazione dell’eurodeputato Marcin Sypniewski (ESN), che aveva chiesto un intervento europeo in linea con le politiche restrittive adottate negli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump.

La questione, che negli ultimi anni ha acceso il dibattito globale tra istanze di inclusione e tutela dell’equità sportiva, non trova al momento una posizione normativa univoca a livello europeo. Ma la Commissione sottolinea il proprio fermo impegno per l’inclusione e l’uguaglianza, anche attraverso la strategia LGBTIQ 2020–2025, che sarà rinnovata oltre il 2025 secondo quanto annunciato nel programma di lavoro dell’esecutivo: “Sulla base del principio fondamentale di autonomia dello sport – si legge nella risposta della Commissione von der Leyen – spetta a ciascuna disciplina e ai rispettivi organismi di governo stabilire i criteri per la partecipazione degli atleti transgender”.

La Commissione richiama nel suo testo il Quadro del Comitato Olimpico Internazionale su equità, inclusione e non discriminazione basata su identità di genere e variazioni sessuali, che propone 10 principi guida per aiutare le federazioni a regolamentare in modo autonomo e coerente la questione.

Nessun obbligo, dunque, per le organizzazioni sportive che ricevono fondi europei, ma valori chiari da rispettare. Tra le priorità orizzontali del programma Erasmus+, infatti, figura l’inclusione (peccato però rilevare la crescente inaccessibilità e l’incontrovertibile pregiudizio nelle valutazioni delle proposte da parte delle varie agenzie nazionali), con strategie dedicate a garantire pari accesso e a combattere discriminazioni, razzismo e intolleranza anche nel settore sportivo.

Rispondendo sempre all’eurodeputato Sypniewski – che chiedeva se Bruxelles intendesse seguire l’esempio di Washington nel “proteggere i diritti delle donne nello sport” – la Commissione ha escluso un’azione di questo tipo, ribadendo l’approccio europeo centrato sull’equilibrio tra equità sportiva, autodeterminazione e non discriminazione.

La questione della partecipazione delle persone transgender alle competizioni sportive resta dunque nelle mani delle federazioni, ma il contesto europeo spinge sempre più verso una riflessione plurale e bilanciata, che tenga conto tanto delle esigenze di equità quanto del diritto all’inclusione.

foto Monica Helms da pixabay.com